Si è tenuto, innanzi alla I Sez. della Corte D’Appello di Napoli, il processo a carico di Claudio D’Onofrio, di 35 anni, di Arpaia, imputato dell’omicidio colposo aggravato della giovane Sara Viscusi.
La Corte D’Appello, accogliendo la tesi degli Avvocati Vittorio Fucci e Daniela Martino, ha riformato la sentenza del Tribunale di Benevento, che aveva condannato il D’Onofrio ad 1 anno di reclusione e al risarcimento dei danni materiali e morali in favore delle parti civili, nonché alla refusione delle spese di costituzione e al pagamento di una provvisionale dell’importo di 25.000,00 euro per ciascuna delle 3 parti civili costituite, ed ha assolto, con formula piena, il D’Onofrio.
Il D’Onofrio, era anche imputato del reato di rifiuto di sottoporsi ad accertamenti sanitari dello stato di ebbrezza alcolica.
In particolare, il D’Onofrio, il 14/09/2014 alle ore 5:40, viaggiando a bordo della vettura Citroen DS3, con a bordo De Simone Giuseppe, mentre percorreva la Via Napoli nel Comune di Montesarchio, in direzione Benevento, giunto all’altezza del km 242, avendo impegnato una curva sinistrorsa, avrebbe invaso la corsia di marcia opposta, entrando in collisione con l’autovettura Smart Fortwo, condotta da Pasqualicchio Ruggero e con a bordo Sara Viscusi.
Il Pasqualicchio, che era imputato in concorso per il reato di omicidio colposo aggravato, procedeva ad una velocità di 125Kmh nonché ometteva di mantenersi sul margine destro della carreggiata.
A seguito della collisione Viscusi Sara, che procedeva a bordo della vettura del Pasqualicchio, decedeva, e De Simone Giuseppe, che era a bordo della vettura del D’Onofrio, riportava lesioni personali.
Mentre Pasqualicchio Ruggero patteggiava la pena e veniva giudicato con separato giudizio, il D’Onofrio sceglieva di essere giudicato con rito abbreviato, all’esito del quale, in I° grado, veniva condannato. La Corte D’Appello, invece, è stata di diverso avviso ed ha assolto D’Onofrio Claudio a formula piena.
Omicidio Matarazzo, assolti per non aver commesso il fatto Massaro e Nasta
Assolti per non aver commesso il fatto: questa la sentenza della Corte di Appello di Napoli in merito alle posizioni di Giuseppe Massaro di 58 anni di Sant’Agata de’ Goti e Generoso Nasta, di 33 anni di San felice a Cancello, accusati dell’omicidio di Giuseppe Matarazzo.
I due, come si ricorderà, erano stati condannati all’ergastolo per l’omicidio del 45enne di Frasso telesino, ucciso il 19 luglio del 2018 con una pistola nei pressi della propria abitazione.
Oggi, invece, in appello la decisione dei giudici di prime cure è stata completamente ribaltata.
Vìola sorveglianza speciale, assolto 58enne di San Giorgio del Sannio
Si è tenuto, innanzi alla Corte d’Appello di Napoli, il processo a carico di Pompeo Masone, di 58 anni, di S. Giorgio del Sannio, noto alle cronache e gravato da numerosi precedenti penali, imputato per violazione della Sorveglianza Speciale con obbligo di soggiorno e difeso dagli Avvocati Vittorio Fucci e Daniela Martino.
La Corte d’Appello di Napoli, accogliendo la tesi degli Avvocati Vittorio Fucci e Daniela Martino, ha assolto il Masone, ribaltando la Sentenza di Primo Grado del Tribunale di Benevento che lo aveva condannato ad 1 anno e 6 mesi di reclusione.
In particolare, il Masone nel febbraio del 2018 fu tratto in arresto dai Carabinieri di Benevento, perché, benché fosse gravato dalla Sorveglianza Speciale con obbligo di soggiorno in S. Giorgio del Sannio, fu sorpreso dai militi presso il “Bar Dejà Vù” in Contrada Cappelle di Benevento.
In sede di convalida, il GIP di Benevento, accogliendo la tesi dell’Avvocato Vittorio Fucci, scarcerò il Masone.
Il Tribunale di Benevento, poi, all’esito del giudizio di primo grado lo condannò ad 1 anno e 6 mesi di reclusione.
La Corte d’Appello, invece, è stata di diverso avviso ed ha assolto il Masone.
Spaccio, annullata (con rinvio) la condanna di una 47enne di Benevento
La Corte di Cassazione, sesta sezione penale, ha annullato la condanna – rinviando per un nuovo giudizio alla Corte di appello di Napoli – emessa a carico di Luongo Anna, 47 anni, di Benevento.
Come si ricorderà la donna era astata arrestata il 21 giugno dello scorso anno per un accusa di numerose cessioni di sostanza stupefacente a tossicodipendenti della provincia di Benevento e per avere occultato la stessa sostanza anche nel vano ascensore dello stabile in cui risiede al rione Ferrovia di Benevento.
Il Tribunale l’aveva condannata alla pena di anni 2 di reclusione restituendole però parte della somma sequestrata e ritenuta il provento dello spaccio.
La Corte di Appello di Napoli in data 28 marzo 2022 ha ridotto lievemente la pena ad anno 1 e mesi 10 di reclusione accogliendo parzialmente l’appello e ritenendo che la condotta integrasse un solo reato eliminando così l’aumento per la continuazione.
Luongo Anna, pluripregiudicata in materia di droga (difesa dall’Avv. Luca Russo), che era stata per questo reato sottoposta agli arresti domiciliari e poi all’obbligo di firma, è tornata completamente libera per questa causa avendo la Corte di Appello revocato ogni misura cautelare nei confronti della stessa.
Furto aggravato di energia elettrica, assolto in Appello titolare di un bar della Valle Caudina
Si è tenuto, innanzi alla Corte d’Appello di Napoli, il processo a carico di Carmelo Ambrosone, di Montesarchio, di 57 anni, titolare del bar Carmelo Caffè, imputato di furto aggravato di energia elettrica, difeso dall’Avv. Vittorio Fucci.
Come si ricorderà all’Ambrosone, che fu anche tratto in arresto dai Carabinieri di Montesarchio, nell’ottobre del 2016, veniva contestato di aver commesso un furto di energia elettrica dal 2011 al 2016, con danno alla società erogatrice di diverse decine di migliaia di euro. L’Ambrosone, a seguito dell’udienza di convalida, fu scarcerato.
Il Tribunale di Benevento all’esito del processo lo aveva condannato ad 8 mesi di reclusione e a 3.000,00 euro di multa. La Corte d’Appello di Napoli, invece, ha assolto l’Ambrosone.
“Minacce e violenza nei confronti di un pastore”, assolti in Appello padre e figlio
Si è tenuto innanzi alla Corte d’Appello di Napoli, il processo a carico di Pietro Cuozzo, di 55 anni, di Paolisi, e di Ettore Cuozzo, di 34 anni, anche lui di Paolisi, imputati di minacce gravi e di esercizio arbitrario delle proprie ragioni, assistiti dall’Avv. Vittorio Fucci.
In particolare i Cuozzo, padre e figlio, usavano minacce e violenza, nei confronti di un pastore, affinché non recintasse un terreno, ubicato in Airola, da utilizzare per il pascolo.
Il Tribunale di Benevento, in primo grado, nel 2016, aveva condannato i Cuozzo ad 1 anno e 6 mesi di reclusione.
La Corte d’Appello di Napoli ha riformato la sentenza del Tribunale di Benevento ed ha assolto Pietro ed Ettore Cuozzo.
Violenza, resistenza e minacce a Pubblico Ufficiale: assolto 50enne sannita
Si è tenuto innanzi alla Corte d’Appello di Napoli, il processo a carico di Carmine Cesare, di Cautano, di 50 anni, imputato di violenza, resistenza e minacce a Pubblico Ufficiale, difeso dall’Avv. Vittorio Fucci.
L’uomo era stato condannato dal Tribunale di Benevento, in primo grado, nel 2016, alla pena di 1 anno e 10 mesi di reclusione, oltre al pagamento delle spese processuali, perché ritenuto responsabile di violenza, resistenza e minacce ai danni di un Maresciallo Capo dei Carabinieri.
In particolare il sannita, nel mentre i Carabinieri cercavano di eseguire una perquisizione veicolare, li minacciava di morte e si frapponeva con il proprio corpo, usando anche violenza nei confronti del Maresciallo Capo, tra la vettura e il Maresciallo stesso per tentare di impedire a quest’ultimo di procedere alla perquisizione.
Una volta tratto in arresto e portato in caserma, il Cesare scaraventava, contro il Maresciallo Capo, che redigeva gli atti, tutti gli oggetti presenti sulla sua scrivania, pertanto, anche su disposizione del Pubblico Ministero di turno, veniva arrestato e tradotto al carcere di Benevento.
La Corte d’Appello di Napoli, invece, riformando la sentenza del Tribunale di Benevento, ha assolto il 50enne sannita.
Secondo il Tribunale di Napoli, la coltivazione era del tutto esorbitante rispetto ad un uso personale e terapeutico.
Nella giornata odierna, il Gruppo della Guardia di Finanza di Benevento ha dato esecuzione all’ordinanza applicativa della misura cautelare degli arresti domiciliari, emessa dal Tribunale del Riesame di Napoli su appello proposto dalla Procura della Repubblica di Benevento, confermata anche dalla Corte di Cassazione a seguito di declaratoria di inammissibilità del ricorso promosso dall’interessato, nei confronti di un trentaseienne di origini napoletane, residente del Sannio, arrestato dai militari del Gruppo della Guardia di Finanza di Benevento in data 3 settembre 2021 per coltivazione e detenzione di sostanza stupefacente del tipo marijuana, ma rimesso in libertà dal GIP al termine dell’udienza di convalida.
L’arresto in flagranza era avvenuto a seguito di una perquisizione locale dell’abitazione in uso all’uomo, dove venivano rinvenuti oltre 2 kg di sostanza stupefacente del tipo marijuana già essiccata e pronta all’uso, nonché circa cinquecento semi di cannabis di diversa tipologia. Inoltre, ulteriori accertamenti consentivano di rinvenire nelle adiacenze dell’immobile 22 piante di marijuana in fiore, nonché un capanno adibito all’essiccazione della sostanza, dotato di lampade alogene, impianto di aerazione e completamente coibentato all’interno con pannelli e teli isolanti.
A tali evidenze si aggiungeva poi l’individuazione di un terreno destinato a piantagione di marijuana c.d. “sativa” in uso alla compagna dell’uomo, al cui interno venivano rinvenute numerose piante risultate avere un livello di THC nettamente superiore a quello previsto dalla normativa vigente.
Secondo il Tribunale di Napoli, in accoglimento della tesi sostenuta nell’atto di appello della Procura di Benevento, la coltivazione su consistente scala predisposta dall’indagato e riscontrata dalla pg operante era del tutto esorbitante rispetto ad un uso personale e terapeutico.
L’ingente quantità di semi di cannabis, nonché le 22 piante di marijuana rinvenute nella disponibilità dell’arrestato, a parere del Tribunale del riesame, consentivano di ritenere sussistenti gravi indizi di colpevolezza in ordine alla condotta di coltivazione illecita di marijuana, ben organizzata, stabile e ragionevolmente destinata allo spaccio, non essendo compatibili le quantità sequestrate, i mezzi predisposti e le semenze rinvenute con un uso meramente personale sia pur terapeutico.
La misura oggi eseguita è una misura cautelare avverso cui sono ammessi mezzi di impugnazione e il destinatario della stessa è presunto innocente fino a sentenza definitiva.
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