Pedopornografia, Don Nicola: confermata la sentenza di primo grado. Condanna a 3 anni e 6 mesi per l’ex parroco di S. Modesto

Pedopornografia, Don Nicola: confermata la sentenza di primo grado. Condanna a 3 anni e 6 mesi per l’ex parroco di S. Modesto

BeneventoCronaca

La Corte di Appello ha confermato la sentenza di primo grado per Don Nicola De Blasio, l’ex parroco di San Modesto e direttore della Caritas, accusato di detenzione e condivisione di materiale pedopornografico.

Per lui, dunque, così come deciso dal Tribunale in primo grado, condanna a 3 anni e 6 mesi. Così ha deciso il Gup di Napoli, confermando quanto sancito dal giudice di prime cure.

Come si ricorderà, a Don Nicola, difeso dagli avvocati Massimiliano Cornacchione e Vincenzo Sguera, inizialmente fu addebitata la detenzione di 950 file e 95 filmati pedopornografici; tuttavia, successivamente, la sua posizione si è aggravata, in quanto accusato di aver condiviso alcuni video.

Attualmente il De Blasio si trova ristretto in una struttura ecclesiastica di Faicchio dove è ai domiciliari.

Avverso alla sentenza di secondo grado, emessa oggi dalla Corte dei Appello, i legali dell’ex parroco di San Modesto proporranno ricorso alla Suprema Corte si Cassazione.

Processo d’appello a novembre per don Nicola De Blasio

Processo d’appello a novembre per don Nicola De Blasio

BeneventoCronaca

Secondo quanto riportato dal quotidiano “Il Mattino” di quest’oggi, sarà celebrato il prossimo 8 novembre presso il Tribunale di Napoli il processo d’appello per don Nicola De Blasio, la cui vicenda giudiziaria inizia nel 2021, allorquando l’ex parroco della chiesa di San Modesto e direttore della Caritas di Benevento.

Accusato di detenzione e scambio di materiale pedopornografico, era stato condannato dal gup di Napoli a 3 anni e 6 mesi con rito abbreviato.

Inizialmente gli fu addebitata la detenzione di 950 file e 95 filmati pedopornografici, tuttavia, successivamente, la sua posizione sembra si sia aggravata, in quanto, accusato di aver condiviso alcuni video.

Attualmente il De Blasio si trova ristretto in una struttura ecclesiastica di Faicchio dove è ai domiciliari ed è difeso dagli avvocati Vincenzo Sguera e Massimiliano Cornacchione.

Tre anni e sei mesi per Don Nicola De Blasio

Tre anni e sei mesi per Don Nicola De Blasio

BeneventoCronaca
L’ex parroco, difeso dagli avv.ti Sguera e Cornacchione, sconterà la pena – in attesa dell’appello – agli arresti domiciliari presso una struttura di Faicchio.

Don Nicola de Blasio, ex parroco della Chiesa di San Modesto ed ex direttore della Caritas diocesana è stato condannato, dal Tribunale di Napoli, a tre anni e sei mesi.

Questa, dunque, la decisione dei giudici partenopei, chiamati, come noto, a decidere sui capi di imputazione che gravavano sulla testa dell’ex parroco: detenzione e condivisione di materiale pedopornografico.

Sentenza che, ovviamente, non è definitiva e che sarà oggetto di appello da parte dei difensori dell’ex parroco, avv.ti Vincenzo Sguera e Massimiliano Cornacchione. Come si ricorderà, la pubblica accusa aveva chiesto 5 anni di reclusione in carcere per il prete (in carcere dal 23 novembre 2021); pena ridotta a 3 anni e sei mesi e negli arresti domiciliari che don Nicola sconterà presso una struttura di Faicchio.

Nei prossimi giorni, letta la motivazione posta alla base della decisione dei giudici, si potrà verificare e accertare se sono stati ritenuti sussistenti tutti e due i capi di imputazione o se, al contrario, la riduzione della pena, così come determinata dai giudici (rispetto alle richieste del PM) è da “giustificare” con l’esclusione di uno dei due capi di imputazione.

San Modesto, è Don Leonardo Lepore il nuovo parroco

San Modesto, è Don Leonardo Lepore il nuovo parroco

AttualitàBenevento Città

L’arcivescovo Felice Accrocca ha sciolto le riserve relativamente all’eredità di Don Nicola De Blasio che, per i noti fatti cui è chiamato a rispondere, oltre due mesi e mezzo fa si dimise da parroco della Chiesa di San Modesto.

Sarà Don Leonardo Lepore il nuovo amministratore parrochiale di “San Modesto” di Benevento; Don Antonio Fragnito, invece, sarà amministratore parrocchiale di “Santa Maria del Bosco” a Paupisi.

Inoltre, l’Arciv. Accrocca ha nominato: in data 21 dicembre 2021 il rev.do sacerdote don Stefano Di Matteo, Parroco dei “Santi Giorgio e Leonardo” in Roccabascerana (AV), già Amministratore parrocchiale dall’8 settembre 2017; in data 13 gennaio 2022 Il rev.mo sacerdote mons. Pietro Florio, Parroco di “San Ciriaco” in Foglianise (BN), già Amministratore parrocchiale dal 4 agosto 2018.

Don Nicola, il Riesame respinge il ricorso: il sacerdote dovrà restare in carcere

Don Nicola, il Riesame respinge il ricorso: il sacerdote dovrà restare in carcere

BeneventoCronaca

Dovrà restare in carcere Don Nicola De Blasio, l’ex parroco d San Modesto indagato per detenzione di materiale pedopornografico. Così ha deciso il Tribunale del Riesame di Napoli che ha, dunque, rigettato il ricorso presentato dai legali del sacerdote, Avv. Massimiliano Cornacchione e Avv. Vincenzo Sguera, contro l’ordinanza emessa lo scorso 23 novembre dal Gip di Napoli che aveva determinato il trasferimento nell’istituto penitenziario dell’indagato, sino a quel momento sottoposto agli arresti domiciliari.

Si ricorderà, difatti, che il parroco è agli arresti dallo scorso 3 novembre, quando a seguito di una perquisizione domiciliare furono rinvenuti all’interno del suo pc alcuni file contenenti foto e video di natura pedopornografica. Il tutto stimolato dalle indagini della procura di Torino.

Il sacerdote si era giustificato facendo riferimento a un’indagine da lui avviata sul fenomeno della pedopornografia nel mondo ecclesiastico, poi interrotta resosi conto dell’illegalità della sua condotta. Il prete, inoltre, aggiunse che tali circostanze erano temporalmente riferibili al 2015/16 e che da allora non aveva più visionato e/o utilizzato quei file.

Tesi confermata anche nel successivo interrogatorio di garanzia ma che ad oggi non trova riscontri fattuali, che la difesa ritiene, però, di poter rinvenire con la perizia informatica con la quale si dovrà dare sostanza alla versione dell’ex direttore della Caritas, il quale dovrà rispondere anche dell’ipotesi di diffusione del suddetto materiale in quanto la sua utenza wi-fi è stata rintracciata nel corso di un tracciamento di una chat adibita alla condivisione di materiale. Accuse sempre respinte dal parroco, che sostiene di non aver mai partecipato a nessuna chat del genere e che imputa tale rinvenimento alla circostanza che la sua Wi-fi è aperta e quindi, potenzialmente, utilizzabile da chicchessia.

Don Nicola De Blasio, l’esito dell’interrogatorio: la versione del sacerdote in merito allo scambio di file

Don Nicola De Blasio, l’esito dell’interrogatorio: la versione del sacerdote in merito allo scambio di file

BeneventoCronaca

Non ho mai scambiato materiale pedopornografico“, questo, in estrema sintesi, quanto dichiarato (di nuovo) da Don Nicola De Blasio nel corso dell’interrogatorio tenutosi questa mattina in videoconferenza. Dall’altra parte il Gip del Tribunale di Napoli, cui quello di Benevento aveva trasmesso per competenza gli atti e al quale l’ex parroco di San Modesto ha confermato quanto sostenuto finora. Ovvero, il sacerdote ha nuovamente giustificato la presenza di quei file all’interno del suo pc in virtù di una indagine sul fenomeno della pedopornografia all’interno del mondo ecclesiastico da lui avviata e, poi, interrotta nel momento in cui si è reso conto dell’illiceità della propria condotta. Ha, altresì, confermato di non aver mai più visionato quel materiale che è rimasto, dunque, inutilizzato dal 2016.

Il prete ha, inoltre, rispedito al mittente ogni addebito relativo a una sua partecipazione a una chat -finita nel mirino degli inquirenti- da cui risulterebbe uno scambio di file pedopornografici risalente allo scorso febbraio e dal quale è originato il tutto.

Saranno, dunque, gli accertamenti tecnici -alcuni già compiuti come nel caso di quelli “irripetibili” – a permettere di dare contorni più delineati a una vicenda che ha scosso particolarmente l’opinione pubblica.

L’ex direttore della Caritas resta, intanto, almeno per il momento in carcere, lì da dove ha risposto alle domande poste nel corso dell’interrogatorio odierno e dove è stato tradotto in seguito all’inasprimento della misura cautelare deciso dal Tribunale di Napoli. Si ricorderà, infatti, che Don Nicola De Blasio, in un primo momento sottoposto alla misura degli arresti domiciliari, è stato poi trasferito nel carcere di Capodimonte in seguito al provvedimento emesso dal Tribunale di Napoli (cui-come detto prima- erano stati trasmessi gli atti), in quanto ritenuto sussistente il pericolo di reiterazione del reato con l’ipotesi della condivisione del materiale illecito riguardante minori.

Don Nicola. Mentre la giustizia inizia il suo corso, il Tribunale social ha già deciso. Ma l’Italia è ancora un Paese garantista o no?

Don Nicola. Mentre la giustizia inizia il suo corso, il Tribunale social ha già deciso. Ma l’Italia è ancora un Paese garantista o no?

Mentre sui social si procede con i processi sommari, proviamo a porci due domande sulla vicenda senza avere la presunzione di conoscere la verità.

Se si è in cerca di sentenze definitive, siano esse di condanna o di assoluzione, questo non è il “luogo” giusto. Chi si aspetta ciò può anche non andare oltre con la lettura.

Decidere sulla colpevolezza o l’innocenza di Don Nicola De Blasio, arrestato con l’accusa di detenzione di materiale pedopornografico (leggi qui) sarà compito della Magistratura, non certo il nostro. Né tantomeno dei social che in buona parte, apprendendo la notizia, hanno già deciso, schierandosi dall’una o dall’altra parte delle due fazioni che si sono immediatamente create: tra chi, senza dubbio e senza bisogno di attendere gli sviluppi del procedimento o la versione dell’incolpato, ne ha già urlato la reità; e chi, più o meno allo stesso modo, ne urla con fede incrollabile l’innocenza.

E’ chiaro, comprensibile e umano che una notizia del genere abbia creato un certo scompiglio emotivo, sia in chi conosce Don Nicola di persona, che in chi ha assistito e apprezzato -magari a volte distrattamente e da lontano- il suo impegno civico e a difesa degli ultimi, nelle vesti di parroco e non.

Lungi da noi, però, voler procedere a una difesa d’ufficio. Non è questo l’intento. Qui si vogliono far rilevare due aspetti, diciamo collaterali, della vicenda.

Il primo è l’apparente -per alcuni- venir meno del principio della presunzione d’innocenza, che è un principio del diritto penale a mente del quale un imputato è considerato non colpevole sino a condanna definitiva, vale a dire, sino all’esito del terzo grado di giudizio emesso dalla Corte Suprema di Cassazione. Ricordiamo a costoro che l’essere sottoposto a indagini o a misure cautelari non è sinonimo di colpevolezza; per comprenderlo non bisogna aver studiato il diritto ma basta ragionare secondo logica: così non fosse, i processi non si terrebbero ma la decisione verrebbe presa solo sulla base delle risultanze delle indagini preliminari. Stante che non risultano ad oggi modifiche dell’assetto del nostro diritto penale, Don Nicola De Blasio per la legge penale italiana è innocente. Fino a prova contraria; prova che, per essere oltremodo chiari e precisi, deve essere fornita dall’accusa. La stessa – la prova- deve essere tale da convincere il giudice della colpevolezza dell’imputato (l’indagato diviene tale dopo l’elevazione del capo d’imputazione; fino a quel momento si parla di indagato) oltre ogni ragionevole dubbio. Questo giusto per sottolineare quanto è pregnante nel nostro sistema di valori il principio garantista. Ovviamente questo non vuol dire che Don Nicola sia innocente, che non abbia commesso il fatto o che le indagini svolte finora non abbiano rilevanza. Significa, semplicemente, che siamo in una fase embrionale di un procedimento -eventualmente- lungo e complesso che consterà, in caso di rinvio a giudizio, di tanti altri atti e fasi.

L’altro spunto di riflessione ci è dato dai tanti che appresa la notizia, l’hanno commentata dicendosi non sorpresi e facendo intendere più o meno chiaramente come la stessa fosse di “dominio pubblico” o, comunque, nota ai più. A questi vien da chiedere il perché, allora, se erano a conoscenza di situazioni /o fatti di una simile gravità hanno preferito essere omertosi e non denunciare? Queste persone, ammesso che non si tratti solo di chiacchiericci e vulgate populiste, sono consapevoli della gravità del loro silenzio?

Quel che è certo è che bisogna stare molto attenti nei giudizi e, soprattutto, con quelli sommari, senza dimenticare che in un caso e nell’altro si rischia di “giocare” con la dignità e i sentimenti dell’una o dell’altra parte in causa. Dietro a queste notizie, indipendentemente dalla “fazione” in cui si intende schierarsi, bisogna ricordare che ci sono delle persone: spesso delle vittime innocenti e, qualche volta, dei presunti “colpevoli” poi scoperti innocenti.
Per questo, forse, è il caso di chiudere temporaneamente i tribunali social e attendere, con pazienza e fiducia, il corso della giustizia.