Passioni: uomini e storie dietro le grandi canzoni napoletane raccontate da Maurizio De Giovanni

Passioni: uomini e storie dietro le grandi canzoni napoletane raccontate da Maurizio De Giovanni

Cultura

Nella serata di domenica 22 ottobre, lo scrittore, sceneggiatore e drammaturgo napoletano Maurizio De Giovanni, ha coinvolto il pubblico del Teatro Comunale “Vittorio Emmanuele” di Benevento, in un percorso di riscoperta di storie e di uomini che hanno scritto versi che, musicati, sono diventati grandi capolavori della musica napoletana.

Dopo i saluti del Sindaco Clemente Mastella che ha ricordato la recente ristrutturazione del teatro e l’amicizia con Maurizio De Giovanni, cui è stata riconosciuta la cittadinanza beneventana e venuto ad esibirsi senza compenso, alla presenza sul palco anche di Renato Giordano, direttore artistico di “Città Spettacolo”, sono seguiti i saluti di De Giovanni che ha rivelato che si sarebbe parlato di poesia e più precisamente di quella che sta dietro ogni grande canzone napoletana e di storie che hanno ispirato ogni poesia, chiedendo al pubblico di lascirsi trasportare dalla musica e dalle parole.

Lo spettacolo si chiama “Passioni” dal titolo di una grande canzone napoletana scritta da Libero Bovio che, dopo il racconto di un suo amico abbandonato dalla moglie e ancora in appassionata ricerca di lei, traduce in poesia e musica non quel sentimento, o emozione, ma un’intera storia.

Il racconto musicale si apre con la canzone del 1963 “Indifferentemente”, brano che partecipò al Festival di Napoli con poche chances di successo, ma che, posizionatosi al secondo posto, divenne poi famosa in tutto il mondo. Una canzone che parla della fine della storia d’amore di una coppia che, tenendosi per mano guardano la luna come ultima scena di un amore giunto alla fine.

Ultimo decennio dell’800, dietro una canzone la storia di Vincenzino, uno dei cinque figli di un povero calzolaio che abitava in un vicoletto nella zona del Lavinaio, ragazzo che amava Enrichetta, figlia di un orefice e dunque di altra classe sociale, donna che egli poteva solo vedere quando andava a dormire attraverso la finestra.

Povero e ammalato, alla morte del padre, faceva il guantaio e, arrotondava le entrate facendo anche “l’assistito”, persona che secondo la superstizione popolare, parlava con le anime del purgatorio. Egli in realtà non parlava con tali anime, ma inventava storie e sogni per pochi soldi. Impara a scrivere e compone una poesia per Enrichetta, poesia che per caso capita nelle mani di Eduardo Di Capua, celebre compositore di musica napoletana che decide di musicare la poesia che diventerà : “I’ te vurria vasà”

Sarà Di Capua a dare qualche soldo a Vincenzino e a fargli conoscere grandi musicisti del tempo, ma Vincenzino si aggrava e, quando vede che nella palazzina di fronte alla sua si prepara un matrimonio, scrive un ultimo testo che dà al cognato per Di Capua. Quest’ultimo però porta lo scritto ad Enrichetta che confessa il suo amore per Vincenzino e dice che il matrimonio è della sorella. Vincenzino però, a 26 anni, è morto e alla domanda del medico al cognato su cosa scrivere sul certificato di morte come mestiere, il cognato dice : non guantaio, ma poeta.

Il grande Vincenzo Russo, dice De Giovanni è oggi un poeta dimenticato.

Segue l’interpretazione della canzone da parte della cantante Marianita Carfora e del resto del gruppo composto da Marco Zurzolo al sassofono, Marco De Tilla, Carlo Fimiani.

De Giovanni ricorda poi il grande Libero Bovio, poeta del popolo ed una delle storie che musicò, come quella di un ragazzo che difese una prostituta arrestata di nome Regina, da cui la canzone “Reginella”. L’amore è una malattia mortale, dice De Giovanni, rende felici, ma può uccidere.

Bovio scrive anche le parole di “Silenzio cantatore”, subito eseguita dal gruppo musicale, brano nato da un incontro di Bovio con il musicista Gaetano Lama e dalla domanda che questi fa all’amico: “Ma tu lo senti questo silenzio?”

De Giovanni ricorda poi il grande Salvatore Di Giacomo che, seduto un giorno davanti al Caffè Gambrinus insieme all’amico Enrico De Leva, sente suonare un brano da loro scritto poco tempo prima riprendendolo da un pezzo popolare di Pomigliano :  “ ‘E spingule francese”, musica che Guglielmo II imperatore, in visita a Napoli, aveva richiesto espressamente. Come dimenticare poi il brano di Di Giacomo : “ ‘E ccerase” nato dal richiamo gioioso e malinconico di un venditore di ciliegie.

De Giovanni racconta poi la storia di Elisa, giovane donna innamorata di Di Giacomo, ma che lui cerca di allontanare perché troppo giovane scrivendo: “Palomma ‘e notte”. Canzone subito eseguito magistralmente da Marianita Carfora e dai suoi musicisti.

Si racconta poi la storia di Edoardo, giovane innamorato di una donna che sposa un uomo ricco, ma che lui continua ad amare andando tutte le notti sotto la casa di lei finchè, una notte, vedendo una mano che dietro la finestra saluta, corre al Gambrinus e scrive : “ Voce e notte”.

Segue poi la storia del poeta Rocco Galdieri che, malato di asma, era costretto solo ad osservare gli altri, cosa che però gli fece scrivere la canzone “Rundinella”, eseguita poi in modo eccellente dal gruppo musicale. C’è poi la storia di un padre che non riesce ad accettare che la figlia si sposi e lo abbandoni, è Nino Taranto che dopo “Lusingame”, non scrisse più niente dopo aver sentito “I’ te vurria vasa”, brano che vede l’exploit del sassofono di Marco Zurzolo.

De Giovanni racconta poi la storia di Gilda Mignonette, che crede di vedere le luci di Napoli dalla nave e, prima di morire, canta per l’ultima volta : “ A cartulina ‘e Napule”, fino al ricordo di un amore struggente e amaro del brano “Caminito”, composto da Gabino Coria Peñaloza (autore del testo) e Juan de Dios Filiberto (autore della melodia) e ambientato nel quartiere La Boca di Buenos Aires.

Storie di uomini e donne dunque che, attraverso la poesia, strumento di indagine interiore che consente di conoscere se stessi ed affrontare la durezza del mondo reale e della vita, lasciano una testimonianza forte di se stessi e del loro cammino terreno, un’attestazione di energia interiore che, animata dalla musica diventa capolavoro.

Grazie a De Giovanni ed ai musicisti che lo hanno accompagnato per averci consentito di scoprire questa verità spesso sottovalutata.