
Pacelli (IV): “Il nuovo Piano per le Aree Interne tradisce la visione originaria: centralismo, retorica e zero impatto sui territori”
PoliticaRiceviamo e pubblichiamo la nota stampa di Lorena Pacelli, Vice Presidente Italia Viva – Provincia di Benevento.
“Il Piano Strategico Nazionale delle Aree Interne 2025 (PSNAI), appena licenziato dal Governo, si presenta come un documento ambizioso ma, a uno sguardo attento, mostra tutte le debolezze di un impianto retorico che ha perso completamente il legame con la visione originaria tracciata da Fabrizio Barca e da una generazione di economisti, attivisti e amministratori locali che avevano creduto in una nuova stagione di politica territoriale.
Invece di emanciparsi dalla marginalità, le Aree Interne si ritrovano ingabbiate in un piano rigido, verticistico e privo di anima.
La SNAI nacque con un’ambizione chiara: capovolgere il paradigma delle politiche “dall’alto” e restituire centralità ai territori, costruendo soluzioni place-based attraverso coalizioni locali. Il PSNAI 2025, al contrario, si affida a una Cabina di regia centralizzata e a un piano scritto nei palazzi romani, che pretende di “armonizzare” fondi e competenze nazionali, europee e regionali… ma senza cedere un grammo di autonomia ai territori. Un’impostazione che ignora volutamente il principio di sussidiarietà e governance multilivello, così caro alla Commissione europea e all’architettura della stessa Strategia SNAI 2014–2020.
Il Governo sbandiera la consultazione pubblica su ParteciPA come un successo, ma basta leggere i documenti per capire che:
- non sappiamo chi ha partecipato (Comuni, cittadini, enti privati?);
- non si dice come i contributi abbiano modificato le scelte;
- manca qualsiasi accountability, ossia la completa assenza di un report valutativo con indicatori di trasparenza e impatto.
Senza un bilancio partecipativo o una piattaforma deliberativa vera, l’intera operazione appare come una vetrina propagandistica più che un reale strumento di co-progettazione.
Il Piano continua a basarsi su una giungla di fondi frammentati: PNRR, FSC, PAC, FSE+, PON, FdR, Erasmus+, ecc. Nessun tentativo di costruire un Fondo Unico per le Aree Interne, né di creare una regia finanziaria che consenta ai Comuni di spendere con maggiore efficacia e rapidità. Anzi, si introduce un ulteriore vincolo: l’anticipazione dei fondi sarà condizionata all’inserimento dei dati nel sistema di monitoraggio, come se il problema fosse il data entry e non la carenza cronica di tecnici e progettisti nei piccoli Comuni a cui si scaricano tutte le responsabilità.
Il PSNAI ribadisce i settori prioritari (sanità, scuola, trasporti), ma senza introdurre nessuna leva strutturale:
- nessun nuovo contratto per i docenti e i medici delle aree disagiate;
- nessun sistema di fiscalità di vantaggio per attrarre giovani famiglie;
- nessun investimento serio su autonomia scolastica o medicina territoriale.
Il risultato? Un catalogo di buone intenzioni trite e ritrite, che ricicla proposte già viste nel PNRR, senza personalizzarle per le aree rurali, collinari e montane.
La grande assente resta l’economia locale. Il diritto a restare, che era il cuore del disegno originario, viene ridotto a una dichiarazione d’intenti. Si parla genericamente di “capitale umano”, ma il Piano non affronta mai in modo serio:
- la connessione tra le Aree Interne e i distretti produttivi;
- il ruolo delle PMI, start-up innovative, transizione digitale e green nelle aree rurali;
- l’attrazione di investimenti privati o strumenti di fiscalità di vantaggio intelligente.
Anche la transizione ecologica e digitale, citata in ogni pagina, è solo un mantra: mancano target, cronoprogrammi, piani industriali territorializzati. Si parla di “posti di lavoro verdi” senza spiegare dove, come, quando.
Ma se c’è un punto in cui il Piano tradisce clamorosamente le aspettative — e le dichiarazioni di principio del Governo — è lo sviluppo locale legato al turismo, alla cultura e al made in Italy. In un contesto in cui le Aree Interne rappresentano un patrimonio unico per paesaggio, enogastronomia, artigianato e borghi storici, il PSNAI si limita a evocare il “valore delle risorse locali” senza mai tradurlo in un disegno industriale o una politica attiva del lavoro.
Il “made in Italy” tanto sbandierato dalla maggioranza viene ridotto a uno slogan:
- nessuna azione concreta per mettere in rete le filiere turistiche locali;
- nessuna visione sull’intermodalità per i visitatori (treni turistici, ciclovie integrate, reti slow);
- nessuna proposta di marketing territoriale nazionale che valorizzi i territori fragili;
- nessuna strategia digitale per la promozione internazionale dei borghi o dei distretti culturali.
Inoltre, le imprese locali — agriturismi, artigiani, produttori di qualità — non trovano alcun riferimento strutturato a strumenti di accompagnamento, finanza agevolata, digitalizzazione o formazione manageriale. È come se l’economia turistica fosse lasciata al caso, o a iniziative locali scollegate e episodiche.
Manca un ecosistema turistico nazionale per le Aree Interne, coordinato con ENIT, Regioni e Camere di Commercio. Manca l’idea che queste zone possano diventare poli della bellezza produttiva, oltre che spazi da “assistere” o “riqualificare”. L’approccio è ancora una volta difensivo, paternalista, incapace di leggere la domanda globale e di rilanciare le Aree Interne come asset strategici del Paese.
In questo quadro, le amministrazioni locali sono lasciate ancora una volta in balia delle onde, sempre più fragili e abbandonate. L’assistenza tecnica resta inchiodata al 5% delle risorse. Le misure per rafforzare la PA locale sono vaghe. Nessuna menzione, ad esempio, di una Scuola Nazionale di Progettazione Territoriale, né di incentivi strutturali per trattenere tecnici competenti nelle aree fragili.
Il messaggio che passa è chiaro: Roma decide, i territori eseguono.
Questo PSNAI, formalmente curato (anche se, per come è impostato, pare fatto da ChatGPT) e retoricamente brillante, è un’occasione persa. Non rinnova la visione strategica, non risolve i nodi strutturali, non costruisce un modello nuovo di sviluppo.
Il risultato è un Piano che tradisce la filosofia iniziale di Barca e dei primi promotori della SNAI, che pensavano le aree interne come laboratori di innovazione istituzionale, sociale, produttiva. Oggi, le Aree Interne rischiano di diventare solo l’ennesimo “ambito target” per spese poco incisive.
“Bisogna sempre domandarsi, quando parte una politica, se ci sono delle “motivazioni” di fondo, poi si va al dettaglio tecnico. Ma quali sono le motivazioni politiche, politiche nel senso nobile della parola; cioè che visione, che idea c’è della società, che anima. Se una politica non ha un’anima, se non ci sono dietro delle idee robuste, è difficile che passi”. Quali sono, dunque, le “idee robuste” che sorreggono le azioni di policy messe in atto dal progetto?” (cit. da discorso inaugurale di Fabrizio Barca alla nona edizione della Scuola di Sviluppo Locale “Sebastiano Brusco”, Seneghe, OR, 22 settembre 2014)
Di certo non queste.
Post Scriptum per chi governa:
Volete davvero salvare i territori fragili? Create una strategia nazionale fondata su autonomia vera, fiscalità dedicata, infrastrutture leggere e capitale umano qualificato. E ascoltate le comunità, non solo nei sondaggi online ma nella costruzione quotidiana delle decisioni”.