Il giovane e fervido “Test Teatro Stage” di Benevento, Laboratorio di Recitazione e Sperimentazione Scenica, fondato e Diretto da Monica Carbini, si è esibito, nella serata del 25 Novembre, “Giornata Internazionale Contro la Violenza sulle Donne”, presso il Convento San Francesco della città, in una performance durante la quale un gruppo di ragazze/attrici hanno letto e recitato testi da loro stesse pensati e scritti, tutti relativi ad episodi di femminicidio o violenza sulle donne.
I giovani portavoce della tematica sono stati: Alessandra De Figlio, Mariapia Boffa, Sofia Romolo, Mariagiulia Fabozzi, Darya Malykh, Anna Chiara Serino, Livia Allamprese, Antonella La Frazia, Costanza ed Eleonora Furno, Francesca Bozzella, Marialuisa Russo, Emma Di Maria, Matteo Terrone, Antonio Inserra.
Calorosi i saluti a quanti presenti all’evento da parte della Carbini, un ringraziamento particolare a Padre Luciano, frate del Convento ospitante l’evento ed un affettuoso grazie alle sue giovani attrici pronte ad esibirsi.
Molto forte la partecipazione delle artiste, ma anche del pubblico, molto numeroso, che ha affollato la sala, particolarmente forte il tema trattato, ma altrettanto forte e condivisa, la voglia di dire basta ad una pratica ormai dilagante nel nostro paese, divenuta oggetto della cronaca quotidiana, che vede una donna uccisa dal partner o da persona di famiglia, ogni 10 minuti.
Il 25 novembre, scelta come data per la “Giornata Internazionale Contro la Violenza sulle Donne” in memoria delle sorelle Mirabal, attiviste della Repubblica Dominicana, barbaramente uccise il 25 novembre 1960 dagli agenti del regime di Rafael Trujillo, è ormai diventata una data che ribadisce il significato culturale e sociale del termine “femminicidio”, come espressione non più ristretta ad un circolo di attiviste e studiose, ma come parola di uso comune che denuncia l’orrore di un atto inaccettabile che avviene all’interno di una struttura culturale arcaica che ancora non si riesce ad eradicare.
Tante le storie narrate dalle giovani attrici, da quelle ormai oggetto di cronaca, come l’omicidio di Giulia Tramontano, a quelle meno note, ma surreali di donne/madri che, per amore dei loro figli e della propria dignità, sono state uccise da un compagno/padrone che non accettava che fossero anche persone con una loro vita.
Un ricordo particolare è stato anche riservato a Lea Garofalo, uccisa dalla famiglia mafiosa in quanto testimone di giustizia sottoposta a protezione dal 2002, donna che, per amore di sua figlia, decise di testimoniare sulle faide interne tra la sua famiglia e quella del suo ex compagno Carlo Cosco.
La Carbini ricorda che il fenomeno del femminicidio è dilagante in tutto il mondo e che sono state circa 89.000 le donne e le ragazze uccise intenzionalmente nel 2022, secondo quanto scrive l’Ufficio delle Nazioni Unite per la lotta alla droga e al crimine (UNODC) e l’UN Women.
Proprio perché è un fenomeno globale, esso va contrastato a livello culturale e vanno soprattutto combattute le ragioni arcaiche di una supremazia maschile nel rapporto di coppia.
E’ necessario operare su una educazione per la quale è forte la convinzione che la differenza di genere sia anche differenza di predominanza di un essere umano sull’altro, ma sia soprattutto rapporto nel quale non esiste rispetto e neppure considerazione per la propria compagna e nel quale la donna sia considerata al pari di un oggetto posseduto del quale fare ciò che si vuole.
Nonostante la presenza delle donne alla manifestazione sia stata cospicua, è necessario ricordare che molti sono stati gli uomini presenti, alcuni dei quali in sala, ad eccezione di alcuni giovani attori, sono voluti intervenire nel dibattito portando il loro saluto affettuoso a tutte le donne e rifiutando ogni forma di violenza nei loro confronti.
L’unico episodio della serata fuori rima, è stato quello di un ospite in sala che ha voluto ridimensionare il fenomeno del femminicidio riconducendolo a forme di semplice omicidio, dimenticando che le ragioni delle violenze sulle donne sono di tipo culturale e gli omicidi commessi verso di loro sono giustificati, agli occhi dell’omicida, con il semplice fatto che siano solo donne.
In merito al contraddittorio è intervenuto il Rettore dell’Unisannio, dott. Gerardo Canfora, presente in sala, che ha ribadito il fatto che le ragioni della violenza e morte di tante donne sono da ricercare nella mentalità e nel pregiudizio verso di esse ritenute esseri inferiori, un pregiudizio simile a quello di cui sono vittime gli omosessuali per le loro scelte sessuali e che azioni violente nei loro confronti non sono paragonabili a quelle compiute durante una guerra o per ragioni giudiziarie.
Purtroppo, ci rincresce ammettere, che l’umanità è ancora alle prese con disuguaglianze e violenze profondamente radicate contro donne e ragazze, un fenomeno che oltre le donne, squalifica gli uomini artefici di tali gesti, li rende intollerabili sia a livello personale che sociale, inadatti nel ruolo di educatori e compagni di vita.
Se è necessario ricordare che la maggioranza degli uomini sono amici e complici affettuosi delle donne, è altrettanto necessario ricordare che i fenomeni di violenza sulle donne vanno denunciati e resi noti da parte di tutte le donne vittime di essa, perché solo la diffusione della denuncia può consentire che tali atti siano repressi, denuncia che deve essere accompagnata da un’educazione familiare che disegni la differenza di genere come ricchezza e non come forma di supremazia.
La serata si è conclusa simpaticamente con un buffet preparato dalle stesse ragazze/attrici ed organizzato da Antonietta Iele e Maria Celeste D’Andrea, che hanno anche contribuito alla gestione della sala all’ingresso.
Arpaise, 25 novembre: il Comune organizza la Fiaccolata per Giulia Cecchettin e per tutte le vittime di Femminicidio
Sabato 25 novembre 2023 nella Giornata internazionale per l’eliminazione della violenza sulle donne, il Comune di Arpaise vuole celebrare tale giornata per dire basta con la violenza sulle donne, organizzando la Fiaccolata per Giulia Cecchettin, l’ultima giovane donna uccisa e per tutte le Donne Vittime di Femminicidio, onorando la memoria di Giulia e di tutte le donne.
“Sono 83 le vittime di femminicidio nel nostro Paese nel 2023, e l’anno non è ancora finito, e comunque anche una sola è troppo, la violenza sulle donne non conosce tregua e colpisce tanto sulle strade tanto tra le mura domestiche, scrive il Comune di Arpaise, alcune agenzie parlano di 106 vittime in Italia dall’inizio dell’anno.
Un coro di voci che si alza contro le violenze quotidiane che le donne subiscono.
Se vuoi unirti a queste grida, partecipa al corteo organizzato per il 25 novembre, in occasione della Giornata internazionale per l’eliminazione della violenza sulle donne.
La partenza è prevista alle 17 in Piazza Matteo Renato Donisi, durante il corteo verranno lette, esposte, condivise riflessioni sul tema, la cittadinanza è invitata numerosa a partecipare.”
25 novembre, Giornata mondiale contro la violenza sulle donne: dalla storia delle sorelle Mirabal ad oggi
Ancora un 25 Novembre per dire basta alla violenza sulle donne, ancora un giorno di estenuante denuncia di atti che non hanno senso e che notificano solo che una parte dell’universo maschile vive ancora, incredibilmente, in un tempo di ignoranza e incapacità nel relazionarsi serenamente con l’altro emisfero umano.
Perché proprio il 25 Novembre? La Dichiarazione sull’eliminazione della violenza contro le donne è stata adottata senza voto da parte dell’ Assemblea generale delle Nazioni Unite con la risoluzione 48/104 del 20 dicembre 1993. In essa è contenuto il riconoscimento della “necessità urgente per l’applicazione universale alle donne dei diritti e dei principi in materia di uguaglianza, la sicurezza, la libertà, l’integrità e la dignità di tutti gli esseri umani” ed è stata decisa la data del 25 Novembre come ricorrenza di tale principio.
La data del 25 Novembre non è però una data scelta a caso, essa corrisponde all’anniversario dell’assassinio delle sorelle Mirabal: Patria Mercedes, Marìa Argentina Minerva e Antonia Maria Teresa, tre coraggiose donne rivoluzionarie della Repubblica Domenicana, uccise brutalmente il 25 Novembre del 1960 dal regime del dittatore Trujillo, a cui avevano tentato di opporsi.
Donne che hanno dato la vita per un’idea, donne decise che hanno scelto di operare per la libertà del proprio paese, donne pensanti che solo la morte ha potuto far tacere.
Oggi 25 Novembre 2022, raccontiamo che, nel nostro paese, sono oltre cento le donne uccise nel 2022 per mano di chi dovrebbe amare e difendere la propria compagna, infatti nell’85% dei casi l’autore del reato è un uomo vicino alla vittima, un reato che si compie dunque in un ambito familiare-affettivo.
Tra le cause che portano al femminicidio c’è sicuramente una “visione arcaica del rapporto di genere”, una concezione che vuole la donna sottomessa all’universo maschile e che immagina la stessa, qualora si ribellasse, colpevole di superficialità, incuria, arroganza e magari di inaccettabile interesse per qualche altro uomo.
Dobbiamo essere consapevoli purtroppo che continuano a esistere nel nostro cervello tendenze primitive – è bene sottolineare che sono tendenze, non scelte comportamentali definite – che nei maschi connettono la sessualità alla sopraffazione e alla dominanza, e nelle femmine la connettono alla paura e alla sottomissione.
Ovviamente queste tendenze sono state superate ampiamente dal tempo, dall’evolversi della società e dal cambiamento nei costumi comportamentali, tanto nell’uomo che nella donna, ma purtroppo questa evoluzione non si è verificata nello stesso modo in tutti.
Molti uomini credono ancora che, per essere “macho”, sia necessario far valere la forza fisica, incarnare lo stereotipo dell’uomo deciso che non ammette repliche, quasi che il concetto arcaico di “uomo di casa” equivalesse a “padre-padrone” delle situazioni familiari, ma anche delle persone con cui si convive.
Visione ottusa ed insensata di un modo di vivere da esseri preumani, atteggiamento che causa solo ingiustificata sofferenza in quanti sono vicini, come se l’amore e la sessualità non fossero espressioni di relazioni positive, di condivisione, aiuto, premura per l’altro, ma fossero esprimibili solo con la sopraffazione del dominio maschile in vari modi, secondo i modelli di alcune ideologie, leggi e religioni serve di un pensiero primitivo.
Responsabile anche una società che, troppo spesso, trasmette modelli di sessualizzazione esasperata, di pornografia, prostituzione e pratiche educative che legittimano la violenza, l’impulsività e il consumismo.
Sono oltre cento le donne uccise finora nel 2022, compagne di vita che per morbosa gelosia, per stanchezza dei comportamenti violenti del compagno, per disamore, hanno abbandonato il proprio lui, o ci hanno provato e per questo andavano punite severamente, anche con la morte.
La storia ci racconta delle tante donne che nel passato subivano passivamente le violenze familiari per una serie di ragioni, perché la donna deve accettare il proprio compagno a prescindere, perché la donna non aveva un proprio reddito che le permettesse di essere autonoma, per amore dei figli – che pure assistevano alle violenze e ne venivano traumatizzati – per non contrastare la famiglia, la gente che avrebbe parlato male di lei, per vergogna, per sudditanza inculcata da un’educazione sorpassata.
Oggi queste remore sono in gran parte superate e per questo le donne pretendono un rispetto dovuto che però molti uomini non accettano di riconoscere. Se molte ancora tacciono, continuando a sperare in un ravvedimento del proprio lui, tante denunciano le violenze, chiedono e ottengono misure cautelari nei confronti del violento, ma, nello stesso tempo, le loro denunce o vengono sottovalutate o addirittura ignorate dal compagno, che opera lo stalking nei confronti della donna fino a minacciarla e ucciderla.
Nel nostro paese c’è una vittima ogni tre giorni, un rituale barbaro e crudele a cui non si riesce a mettere fine. Tante, troppe le donne tormentate, violentate, umiliate, ammazzate, molte tra le mura domestiche o sul luogo di lavoro o anche per strada per mano di spasimanti, mariti, fidanzati, ma anche figli o uomini comuni che, trasformati in belve, uccidono per motivi sentimentali, economici, razziali o anche semplicemente per punire chi non accetta il modo di vivere di lui che , a sua volta, rifiuta il modo di essere o di vivere di lei.
La giornata contro la violenza sulle donne ci deve far riflettere sui numeri e il tipo di donne uccise, spesso sono madri di famiglia o giovani donne o bambine, tutte oggetto di possesso, gelosia, controllo fisico, economico, sociale, tutte da punire perché non hanno accettato il clichè della tradizione e della sudditanza, perché hanno pensato di poter essere libere di amare, convivere, scegliere secondo il proprio modello di vita.
Il nostro sogno è che il prossimo 25 Novembre sia una data da ricordare perché non ci sono più stati episodi di femminicidio, perché gli uomini sono diventati consapevoli che la loro vera forza e dignità sta nel rispetto delle loro donne, che l’amore non è possesso, ma collaborazione e accettazione dell’altro senza se e senza ma, che la diversità è forza e ricchezza e non problema da risolvere con la violenza secondo uno schema da cancro sociale.
Giornata internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne
Il 25 Novembre si celebra la giornata internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne, fantastico momento per riflettere su un fenomeno che, anziché scomparire, è sempre più al centro della cronaca quotidiana, anche nel nostro paese.
Parlare di un fenomeno come quello della violenza contro le donne non deve e non può essere “subito” da tanti come vuoto e ripetitivo cianciare di atti “comuni” e tutto sommato poco rilevanti, questa mentalità poteva essere accettata forse nel passato, in un tempo in cui le donne erano considerate “irrazionali” e la loro natura era vista come “uterina”, ma non oggi che viviamo in una società di cultura e diritto .
Un tempo le donne vivevano solo accettando quello che gli uomini decidevano per loro ( ovviamente per il loro bene!) e si sottomettevano al volere del “pater familias”. Quello era un tempo in cui le donne erano sprovviste di autonomia economica e morale ed erano costrette ad incarnare le cosiddette “virtù femminili” come l’obbedienza, il silenzio, la fedeltà. Un modello di vita che presupponeva la rinuncia definitiva alla propria libertà di vivere come si vuole, all’accettazione del disinteresse per il proprio destino, una scelta obbligata di vita che presupponeva, in caso di non accettazione di tale modello, la messa al bando dalla società e l’essere considerate donne di malaffare e subire, in casi estremi, la morte come punizione.
Espresso
Per secoli, il “dispotismo domestico”, come fu definito nel XIX sec. dal filosofo inglese John Stuart Mill, trovava la sua giustificazione in nome della superiorità maschile.
Molta acqua è però passata sotto i ponti, le lotte di emancipazione femminile, a partire dal XIX sec., hanno prodotto una consapevolezza fra le donne che, come diceva uno slogan del 1968 : “Non più puttane, non più madonne, ma solo donne”, hanno prodotto consapevolezza di diritti da sempre negati, primo fra tutti il diritto di vivere la propria vita secondo canoni di libertà e perfetta uguaglianza con l’altro sesso.
Non tutti gli uomini hanno però accettato che la propria donna possa avere pensieri, scelte, desideri, necessità diversi dal proprio compagno, anzi spesso accade che quanto più la donna cerca di affermarsi come uguale in dignità, valore e diritti all’uomo, tanto più quest’ultimo reagisce in maniera brutale, spesso accade che egli si ribelli all’idea di perdere anche solo briciole di quel potere che lo rende volgare, aggressivo e violento.
Siamo nel 2021 e ad oggi già si contano 108 donne uccise – paradossalmente il 50% dei femminicidi si sono avuti durante il lockdown – e, cosa ancora più agghiacciante, il 90% delle vittime sono state uccise in ambito familiare!
In data odierna il Presidente Mattarella ha affermato, in merito alle violenze sulle donne : “Intollerabile, è il fallimento della nostra società”.
Emergono, in concomitanza con la giornata contro la violenza contro le donne, dati sconcertanti che fanno rabbrividire in merito al fenomeno, essi infatti testimoniano il degrado di una società solo apparentemente moderna, ma che deve percorrere ancora tanta strada per essere pienamente democratica e progredita. E’ incredibile, ma per il 40% degli italiani “schiaffeggiare la moglie non è violenza”! Questa mentalità ci fa comprendere come in Italia l’89% delle donne subisce violenza da parte di un familiare e dove il 74% degli aggressori sono mariti, conviventi, fidanzati o ex e il 68% di questi è di nazionalità italiana. Numeri “intollerabili” aggiunge il Presidente Sergio Mattarella.
La violenza sulle donne non è poi riconducibile solo ad una condizione di povertà culturale o economica, essa è invece comune a ogni strato sociale ed a tutte le età.
Speso le donne però non denunciano le aggressioni psicologiche e/o fisiche nei loro confronti, il concetto del rispetto reciproco viene sottaciuto in nome della pace domestica o dell’illusione di un cambiamento nei comportamenti del proprio compagno, si sopporta in silenzio, spesso per anni, disparità e maltrattamenti, quasi immaginando di essere corresponsabili di tali atteggiamenti, si sopporta l’escalation dei comportamenti aggressivi sottovalutandoli o, peggio, perdonandoli, consentendo un inasprimento di essi che può costare la vita.
Ovviamente la violenza affonda le sue radici nella discriminazione verso le donne, atteggiamento che anche le leggi, fino a poco tempo fa tolleravano: ricordiamo che solo nel 1981 viene abrogato dal Parlamento l’art.544 del codice penale che assicurava, attraverso il cosiddetto matrimonio riparatore, l’impunità allo stupratore che avesse sposato la ragazza violentata.
La donna dunque era vista come essere inferiore, una sorta di oggetto di cui disporre a proprio piacimento, un oggetto che, se non va più bene, semplicemente “si distrugge”, perché, secondo una certa mentalità misogina, un uomo ha diritto di punire la donna, anche con la morte, quando si ritengono violate le “proprie regole” di onore, fedeltà e obbedienza.
E’ solo del 2019 una legge della Repubblica Italiana a tutela delle donne e dei soggetti deboli che subiscono violenze domestiche e di genere, il cosiddetto Codice rosso.
Importante ruolo possono e devono svolgere, nella modifica di una mentalità violenta e retrogata, la scuola e la famiglia, i luoghi cioè nei quali si forma l’individuo e il cittadino, attraverso la formazione di esso in merito alla parità tra i sessi e il rifiuto di ogni forma di violenza verso un proprio simile. E’ fondamentale apprendere e praticare, quotidianamente, il concetto di uguaglianza tra generi e l’uguaglianza dei diritti, dei doveri e delle possibilità.
Inoltre,non possiamo né dobbiamo più accettare l’idea che si possa uccidere “per amore”, per amare bisogna essere pronti a rinunciare a qualcosa, l’altro non è a nostra completa disposizione, non si salva la propria virilità negando all’altro la possibilità di esistere e, come ha scritto Hannah Arendt in una lettera al marito : “ l’amore permette di rendersi conto che, da soli, si è profondamente incompleti e che è solo quando si è accanto ad un’altra persona che si ha la forza di esplorare zone sconosciute del proprio essere”.
L’insicurezza e la scarsa fiducia in se stessi fanno sì che un uomo spesso non accetti l’autonomia di una donna accusandola dei propri fallimenti, negando che questa possa rifarsi una vita altrove e trasformando la sua esistenza in un incubo. Solo un piccolo uomo usa la violenza per credere di essere grande.
Oggi è in funzione il numero telefonico 1522, numero contro la violenza e il supporto alle donne vittime di essa, numero che, come noi ci auguriamo, diventi sempre più inutile in una realtà che neghi ogni forma di maltrattamenti in nome della democrazia e della giustizia sociale.
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