La poesia di Elio Pecora nell’ultimo incontro della rassegna “Atlante delle Nuvole”

La poesia di Elio Pecora nell’ultimo incontro della rassegna “Atlante delle Nuvole”

Cultura

Quinto ed ultimo incontro della prima edizione della rassegna poetica “Atlante delle Nuvole” – incontri di poesia contemporanea-, idea della Provincia di Benevento e Sannio Europa realizzata in collaborazione con il cenacolo poetico Mandel ( ideato e coordinato da Domenico Cosentino, Antonella Rosa e Nicola Sguera) e Casa Naima, presso gli spazi suggestivi e storici del  Museo Arcos di Benevento, con la presenza del poeta italiano, scrittore, saggista, critico letterario oltre che autore di  testi teatrali Elio Pecora.

Se la poesia è il regno di quell’espressione artistica che penetra nel profondo delle emozioni umane svelando pensieri profondi e consente agli individui di avventurarsi nel complesso tragitto delle esperienze umane, la poesia di Elio Pecora e la personalità dello stesso, sono subito apparsi, fin dalle prime parole da lui pronunciate, dominanti nello scenario di un’arte forse patrimonio di pochi, ma sicuramente ammaliante.

Dopo il caldo benvenuto a lui dato da Nicola Sguera, la citazione biografica dei lavori del Maestro da parte di Antonella Rosa ed il ricordo delle circostanze nelle quali aveva conosciuto il poeta da parte di Domenico Cosentino, Elio Pecora ha preso la parola per ribadire che in Italia si legge poca poesia, come del resto anche nel mondo, perchè la poesia richiede un’attenzione ed una partecipazione che non sono richieste da altre forme di intrattenimento.

Dalla lettura di una poesia, ribadisce, si dovrebbe uscire cambiati, arricchiti, perché la poesia deve parlare a noi stessi, non riguarda il poeta, ma quello che leggiamo, che si riverbera su di noi, ci fa riflettere su sentimenti, sensazioni che normalmente abbiamo, ma che spesso ignoriamo o non sappiamo esprimere correttamente o compiutamente.

Egli afferma che ha sempre creduto in qualcosa che ha trovato condiviso da un gande poeta russo, Iosif Brodskij, che dice : “la poesia è educazione dei sentimenti ed ai sentimenti”, ma ovviamente per ricevere questa educazione bisogna essere lì prensili, attenti, presi.

La poesia è morta? Gli viene chiesto spesso, al che lui risponde che essa non è mai stata così inseguita, perché i latini dicevano “poesia rara avis”, è un uccello raro che viene inseguito da pochi e quei pochi non sempre sono sullo stesso piano, la poesia infatti tocca punti più alti ed altri più bassi.

Egli ricorda poi la sua storia personale, la sua nascita a Sant’Arsenio ( Salerno) nel 1936, la sua adolescenza a Napoli e poi il suo trasferimento a Roma dove attualmente vive. Ricorda la sua infanzia, già caratterizzata dalla voglia di leggere, la figura di suo padre, ufficiale della Marina Militare Italiana durante la seconda guerra mondiale e le sue vacanze nel paese di origine dove già iniziava a riflettere sulle cose della vita e cominciava a scrivere semplici versi, per poi impiegarsi, da adulto, in una libreria.

In merito alle sue poesie tiene a precisare che spesso è ispirato da una sola parola che poi ti trascina verso universi più larghi, un po’ come era accaduto a Leopardi che dalla parola “Infinito” ha poi partorito le sue meravigliose composizioni poetiche, d’altra parte le parole sono lo strumento creativo per eccellenza, quello che  permette di costruire mondi, sondare emozioni ed esprimere verità profonde, il modo poi in cui esse sono utilizzate consente di attribuire ai versi un potere evocativo ed un significato.

Ovviamente alla base di ogni composizione poetica c’è un δαίμων (daimon), un demone, un’ispirazione che viene fuori sempre da un’emozione, da un ricordo, da un momento unico che poi si srotola dentro fino a diventare una composizione.

Vengono infine lette alcune poesie tratte dall’ultimo libro di Pecora “L’avventura di restare”, versi vividi ed intensi di storie di una vita che, quasi in una “matrioska”,  si incastrano gli uni con gli altri parlando di sentimenti, amicizia, della intercettazione dei battiti consci ed inconsci del mondo, il tutto per “andare dove non v’è confine, solo fine/l’andare”.

La poesia di Bruno Galluccio nell’incontro della rassegna “Atlante delle Nuvole”

La poesia di Bruno Galluccio nell’incontro della rassegna “Atlante delle Nuvole”

Cultura

Secondo incontro della prima edizione della rassegna poetica “Atlante delle Nuvole” – incontri di poesia contemporanea-, idea della Provincia di Benevento e Sannio Europa, realizzata in collaborazione con il cenacolo poetico Mandel ( ideato e coordinato da Domenico Cosentino, Antonella Rosa e Nicola Sguera) e Casa Naima, presso la sala “A. Zazo” della Biblioteca Provinciale “A. Mellusi” della città e con la presenza del fisico/poeta Bruno Galluccio.

L’incontro si è tenuto precisamente il 21 marzo, Giornata Mondiale della Poesia, voluta dall’UNESCO nel 1999 ed ha visto come moderatrice Antonella Rosa, affiancata da Domenico Cosentino e da Nicola Sguera.  

Galluccio, per l’incontro, ha presentato la sua ultima opera poetica e precisamente: “Camera sul vuoto” – pubblicata nel 2022 da Giulio Einaudi editore – lavoro in cui scienza e poesia si incontrano e si confrontano rivelando, fra le dovute differenze cognitive e procedurali, affinità misteriose e inaspettate.

 Il lavoro oggetto della presentazione è l’ultimo di una trilogia iniziata con l’opera “Verticali” e “La misura dello zero”, opere in cui la poesia sposa il percorso della scienza partendo da medesime ricerche di risposte intorno al concetto di vuoto e vita.

Nella sua ultima opera, “Camera sul vuoto”, Galluccio, facendo riferimento alla parentela tra il concetto dello zero e quello del vuoto, ribalta il linguaggio della letteratura per rivelare, in poesia, una sorta di commistione con il linguaggio della fisica quantistica, riferendo che il vuoto è tipico della fisica e lo zero si riferisce alla matematica.

Il linguaggio della scienza, afferma, deve essere sempre preciso e comporta regole rigide e verifiche, quello poetico invece cammina ai margini dell’ambiguità, ma sebbene apparentemente lontani i due idiomi mirano ad un identico obbiettivo: conoscere l’inconoscibile ed appagare l’animo, ambedue in cammino in un  viaggio nella vita dell’universo.

Il libro si compone di nove sezioni, un lavoro di poesia gnomica in cui da una prima sezione in cui vengono riassunti alcuni principi scientifici di base, si passa ad una seconda in cui compare l’essere umano, per poi far riferimento al formarsi delle prime cellule complesse, la formazione dell’acqua che consentì la vita, per poi continuare con la rottura della simmetria dell’universo e la nascita del tempo, fino al tornare dell’uomo al centro della scena in un processo di spazio/tempo tipico della mente umana .

Laureato in fisica, Galluccio ha lavorato in un’azienda tecnologica occupandosi di telecomunicazioni e sistemi spaziali, ma la poesia è poi diventato lo spazio in cui è riuscito a connettere il sapere scientifico con quello poetico, spazi della conoscenza solo apparentemente lontani ed in contraddizione, ma in realtà legati dalla curiosità verso l’ignoto che, utilizzando linguaggi diversi, continuano a cercare, scoprire e disvelare.

I temi scientifici del lavoro di Galluccio si sviluppano sempre parallelamente a quelli poetici, in una ricerca spasmodica della bellezza, tema comune a entrambe le discipline, Scienza e Poesia, quasi a disvelare due universi paralleli o sovrapposti, con l’obiettivo di annunciare una verità spesso sconosciuta e cioè che Macrocosmo e Microcosmo obbediscono alle stesse leggi, molte delle quali ancora oggi misteriose.

Se la poesia si muove, dice Galluccio, in ambiti più vicini alla matematica ed alla sua ricerca di verità misteriose, per questo stesso motivo non è condizionata da vincoli di storie o strutture linguistiche precise come la narrativa, essa usa la parola al massimo delle sue potenzialità, consente di accedere a quella parte dell’umanità che non si conosce nel suo profondo.

La poesia è ansia di sapere, ma in questa sua ricerca è sempre libera di essere incoerente, come spesso sono incoerenti le nostre emozioni e, se il tempo è creazione umana, parallelamente essa vive l’ansia di andare oltre le leggi che regola la nostra vita, il tutto in un viaggio difficile, ma necessario.

Durante l’incontro con il poeta Galluccio, questi ha prima letto alcune delle sue poesie e poi ha risposto ad alcune domande del pubblico negando, ad un quesito sulla capacità delle intelligenze artificiali di creare poesia, che le AI possano mai eguagliare le incertezze e le incoerenze umane e produrre testi poetici.