Peppe Servillo con “L’anno che verrà” trascina il pubblico beneventano sulle note di Lucio Dalla

Peppe Servillo con “L’anno che verrà” trascina il pubblico beneventano sulle note di Lucio Dalla

Cultura

Splendida esibizione di Peppe Servillo al Teatro Vittorio Emmanuele” di Benevento con lo spettacolo “L’anno che verrà”, progetto di un viaggio attraverso le musiche di Lucio Dalla realizzato insieme a Javier Girotto ( sax soprano e baritono) e Natalio Mangalavite ( piano, tastiera e voce).

Servillo, cantante ed attore casertano, ha debuttato nel 1980 con il gruppo degli Avion Travel con i quali, nel 2000, vince il Festival di Sanremo con la canzone “Sentimento”. Autore di canzoni interpretate da Fiorella Mannoia e Patty Pravo, è anche autore di colonne sonore, attore cinematografico e teatrale.

Ci piace ancora ricordare che l’argentino Natalio Mangalavite è stato una solida spalla per jazzisti come Paolo Fresu e Horacio ‘El Negro’ Hernandez, oltre che per Ornella Vanoni, ma anche che Javier Girotto, anch’egli argentino, è conosciuto in Italia grazie al successo del suo gruppo Aires Tango oltre che alle collaborazioni con i principali jazzisti di casa nostra, tra cui Enrico Rava, Fabrizio Bosso, Paolo Fresu, Gianluca Petrella.

L’esibizione, giunta al suo  secondo appuntamento da programma, rientra nell’idea della stagione artistica dell’Accademia di Santa Sofia, progetto artistico di grande prestigio declinato per favorire la valorizzazione del territorio e, nello stesso tempo, per inserirlo nello scenario artistico e culturale nazionale. L’evento vede la direzione artistica di Filippo Zigante e Marcella Parziale con la consulenza scientifica di Aglaia McClintock.

La serata è stata presentata da Maria Buonaguro, presidente degli “Amici dell’Accademia” e dalla consulente artistica Marcella Parziale.

Lo spettacolo è stato preceduto, come ormai da tradizione della kermesse artistica, per l’occasione, da una relazione di Aglaia McClintock intorno al tema “Traiano, la vedova e un posto in paradiso”. Brevi pillole di carattere scientifico, storico, giuridico ed economico, a cura dell’Università degli Studi del Sannio e del Conservatorio “Nicola Sala” di Benevento.

Dopo aver ricordato che Traiano è stato “il più giusto tra gli imperatori romani”, la McClintock ricorda che a lui è dedicato l’arco romano che arricchisce il patrimonio storico/artistico della nostra città, monumento in memoria dell’  “optimus princeps”, il più giusto tra gli imperatori romani  e forse proprio per questo Traiano è posto da Dante in Paradiso, nonostante fosse un pagano.

La misura della sua giustizia è data soprattutto da un episodio nel quale egli, pur prossimo a partire per una guerra, fermò il suo esercito ed accolse le suppliche di una matrona romana che aveva perso il marito ed un figlio in guerra e che chiedeva giustizia.

L’episodio, ricorda la McClintock , è ricordato in una delle formelle che adornano il nostro Arco di Traiano cittadino.

E’ seguito poi l’ingresso sul palco del trio Servillo, Girotto, Mangalavite, accolto da un caloroso applauso da un teatro in sold aut.

La simpatia e l’abilità artistica di Servillo hanno subito rapito i presenti, trascinandoli nella rassegna di alcuni tra i brani più famosi del repertorio di Lucio Dalla, partendo da “Soli io e te”, “Tu non mi basti mai”, “La casa in riva al mare”.

Dalla è risuonato nella sala imperioso e ammaliante, ma, considerato lo stile interpretativo di Servillo, a noi è sembrato che l’interpretazione sia stata solo un’occasione per fare musica a livelli diversi e seducenti, la voce dell’artista casertano, molto diversa da quella del cantautore bolognese, è stata solo la compagna di un’arte da palcoscenico fatta di comunicazione corporea e del viso, di un parlare sonoro e fisico che, inaspettatamente, colpiva nella memoria e nell’anima,  quasi in un processo ipnotico che trascinava in uno spazio musicale sconosciuto, ma avvincente.

Girotto e Mangalavite, accompagnando in modo trascinante e abile l’amico Servillo, si sono ritrovati nella condivisione delle canzoni di Lucio Dalla riconoscendo, nella sua musica, la possibilità di ritornare alla loro cultura sud americana senza enfasi o particolari travolgimenti, in un incastro musicale che ha permesso di riscrivere canzoni ogni volta “nuove”, ma rispettose dello stile del grande Dalla e del suo stile “millegeneri” con radici beat, jazz, rock e pop, ma soprattutto attento alla vita di ogni giorno, ai bisogni umani anche dei più umili.

L’origine argentina dei due terzi dell’ensamble ha consentito al gruppo di avvicinarsi alla musica italiana degli ultimi cinquanta anni, con il dovuto rispetto per essa, ma anche con la necessità di arrangiarla in modo nuovo ed inatteso, permettendo l’approccio immediato a grandi brani come “Caruso”, “4 Marzo ‘43”, “Anna e Marco”, “Felicità”, “Balla balla ballerino”, “Se io fossi un angelo”.

Ricordiamo però, soprattutto il brano che ha dato il titolo alla serata : “L’anno che verrà”, canzone che invita a prepararsi al nuovo anno, per quanto possibile, partendo dai propri sentimenti e, come lo stesso Dalla disse: “L’unico miracolo che possiamo fare è quello su di noi, senza vedere sempre il nero, il terribile”, infatti afferma in conclusione del brano: “L’anno che sta arrivando tra un anno passerà. Io mi sto preparando, è questa la novità”, pensieri d’autore  riproposti, nella serata,  in una chiave nuova ed originale che ha coinvolto tutto il pubblico.

Servillo non ha voluto dimenticare brani meno conosciuti del repertorio di Dalla come “La casa in riva al mare”, ma anche la musica di evasione e politica come “L’operaio Girolamo”, brano emozionante nella sua composizione e nei temi trattati.

Serata dunque di grande musica, da quella di Dalla a quella proposta in stile evocativo e reinterpretativo da Servillo, Girotto e Mangalavite con un taglio latino-americano e realizzata con la sapiente musica ed arabeschi della tastiera e del sax e baritono, con la interpretazione di un Servillo brillante e coinvolgente, un tuffo in un mare di emozioni spirituali e fisiche accompagnato da un’arte comunicativa speciale che ha fatto riscoprire testi e melodie note e d’autore, ma riletti in modo sorprendente e particolarmente efficaci.

“Io, il cinema e la poesia”: Giancarlo Giannini  fa sognare il pubblico del Teatro Vittorio Emmanuele di Benevento (FOTO)

“Io, il cinema e la poesia”: Giancarlo Giannini fa sognare il pubblico del Teatro Vittorio Emmanuele di Benevento (FOTO)

Cultura

Nella serata di venerdì 25 ottobre, nell’intimo e caldo Teatro “Vittorio Emmanuele” di Benevento, in occasione dell’apertura della stagione artistica dell’Accademia di Santa Sofia, progetto culturale radicato nella realtà campana, ma attento ed inserito nel contesto dello scenario artistico nazionale, è stato ospite della prima serata l’attore, doppiatore e regista italiano Giancarlo Giannini, in una piéce dal titolo Io, il cinema e la poesia“, il tutto a cura del maestro Davide Cavuti.

La serata è stato un viaggio attraverso il cinema e la poesia, un percorso arricchito dall’accompagnamento musicale di Davide Cavuti alla fisarmonica, di Antonio Scolletta al violino e Franco Finucci alla chitarra, con la produzione di “MuTeArt produzioni”.  

La serata è stata presentata da Maria Bonaguro, presidente degli “Amici dell’Accademia” e dalla consulente artistica Marcella Parziale, alle quali è seguita una lezione di Gerardo Canfora, Rettore dell’Università degli Studi del Sannio, intorno al tema: “Quale università per quale paese?”.

Il preludio alla serata da parte del Rettore, è stato un excursus sulla storia della diffusione delle università nel nostro paese dal 1963, tempo nel quale la maggior parte degli atenei si trovavano nel nord Italia e l’affluenza, in maggioranza maschile , era limitata a poche migliaia. Con il tempo si è assistito ad un diffondersi  delle università in tutto il paese che hanno visto un incremento significativo dei suoi frequentanti, moltissime attualmente le donne, un boom che, tuttavia, non è pari a quello europeo.

Egli ha lamentato l’incremento delle università telematiche, prive del rapporto diretto con i docenti e con la community di un campus universitario, laddove tale limitazione incide sulla mancanza di occasioni per un individuo e dunque la mancanza di occasioni per una intera società.

Infine, il Rettore, lamentando la modestia dei sovvenzionamenti pubblici per le università, ha sottolineato come l’ignoranza sia molto più costosa dell’istruzione.

Sul palco, a seguire, è giunto Giancarlo Giannini con la sua band musicale, accolto da un grande e caloroso applauso del numerosissimo pubblico presente; egli ha aperto il suo intervento con una serie di proiezioni video di alcuni dei suoi lavori cinematografici più famosi, in una remembrance di sue collaborazioni con grandi artisti quale, fra i tanti, Mariangela Melato, per non dimenticare  Monica Vitti, Sophia Loren, Jane Fonda, Vittorio Gassman e ancora, Marcello Mastroianni, Daniel Craig, Denzel Washington, e mille altri.

Più di 130 i film da lui interpretati tra il 1965 ed il 2021, per non dimenticare le sue partecipazioni al teatro, alla televisione, le sue regie e soprattutto il tanto doppiaggio di attori come Jack Nichholson, Gérard Depardieu, Jeremy Irons, Dustin Hoffman (nel Maratoneta), Ian McKellen (in Riccardo III), Ryan O’Neal (in Barry Lyndon) e Leonard Whiting.

Egli ha ricordato, oltre al suo percorso artistico, con tanta simpatia, anche le sue collaborazioni con grandi registi come Visconti per il film “L’innocente”, Mario Monicelli e Sergio Corbucci, grandi personaggi del cinema, ma soprattutto, racconta, grandi persone.

La serata si è poi sviluppata attraverso la lettura, da parte di Giannini, di una serie di poesie e brani di grandi opere teatrali e, come se stesse chiacchierando e scherzando tra amici, da una parola è riuscito a ricordare poesie soprattutto dedicate alle donne, come quelle di Pasolini, Gabriel Garcia Lorca, Pedro Salinas, Dante Alighieri, D’Annunzio e la sua “Pioggia nel pineto”, Leopardi, un brano di William Shakespeare, Pablo Neruda e tanti altri autori famosi.

Sollecitato da Cavuti, Giannini ricorda anche la sua partecipazione al Festival di Sanremo del 2006 in un omaggio a Domenico Modugno ed al suo pezzo “L’uomo in frack”, brano ovviamente più recitato a modo suo che cantato.

Inutile dire che i passaggi più belli e coinvolgenti sono stati quelli nei quali ha recitato brani famosi come il monologo di Puck de il  ‘Sogno di una notte di mezza estate” e “La morte di Cesare” di William Shakespeare, passaggi che hanno portato tutti i presenti dalla leggerezza di una risata alla piena consapevolezza della interiorità di se stessi e della vita e, da grande interprete, in un afflato di pause nella recitazione che ha portato i presenti nell’attimo di una riflessione e di un evento storico, quasi a ”toccare” con mano pensieri e sentimenti violenti e profondi.

Ricordiamo brevemente i tanti riconoscimenti ricevuti da Giannini nella sua carriera come 1 premio al Festival di Cannes, 6 premi David di Donatello e 5 premi Nastri d’Argento, tra gli ultimi riconoscimenti che ha ricevuto, quello per “Miglior attore protagonista” (David 2002) per la pellicola “Ti Voglio Bene Eugenio”, 1 Nomination agli Oscar come Miglior attore per il film ” Pasqualino sette bellezze” di Lina Wertmüller,  per non dimenticare che nel 2023 ha ricevuto una stella sulla Hollywood Walk of Fame a Los Angeles.

Ci piace ricordare infine che le pause recitative di Giannini, nella serata in parola, sia nella recitazione che nella poesia,  hanno trascinato tutti lungo la strada dell’attesa della parola successiva, in un indugio simile ad un annaspare in cerca di un appiglio che potesse soddisfare la sosta e l’approdo ad un luogo di pace e chiarezza, un percorso il suo, tanto coinvolgente quanto desiderato, una strada di sensibilizzazione tra ciò che si fa e ciò che si è che solo un grande attore come Giannini può regalare.

Lo stesso attore del resto ha ricordato che sognare non è sbagliato, il caos quotidiano fa male, i sogni invece non solo non fanno male, ma anzi sono necessari alla vita.

Se è vero inoltre che la poesia era considerata, in tempi antichi, verità trasmessa dagli dei, vogliamo ricordare che la poesia letta e recitata da Giannini con una naturalezza simile a quella dei suoi autori,  nella magica serata beneventana, è diventata aria da respirare a pieni polmoni, bisogno umano che, grazie al suo interprete, è stato pienamente soddisfatto, oltrepassando la pura sequenza di rime e di parole, non più arido ricordo scolastico, ma messaggio di verità e vita.

La straordinaria voce di Antonella Ruggiero rapisce il pubblico del S.Agostino di Benevento

La straordinaria voce di Antonella Ruggiero rapisce il pubblico del S.Agostino di Benevento

AttualitàBenevento Città

 Serata quasi magica all’Auditorium S. Agostino di Benevento, nella serata del 25 maggio, con la voce straordinaria di Antonella Ruggiero nel suo “Concerto versatile”.

Artista ed interprete di grande spessore della musica italiana, si distingue per la sua elevata estensione vocale, cosa che le permette di muoversi con abilità e capacità dal registro pop a quello della musica classica, il tutto interpretando vari generi musicali quali la musica sacra, quella popolare, il soul, il blues e il jazz .

Sold aut all’Auditorium per la perfomance della Ruggeri, momento del percorso artistico programmato dall’Accademia di Santa Sofia in collaborazione con il Conservatorio “Nicola Sala” di Benevento, l’Università del Sannio e, da quest’anno, con la banca Bpm.

Hanno aperto l’evento i saluti di Maria Bonaguro, presidente degli “Amici dell’Accademia” e di Marcella Parziale, consulente artistica dell’Accademia stessa.

La serata è stata anticipata dall’intervento di Antonella Tartaglia Polcini, docente di Diritto Privato presso l’Unisannio nonché assessore alla cultura del comune di Benevento, intorno al tema “Il tempo del diritto”. Ella ha introdotto la sua relazione chiedendo e chiedendosi se fosse il tempo sovrano del diritto o il diritto sovrano del tempo.

Il tempo prevale sul diritto o è il diritto a dare significato al tempo? Ovviamente è il tempo a vincere , quest’ultimo cambia con il procedere degli eventi e delle società. Un esempio di tale prevalenza del tempo è dato dalla procedura dell’usucapione, processo giuridico che riconosce il diritto di proprietà a seguito di un possesso continuato del bene. Ovviamente tale diritto, ella dice, si perde con la prescrizione. Esiste poi un diritto soggettivo ed uno oggettivo che cambia con il tempo della storia e della società.

Grande applauso è poi seguito a tale relazione, per l’ingresso sul palco dell’Orchestra del Conservatorio “Nicola Sala”, diretto da Francesco D’Ovidio, con arrangiamenti e orchestrazione di Umberto Aucone, compagine artistica composta da giovani musicisti che, con la loro arte e capacità interpretativa, hanno accompagnato Antonella Ruggiero nel suo concerto, artista al cui ingresso, il numeroso pubblico presente ha tributato una calorosa accoglienza.

La sua esibizione è iniziata con il brano “Amore lontanissimo”, pezzo musicale scritto dalla stessa Ruggiero e presentato da lei al Festival di Sanremo del 1998. Brano dolcissimo ed appassionato di un amore lontano, ma forte.  A seguire ella ha interpretato “Solo tu”, altro brano famoso, conosciuto ed amato che ha coinvolto i presenti con il suo ritmo incalzante e appassionato.

A seguire l’artista ha modulato la sua voce per “Canzone dell’amore perduto” , brano scritto da Fabrizio De Andrè che ha praticamente trascinato molti del pubblico nel ricordo dei propri sentimenti al punto di cantarla insieme alla Ruggiero che, ovviamente, sovrastava altre voci con il suo timbro vocale caldo e potente.

La voce della Ruggiero, incurante del tempo e della sua lunga storia di interprete, è stata capace di scivolare tra note, sentimenti, ricordi e speranze dei tanti presenti in modo prepotente e nello stesso tempo leggero ed ammaliante, in modo particolare in occasione dell’interpretazione del brano “Per un’ora d’amore”, pezzo forte del gruppo “Matia Bazar” di cui la Ruggiero ha fatto parte dal 1975 al 1989, anno in cui ella lasciò il gruppo stesso ed intraprese la sua carriera da solista.

La Ruggiero è stata ed è, prima con i “Matia Bazar” e poi da sola, straordinaria interprete che ha saputo unire alla sua voce potente ed armoniosa, un forte desiderio di spaziare stili musicali e sonorità che andassero oltre i confini del linguaggio musicale tradizionale e, per questo motivo, ella è, ancora oggi, incurante del tempo che passa, significativa interprete della musica italiana.

L’interpretazione della canzone “Vacanze romane” ha poi, letteralmente, fatto sognare l’intero pubblico, anche questo brano cantato con i “Matia Bazar” e presentato a San Remo nel 1983. Canzone ricca di eleganza nel testo e nella musica e nello stesso tempo brano di rottura perché eseguito dalla stessa Ruggiero senza utilizzo di chitarre, esso è un richiamo nostalgico ai tempi passati di Roma, ma noi crediamo ai tempi lontani di ognuno di noi.

L’esibizione della Ruggiero è poi stata arricchita da quella alla fisarmonica di Davide Cavuti, compositore, musicista e regista italiano che si è esibito nel brano “Oblivion” di Astor Piazzolla, esibizione a cui il pubblico ha tributato un caloroso e sentito applauso.

Il ritorno sul palco della Ruggiero si è concretizzato con l’esibizione di altri brani come quello vocale/musicale di “Aria sulla IV corda”, del famoso brano “Cavallo bianco” , “Echi di infinito”, Impressioni di settembre” per concludere con il pezzo, altrettanto famoso e conosciuto di  “Ti sento”.

Dopo un secondo interludio da parte di Davide Cavuti, il concerto della Ruggiero si è concluso con un bis, prepotentemente richiesto dal pubblico, per il quale la Ruggiero ha eseguito “Guantanamera”.

Grazie all’Accademia di Santa Sofia dunque, in tantissimi hanno vissuto una serata di musica speciale arricchita da una voce quasi da soprano che, con la sua elevata estensione vocale, i suoi arrangiamenti ed interpretazione, è riuscita a rapire i tanti presenti accompagnandoli in un viaggio di ricordi, ma soprattutto di emozioni e di gioia di vivere.

La recitazione trascinante de “Il fu Mattia Pascal”  di Giorgio Marchesi al  S. Agostino di Benevento

La recitazione trascinante de “Il fu Mattia Pascal” di Giorgio Marchesi al S. Agostino di Benevento

AttualitàBenevento Città

Nella serata di mercoledì 14, negli antichi e seducenti spazi dell’Auditorium S. Agostino di Benevento,  l’attore e mattatore Giorgio Marchesi si è esibito, accompagnato dalle musiche, scritte ed eseguite dal vivo, di Raffaele Toninelli al contrabasso, nella rappresentazione, fedele e scanzonata, de “Il fu Mattia Pascal” di Luigi Pirandello.

La serata è stata presentata da Maria Bonaguro, presidente degli “Amici dell’Accademia” e dalla consulente artistica Marcella Parziale.

La rappresentazione teatrale è stata preceduta da un intervento del prof. Andrea Cusano,  Professore Ordinario. ING-INF/01 – Elettronica. Dipartimento di Ingegneria (DING) presso l’Università Unisannio di Benevento sul tema : “La luce: una potente tecnologia per la salute dell’uomo”.

Nel suo intervento il Cusano ha ricostruito la storia della fotobiomodulazione, termine coniato nel 1890,  nelle terapie mediche già  a partire dal tempo degli egiziani e poi dei romani che usavano i solarium per esposizioni alla luce, soprattutto di colore rosso, per la cura delle malattie della pelle dei pazienti.

 Dopo secoli di abbandono di tale terapia, la fototerapia fu ripresa solo intorno al 1890 da un medico danese che, affetto da leucemia, si accorse che, dopo un’esposizione alla luce solare, la sua condizione generale migliorava.  Utilizzando la luce rossa, egli riuscì a curare, per la prima volta il vaiolo. Riuscì anche a curare, con la fototerapia, 800 pazienti affetti da lupus vulgaris e da malattie della pelle. lo studio gli consentì di vincere un premio Nobel.

Con il passare del tempo, tale terapia divenne sempre più conosciuta ed usata anche grazie allo sviluppo della tecnologia, come l’invenzione del laser. Egli ricorda infine la funzione della luce nella fotosintesi clorofilliana e, allo stesso modo, sottolinea, la luce ha effetti vantaggiosi sul corpo umano favorendo la rimarginazione delle ferite.

Dopo l’interessante intervento scientifico, compare sul palco, accolto da un caloroso applauso,  Giorgio Marchesi, accompagnato dal musicista Raffaele Toninelli e subito appare chiara la simbiosi perfetta tra recitazione e musica che riempiono il palco caratterizzato da una scenografia fissa ed essenziale.   Il romanzo di Pirandello prende subito vita attraverso la voce e la recitazione decisa ed emozionata di Marchesi che, senza un attimo di sosta, in un monologo incessante e quasi senza pause, inizia raccontando la vita di un giovane piccolo borghese al centro di una vicenda paradossale.

Il Mattia di Marchesi veste un frac bianco, un cilindro nero e indossa degli anfibi neri, quasi ad avvicinarsi al mondo dei giovani di oggi e, nello stesso tempo, accompagna il pubblico nelle pagine del romanzo di Pirandello. A raccontare è Mattia Pascal che si presenta come soggetto di una storia unica che è riuscito a vivere due vite.

L’interpretazione di Giorgio Marchesi è esilarante sin dalle prime battute, con vivacità e simpatia il Pascal ricorda la sua giovinezza spensierata a Miragno e la perdita del patrimonio familiare dopo la morte del padre per colpa del cattivo amministratore Batta Malagna e del suo matrimonio con la figlia Romilda, donna di cui non è innamorato. Alla morte di sua madre, il fratello Berto gli affida 500 lire per le esequie, danaro che però egli decide di utilizzare per fuggire da una vita che detesta e che spende in un casinò di Montecarlo dove vince una piccola fortuna.

Al suo rientro a Miragno, leggendo un giornale, scopre che lo hanno identificato in una persona morta e, dopo un attimo di rabbia, decide di approfittare delle circostanze per rifarsi una vita e dimenticare il fu Mattia Pascal diventando Adriano Meis. Taglia la sua barba e abbandona la giacca del frac per vestire in maniera colorata, abbandona la forma originaria e si getta nella nuova vita e nella nuova identità, quasi cancellando la sua unicità per diventare “centomila”, immagine delle prospettive degli altri.

Decide di fermarsi a Roma e costruirsi un’altra vita ed un’altra storia, ma, dopo aver conosciuto Adriana, ragazza figlia del suo affittuario, rendendosi però conto di non poter iniziare una vita con lei perché Adriano Meis non esiste,  sente la nostalgia della vita normale e di una identità perduta e, dopo aver lasciato un biglietto sulla banchina del Tevere, facendo pensare ad un suicidio, torna a Miragno.

Qui ritrova l’odiata suocera, la vedova Pescatore e la moglie Romilda che, nel frattempo, si è risposata con Pomino, amico di Mattia, ed ha avuto un figlio.

Paradossale situazione che Mattia affronta, lasciando che le cose vadano come sono, tornando a fare il bibliotecario e, nello stesso tempo, divertendosi a registrare la meraviglia, per la verità modesta nella quantità, dei tanti che lo incontrano e lo rivedono vivo, divertendosi inoltre, ad andare sulla sua tomba e decidere di scrivere un memoriale sulla sua vita.

Singolare il modo con cui Marchesi si cala, non solo nel suo personaggio, ma, di volta in volta, nei diversi soggetti della storia, con la voce e con la postura del corpo, con i toni di invettiva e offesa e quelli di carezzevole affetto, il tutto in una mimica aggressiva e canzonatoria che porta i presenti a vivere con lui la inverosimile vicenda del fu Mattia Pascal, uomo che, come racconterà in un altro romanzo, Pirandello definirà “Uno, nessuno e centomila”.

Ricordando che la regia del lavoro presentato è dello stesso Marchesi,  ci preme evidenziare come sia stata perfetta la presentazione del romanzo attraverso le musiche del Toninelli che, facendo da sfondo e coprotagonista del racconto, hanno consentito al pubblico di apprezzare il lavoro di Pirandello, reso dalla ottima recitazione ironico e leggero nella lettura,  ma soprattutto di viverlo come modello del presente e monito ad evitare di ricorrere, perché inutile e inefficace, alla fuga dalla realtà e dalla propria identità, caratteristiche uniche che rendono ciascuno definibile e riconoscibile e regalano dunque il senso della vita.  

Benevento, serata magica con Salvatore Accardo al Sant’Agostino

Benevento, serata magica con Salvatore Accardo al Sant’Agostino

Cultura

Nella magica atmosfera dell’Auditorium Sant’Agostino di Benevento, gioiello medioevale del Rione Trescene ed oggi polo dell’Università degli Studi del Sannio, in sold out per l’evento musicale in cartellone nel programma della stagione artistica 2023-2024 dell’Accademia di Santa Sofia, il violinista internazionale Salvatore Accardo, accompagnato dalla pianista Laura Manzini e dal contrabasso di Ermanno Calzolari, ha incantato il pubblico presente con un concerto nel quale sono risuonate, nell’antico spazio, le melodie di Mozart, Beethoven e Bottesini.

Dopo la presentazione dell’evento da parte di Maria Bonaguro, presidente degli “Amici dell’Accademia” e del parere artistico di Marcella Parziale, grazie anche alla consulenza scientifica di Aglaia McClintock, l’esibizione musicale è stata preceduta dall’intervento di Caterina Meglio, Presidente del CDA del Conservatorio “Nicola Sala” di Benevento, intorno al tema “Integrazione dei Principi ESG nella Nuova Imprenditoria”.

La Meglio ha presentato il tema della sostenibilità, come sistema necessario per soddisfare i bisogni della generazione presente e futura. Ella ha affermato che gli obiettivi di sviluppo sostenibile consentono la realizzazione di un nuovo modello di società, essi infatti presuppongono il ricorso a criteri di maggiore responsabilità nei confronti della collettività e sono in grado di evitare il collasso dell’ecosistema terrestre.

Anche nell’amministrazione di un Conservatorio, ha affermato, la sostenibilità entra con forza con l’insegnamento della musica come elemento della cultura, quest’ultima asse portante dell’immensità culturale di tutti i cittadini europei, come affermato da Ursula von der  Leyen, Presidente della Commissione europea, nell’ultimo discorso sullo stato dell’Unione.

Un grande applauso ha accolto poi sul palco Salvatore Accardo che, accompagnato dal tocco preciso e avvolgente di Laura Manzini al pianoforte, ha iniziato la sua esibizione con la Sonata per violino e pianoforte in Sol maggiore KV 301 di Wolfgang Amadeus Mozart.

L’ arte musicale di Accardo spazia normalmente a 360° dalla musica barocca a quella contemporanea, ma il suo talento violinistico, nella serata beneventana, si è espresso attraverso grandi classici della musica, a partire dallo stile austro-tedesco di Mozart per proseguire con Beethoven, del quale ha, di seguito,  interpretato la Sonata per violino e pianoforte in la maggiore op.30 n.1 .

Incantati dalle armonie del violino e del pianoforte, i presenti hanno assaporato la musica come brivido dell’anima, linguaggio di amore, paura e speranza, suono armonioso che squarcia il silenzio e trasmette emozioni, pensieri intimi e collettivi, quasi in un cammino di scoperta di se stessi e del mondo che ci circonda e abbraccia, il tutto tra somiglianze e diversità della vita.

Parole/note, quelle del violino di Accardo, che raccontano e urlano la bellezza e l’attimo fuggente dell’ esistenza, che consola e richiama a verità nascoste ed all’immensità del respiro della vita. Le note di Mozart e Beethoven, grazie al violino “parlante” di Accardo, hanno squarciato l’aria con la gioia e la determinazione di una storia che incanta e scuote dal torpore di una monotona e spesso inutile quotidianità.  

L’istante nell’Auditorium è sembrato fermarsi per godere dell’armonia che proveniva dal palco, il silenzio della sala non era lontananza dai suoni, ma viva partecipazione ed immedesimazione alle note che scivolavano veloci quasi ad afferrare il tempo e lo spazio, immobilizzando il presente nell’attimo di ogni nota, il tutto con l’eleganza di un creatore  di vita che vuole accarezzare la natura ed il mondo, con la dolcezza e la determinazione di chi dipinge una tela cui affidare immagini e pensieri che pretendono di essere ascoltati.

Con Bottesini, al violino inizialmente piangente si è accompagnato infine , oltre al pianoforte, il magico   contrabasso di Ermanno Calzolari per eseguire il “Gran Duo Concertante in la minore per violino, contrabasso e pianoforte“. Lo strumento musicale della famiglia dei cordofoni ad arco, si è esibito con i suoi acuti profondi che sembravano uscire  dalle tenebre dei bassi dello strumento e dall’intimo dell’anima per inneggiare poi, insieme al piano ed al violino, alla vita, alla luce, alle emozioni piu’ nascoste del cuore e della mente.

Sul palco i tre strumenti sono sembrati chiamarsi, si accarezzavano, si parlavano e raccontavano le loro storie di armonia e calore umano, il violino, quasi direttore d’orchestra, innalzava i suoi acuti gioiosi riempiendo l’aria e mettendo a tacere ogni timore, ogni delusione, ogni solitudine, ogni paura, regalando vita e respiro del mondo.

Le svisate del contrabasso sembravano raccontare storie di sgomento ma, nello stesso tempo, di armonia e calore umano, in contemporanea il violino innalzava i suoi acuti riempiendo lo spazio intorno e mettendo a tacere ogni timore, ogni delusione, ogni angoscia personale, ogni solitudine, regalando vita e respiro del mondo, mentre, con personalità e decisione, il pianoforte sembrava portare calma e tranquillità ad ogni passione nascosta degli strumenti intorno a lui.

Serata magica quella con Accardo ed i suoi amici musicisti, momento della stagione artistica da ricordare che si è conclusa, dopo i ringraziamenti ad Accardo da parte degli allievi del Conservatorio per la masterclass presso lo stesso Conservatorio, guidata in mattinata dallo stesso Accardo, con un lungo e affettuoso applauso al violinista che, convinto che un esecutore deve mettersi al servizio della musica senza mai sentirsi protagonista, ha dato grande prova del suo talento e del suo amore per l’armonia.

Musica popolare e ritmo con gli “Ars Nova Napoli” al Teatro Comunale di Benevento

Musica popolare e ritmo con gli “Ars Nova Napoli” al Teatro Comunale di Benevento

Cultura

Secondo appuntamento della nuova stagione artistica dell’Accademia di Santa Sofia al Teatro Comunale di Benevento, per l’occasione si sono esibiti gli “Ars Nova Napoli”, una band nata nel 2009 a Napoli ed esibitasi, per i primi anni, nelle strade del centro storico della città partenopea con un repertorio che predilige i canti popolari campani, ma non solo, esaltando, con la loro musica, l’arte di strada come megafono e spaccato della vita quotidiana nella libera espressione artistica.

Dopo la presentazione dell’evento da parte di Maria Bonaguro, presidente degli “Amici dell’Accademia” e della consulente artistica Marcella Parziale, grazie anche alla  consulenza scientifica di Aglaia McClintock, il programma dell’Accademia di Santa Sofia, sempre in fattiva collaborazione con l’Università del Sannio e il Conservatorio di Benevento, ha registrato l’intervento di Giovanni Filatrella, prof. di Fisica Sperimentale dell’Università Unisannio di Benevento, intorno al tema: “La macchina del tempo”.

Egli ha introdotto l’argomento del “tempo” portando i numerosi spettatori a riflettere sul fatto che davanti a noi c’è il passato, come indicato da un popolo dell’Amazonia, un farsi che progettiamo utilizzando conoscenze e nozioni già acquisite, alle spalle c’è invece il futuro, un insieme di fatti e avvenimenti di cui non conosciamo precisamente le dinamiche.

Con il metodo del carbonio 14C, è possibile fare un viaggio nel passato e stabilire con precisione l’epoca di un oggetto di natura biologica, cosa che permette di stabilire non solo l’epoca in cui esso è vissuto, ma anche le sue abitudini di vita quotidiana, ma per guardare al futuro abbiamo bisogno di uno “specchio retrovisore”, dice Filatrella, cioè le equazioni matematiche, le uniche che consentono di prevedere cosa succederà ad oggetti e situazioni, come il moto di un oggetto o cosa succederà alla nostra terra e fare previsioni sul nostro futuro.

Riecheggiano allora le parole di Tucidide: “cosa si genererà fra le cose possibili?”, le equazioni ci dicono le cose possibili, ma cosa si genererà? Questa è frutto  che solo le nostre scelte, la nostra macchina del tempo, possono stabilire.

E’ seguita poi l’esibizione degli Ars Nova Napoli, una delle band più conosciute ed amate della musica Nu Folk campana che, con impeto e passione sonora, hanno riempito l’aria e gli spazi con brani tradizionali e folk d’autore del sud Italia, affermando un proprio gusto personale nella interpretazione di brani antichi e conosciuti del meridione d’Italia, hanno inoltre esaltato e valorizzato le melodie delle musiche con cui sono entrati in contatto.

La band è composta da Marcello Squillante, Fisarmonica e Voce, Bruno Belardi, Contrabbasso, Michelangelo Nusco, Violino, Tromba e Voce, Antonino Anastasia, Percussioni a cornice, Vincenzo Racioppi, Mandolino e Voce, Gianluca Fusco, Chitarra, Organetto e Voce.

Con lo spettacolo “e senza acqua la terra more, loro ultima fatica discografica, hanno coinvolto il pubblico dimostrando presenza scenica e brio musicale in una performance fatta di arrangiamenti live e musiche raffinate, accompagnate da esplosioni di ritmo ed assoli dei componenti e presentando, a favore di chi ascolta, la loro musica come un unicum del linguaggio musicale.  

Le loro sonorità nascono  dalle piazze, dai vicoli e dai mercati di tutta Italia, è “musica da marciapiede” che però hanno presentato in innumerevoli e variegati palcoscenici, da matrimoni a compleanni, fino a manifestazioni sonore e festival tra Francia, Spagna, Grecia e Svizzera, oltre a partecipazioni a programmi televisivi come Sereno Variabile, Linea Blu, L’ Infedele.

Il loro repertorio è caratterizzato da pizziche pugliesi, serenate siciliane, classici napoletani e tarantelle calabresi, fino a sconfinare in terre straniere con il rebetiko greco e la musica balcanica.

Lingue del sud in strofe languide, ma imperiose, parole di vari dialetti, ma tutte espressione di musica popolare ricche di messaggi di amore, nostalgia, serenate, allegria, risate, dolore e desiderio.  Ovviamente fortemente presenti sono concetti come mare, terra, cielo, cuore e musica come ” acqua per la pianta dell’essere umano“.

Peculiarissimo il loro sound, le sonorità e le melodie delle musiche mediterranee, con le quali si sono formati e cresciuti, tutte in grado di coinvolgere, divertire ed emozionare il pubblico di ogni età.

Tanti i brani presentati, molte le traduzioni di canzoni di altre lingue, altre tratte da composizioni di personaggi del popolo come Eugenio Pragliola, conosciuto come “Eugenio cu’ ‘e lente” con la sua   Trapanarella – chi fatica se more ‘e famme –  e, per citarne solo alcune, i pezzi  Fortuna e  Canzone della vela.  

Grande l’allegria e il divertimento tra musicisti e con il pubblico, salito infine sul palco a ballare i ritmi coinvolgenti e trascinanti degli artisti, momento di empatia musicale ed umana che ha trascinato i presenti, tutti ansiosi di ascoltare ancora altri brani, mai sazi della simpatia e sinergia umana e sonora che gli Ars Nova Napoli hanno saputo trasmettere con leggerezza e competenza artistica.

Ritmo e musica coinvolgente nel concerto di Tosca Donati al Teatro Comunale di Benevento

Ritmo e musica coinvolgente nel concerto di Tosca Donati al Teatro Comunale di Benevento

Cultura

L’Accademia di Santa Sofia ha aperto, con Tosca Donati, la nuova stagione artistica nella serata di venerdì 27 ottobre negli spazi del Teatro Comunale V. Emanuele di Benevento.

Il concerto ha registrato il sold aut, infatti piena in ogni ordine di posto l’arena cittadina, tutti in attesa dello show della cantante, sperimentatrice musicale oltre che attrice e doppiatrice che, con la sua performance, non ha deluso le aspettative coinvolgendo i presenti nella sua sciarada musicale.

Dopo la presentazione dell’evento da parte di Maria Bonaguro, presidente degli “Amici dell’Accademia” e della consulente artistica Marcella Parziale, ha preso la parola Gerardo Canfora, rettore Università del Sannio, tra i partner del progetto culturale ed artistico dell’Accademia, che ha intrattenuto il numeroso pubblico presente sul tema: “Intelligenza artificiale: preoccuparcene o occuparcene?”.

Egli ha ricordato come le intelligenze artificiali siano sistemi programmati dalle persone perchè accumulino nozioni e conoscenze, il tutto per darci soluzioni immediate a problemi e sappiano interfacciarsi con noi in modo semplice, anche nelle situazioni più complicate. Il loro apprendimento è dunque molto veloce e sono capaci di utilizzare migliaia di nozioni contemporaneamente.

Unico è il nostro apprendimento che è fatto lentamente attraverso esperienze, ma, diversamente dalle intelligenze artificiali, il nostro è un apprendimento cosciente e creativo.

Le macchine ed i loro sistemi oggi inondano le nostre vite, in ogni momento del giorno e della notte, sono mezzi di cui non sappiamo più fare a meno, ma, come ricordato dal Center for AI Safety, un’organizzazione no profit e firmato (al momento) da circa 350 personalità, fra scienziati, matematici, ricercatori nel campo delle IA e imprenditori, dobbiamo rallentare e ragionare sulla creazione di un IA potenzialmente senziente, che finirebbe per manipolare le nostre scelte.  

La serata ha poi visto entrare sul palco Tosca Donati e la sua band composta da Giovanna Famulari al pianoforte e al violoncello, Massimo De Lorenzi alla chitarra, Fabia Salvucci alla voce e percussioni e Luca Scorziello alla batteria.

Tosca Donati, romana, amante della natura e della naturalezza della vita, ha sempre fatto della musica un atto di felicità, si è esibita più volte al festival di Sanremo, ma la sua è una musica dal mondo, un’arte frutto della ricerca che ha trovato nella sua voce, potente, affabile ed espansiva, la via maestra per parlare di sé e dell’umanità.

La sua è una musica che guarda al mondo, infatti i suoi brani son in lingue diverse come l’yddish, il portoghese, il rumeno, tutto frutto di una ricerca voluta fatta di amore per quella musica che propone un messaggio, come quella di Dalla ad esempio, come da lei stessa dichiarato in una intervista, una musica fatta di innamoramenti per quella melodia che arricchisce, ma che soprattutto unisce, non una musica dunque commerciale, ma che si immerga nell’anima della gente e dei suoi sentimenti ed emozioni, come è quella del sud del mondo.

Tutto lo spettacolo ha dunque seguito quest’iter musicale, brani spesso sconosciuti al grande pubblico, ma ricchi di pathos, ritmo e intensità canora, tutti capaci di innescare la produzione di endorfine, con la loro potente attività analgesica ed eccitante.  

La Donati ha fatto infatti della contaminazione e della ricerca stilistica il suo strumento per fare musica, armonia fatta di jazz, pop, rock, classica con qualche passaggio gospel e della ballata zingara.

Costantemente interessata alle tradizioni musicali provenienti da ogni parte del mondo, si è esibita, nella serata, con brani di samba brasiliana, ma anche con pezzi famosi come “Piazza Grande” di Dalla e il suo brano “Ho amato tutto”, musiche che hanno coinvolto i presenti che, alla fine dell’esibizione hanno richiamato ripetutamente sul palco la cantante e al sua band per un ultimo pezzo.

La Donati, cantante anche di brani scritti per lei da Dalla, Morricone, Fossati e Chico Buarque de Hollanda, ha dunque portato nella serata la sua originalità musicale e la sua voglia di parlare di ogni suono del mondo, da quello delle borgate di Roma, a quelle di terre lontane solo geograficamente, ma vicine e affini a tutte le emozioni umane.

La Donati ha infine offerto al pubblico un’ultima canzone brasiliana “molto semplice” a suo dire che, veleggiando sull’onda del ritmo sudamericano, ha coinvolto tutti nel riecheggiarne il ritornello.

Serata di assoluta armonia ed empatia generale, fatta di sorrisi, condivisione di emozioni e ritmo, il tutto in un vortice musicale che non ha avuto soste e perciò è risultato molto gradito.  

Musica, Aiam: Marcella Parziale eletta delegato regionale Campania

Musica, Aiam: Marcella Parziale eletta delegato regionale Campania

AttualitàDalla Regione
Pollice (Pres. Aiam): “Ottima scelta, giovane professionista con grande esperienza”.

Si è svolta ieri mattina a Napoli – presso lo Spazio Curci, sede dell’Associazione Scarlatti – l’Assemblea regionale Aiam.

L’incontro si è tenuto alla presenza del presidente Francesco Pollice e dei rappresentanti delle Associazioni campane con l’obiettivo di favorire l’apertura di un tavolo di coordinamento tra le diverse realtà regionali.

Nel corso dell’evento l’assemblea ha eletto all`unanimità, nuovo delegato regionale, il maestro Marcella Parziale.

Laureata e specializzata con 110 e Lode in Canto lirico presso il Conservatorio “Nicola Sala” di Benevento, Marcella Parziale si è inoltre laureata con 110 e Lode in Discipline delle Arti visive, della Musica e dello Spettacolo presso l’Università degli Studi di Salerno.

È Docente di Teoria, Ritmica e Percezione Musicale presso il Conservatorio “Lorenzo Perosi” di Campobasso. Dal 2017 è Direttore artistico dell’Accademia di Santa Sofia; è inoltre Direttore artistico di Accademia Lab. Svolge una regolare attività concertistica in sale da concerto e teatri italiani.

È autrice di pubblicazioni di storia e didattica della musica (La questione ritmica nella musica contemporanea, Storia della Semiografia musicale, Storia della critica operistica italiana, Il Canto beneventano ecc.). È inoltre giornalista pubblicista, iscritta all’Albo della Campania. Dal febbraio 2020 è Critico responsabile della rubrica bisettimanale di approfondimento culturale “Intermezzi” su Il Sannio Quotidiano.

Ha ricevuto il premio alla Carriera “La Musica, i Protagonisti” – XL Edizione di Città Spettacolo. Ha conseguito risultati prestigiosi in diversi concorsi letterari, tra i più recenti: Concorso internazionale “Versi sotto gli Irmici “- 1° premio assoluto, Premio internazionale “Ossi di Seppia” – Gran Premio della Giuria, Premio “Alda Merini” – Grande Medaglia.

“A nome mio personale e di tutti i soci di Aiam voglio esprimere grande soddisfazione per l’elezione del maestro Marcella Parziale quale delegata regionale in Campania. Una giovane e già affermata professionista che sono certo saprà offrire, grazie a un’esperienza poliedrica e intesa, un importante supporto alla nostra associazione”, ha commentato il presidente di Aiam, Francesco Pollice.

Le associazioni parte di Aiam Campania sono: Associazione Alessandro Scarlatti – Napoli; Associazione Napoli Capitale Europa della Musica – Napoli; Dissonanzen – Napoli; Fondazione Pietà de` Turchini – Napoli; Accademia di Santa Sofia – Benevento; Associazione Anna Jervolino – Caserta; Orchestra da Camera di Caserta; La Casa dei Flautisti Italiani – Baronissi; Il Canto di Virgilio – Giuliano in Campania; Fondazione F.M.Napoletano Ente Morale – Napoli; Nuova Orchestra Scarlatti – Napoli; Associazione Domenico Scarlatti – Napoli; Talenti Vulcanici – Napoli; Accademia Lab – Benevento; Accademia Musicale `Jacopo Napoli` – Cava de` Tirreni; Orchestra Filarmonica di Benevento; Associazione S. Rachmaninov – Mercato San Severino;Maggio della Musica – Napoli.

<strong>Paolo Fresu e l’incanto jazz della sua tromba magica</strong>

Paolo Fresu e l’incanto jazz della sua tromba magica

AttualitàBenevento Città

Nella serata di giovedì 23 marzo, nei suggestivi spazi dell’Auditorium S.Agostino di Benevento, il trombettista internazionale Paolo Fresu e l’Orchestra del ConservatorioNicola Sala” di Benevento, hanno incantato il numerosissimo pubblico presente con le loro armonie jazz, esibendosi all’interno della Stagione concertistica promossa dall’Academia di Santa Sofia, dall’Università degli Studi del Sannio e dal Conservatorio Statale di Musica “Nicola Sala”.

Dopo i saluti della Presidente dell’Accademia di Santa Sofia Maria Bonaguro e quelli di Marcella Parziale, Direttrice Artistica, Caterina Meglio, Presidente del Conservatorio “Nicola Sala” di Bn, ha intrattenuto i presenti sul ruolo, non solo artistico-culturale, dello stesso Conservatorio da lei presieduto, ma anche sulle sue capacità di aprirsi al mercato attraverso le sue innumerevoli iniziative progettuali, frutto esse stesse delle abilità programmatiche e realizzative degli allievi dello stesso Conservatorio.

L’ingresso dell’Orchestra, composta da docenti e allievi e diretta da Roberto Spadoni, ha dato il via alla manifestazione musicale, trascinando immediatamente il pubblico nella kermesse dell’armonia “chiassosa e intrigante” della musica jazz.

L’ingresso sul palco di Paolo Fresu, trombettista di valenza internazionale e artista che dal 1988, nel comune natale di Berchidda in Sardegna, ha proposto e presieduto il Time in Jazz, un festival annuale di musica jazz che ha acquisito nel tempo una taratura internazionale, accolto da scroscianti applausi, ha segnato l’intensificarsi di ritmo e di emozioni via via più intense, di suoni variegati, a volta spezzati, altre volte lunghi e avvincenti, mantenendo, nel suo andare, un senso di aspettativa in ciò che sarebbe avvenuto a seguire, il tutto grazie al suono squillante e brillante della sua tromba.

Una sorpresa per chi scrive, poco avvezza e pratica delle sonorità della musica jazz, infatti ad una prima curiosità distratta si è sostituito, quasi subito, un interesse non previsto in anticipo, ma inevitabile. La maestria dei musicisti e l’inaspettato coinvolgimento alle sonorità quasi metafisiche che si sono sprigionate per l’aria, nello stesso tempo concrete e trascinanti, hanno obbligato tutti, compresa chi scrive, a rimanere muti e rapiti, quasi in attesa della scorribanda delle note che hanno rivelato le ansie antiche dell’uomo moderno, il tutto attraverso una carica ritmica che non ammetteva soste.

Durante il concerto, spesso alla tromba di Fresu si è affiancato un altro strumento, tromba o sassofono degli allievi del Conservatorio, che, quasi in un dialogo segreto e pubblico allo stesso tempo, come se vivessero comuni trepidazioni e affanni, si sono scambiati segreti pensieri e immaginifiche speranze, attraverso la musica ritmata dell’andamento jazz dei loro strumenti.

L’esibizione ha subito intonato il brano “Ferlinghetti”, pezzo narrativo di una storia che racconta, a ritmo lento, di ambienti poetici e culturali e della beat generation di cui Lawrence Monsanto Ferlinghetti fu esponente di rilievo. Di un documentario sul personaggio, Fresu ha composto le musiche.

Durante il secondo brano : “Bernie’s Tune”, Fresu ha regalato un assolo di tromba da brivido, è sembrato che parlasse di se stesso, tra pause sonore e lunghe esecuzioni con un fiato quasi infinito, la sua tromba ha parlato  di amore, di segreti pensieri, di paure e voglia di vivere.

Sono seguiti due brani di Aldo Bassi, compositore scomparso tra i più apprezzati trombettisti jazz italiani, a cui ha fatto seguito un brano di Dennis Adair, “Everythinge Happens to Me” (Succedono tutte a me)  e, ancora, un brano di Roberto Spadoni : “The Rainbow” ( Arcobaleno). In quest’ultimo si è assistito ad una   grande interpretazione alla chitarra di Spadoni che, con decisione e leggerezza allo stesso tempo, ricordando i tanti che ci hanno lasciato durante il Covid, egli dice,  ha eseguito il brano accompagnato poi dalla tromba di Fresu.

E’ stato poi il momento del brano “ Metamorfosi”, pezzo che lo stesso Fresu afferma di avere scritto nel 1998 nella sua casa in Sardegna e per il quale ha preso spunto dalla “Metamorphosen” di Richard Strauss. Come ogni cambiamento o metamorfosi è stupefacente, così la tromba di Freu e la sua musica, in modo simbolico ed allegorico, rimandano ad un mondo arcaico di bellezza e tranquillità di cui avremmo tanto bisogno oggi.

Lo stesso Freu, in un suo intervento, afferma: “la musica è il mio modo di dare un contributo al mondo con un’idea di bellezza e poesia” ed in effetti egli riesce con maestria a comunicare il concetto di bellezza evocato dalla sua tromba e dalla esecuzione dei vari brani, un’interpretazione che però è anche pura poesia in quanto trasmette emozioni, stati d’animo e concetti in modo potente ed immediato.

La kermesse si chiude con il brano “Ce la posso fare”, ancora di Spadoni nel quale egli, affiancato dalla potente Orchestra del Conservatorio e dalla suadente tromba di Paolo Fresu, esplora le possibilità dei codici jazz e quelle del mondo di oggi, in sostanza un punto di vista personale e disilluso a cui non manca una punta di ironia e nostalgia.

Coinvolgente spettacolo che ha visto un pubblico entusiasta e plaudente che, dopo i saluti di rito, ha richiamato gli artisti sul palco per un bis nel quale è stato ripetuto l’ultimo pezzo presentato e, dopo il quale, è seguito un ultimo e convinto applauso di consenso e simpatia.

Eugenio Bennato in “Qualcuno sulla terra”, in una kermesse di sentimento e cultura napoletana

Eugenio Bennato in “Qualcuno sulla terra”, in una kermesse di sentimento e cultura napoletana

AttualitàBenevento Città

Sabato 28 gennaio, nel singolare e accattivante spazio dell’Auditorium di S. Agostino di Benevento, Eugenio Bennato trascina il numeroso pubblico presente, in un viaggio musicale in cui non mancano riferimenti alla memoria ed alla condizione odierna del mezzogiorno, ad un’umanità silente che, attraverso la musica, esalta la proprie radici e la sua emotività.

Ha preceduto lo spettacolo il benvenuto ed i ringraziamenti da parte di Maria Buonaguro, Presidente “Amici dell’Accademia” e di Marcella Parziale, Direttrice Artistica.

La manifestazione rientra nella stagione artistica 2023 dell’Accademia di Santa Sofia, in stretta collaborazione con l’Università degli studi del Sannio e del Conservatorio di Benevento. La direzione artistica, come sempre era affidata a Filippo Zigante e Marcella Parziale, e la consulenza scientifica a Marcello Rotili, Massimo Squillante e Aglaia McClintock.

L’esibizione dell’artista napoletano è stato preceduto dalla prof. Aglaia McClintock, storica del diritto romano, Garante degli Studenti dell’Università del Sannio, che racconta, con dovizia di particolari e con grande sensibilità, la storia della via Appia, dal nome del censore Appio Claudio Cieco, via mediterranea che collegava originalmente i Colli Albani a Capua, ma che fu estesa prima fino a Maleventum ( poi Beneventum) e poi fino a Brindisi, un percorso che non fu solo una strada, ma successivamente una via di comunicazione tra culture, tra lingue e soprattutto tracciato per l’affermazione del concetto del diritto.

E’ seguita l’esibizione del gruppo musicale de “Le voci del sud” composto da Letizia D’Angelo, Laura Dentato, Laura Cuomo, Francesco Luongo e Angelo Plaitano, giovani insieme ai quali Bennato ha voluto condurre i presenti a riscoprire le origini della musica, con particolare attenzione ai ritmi mediterranei ed alla valenza sociale in essi contenuti.

Lo spettacolo è stato aperto dai corali che, prendendo spunto da temi come la Creazione, la Terra e l’uomo, hanno coinvolto il pubblico in una serie di canzoni nelle quali era esaltato il cuore e la sensibilità del popolo mediterraneo ed in particolare di quello napoletano.

L’ingresso in scena di Bennato, accolto da un caloroso applauso, ha aperto la strada ad una musica impegnata preceduta sempre, da una spiegazione sui temi proposti e dalle motivazioni, filosofiche e sociali che lo hanno spinto a comporre i diversi brani.

Qualcuno sulla terra” è il suo nuovo ed affascinante progetto musicale,costituito da sette brani inediti tutti ispirati alla creazione del mondo. Il disco vede la sua conclusione in una suite composta con la collaborazione di Carlo D’Angiò, “A Sud di Mozart”.

“Qualcuno sulla terra” è dunque una favola poetica della genesi del mondo, una percorso musicale che prende coscienza della bellezza e della grandezza dell’universo.

Con il brano “Evviva chi non conta niente”, Bennato esalta il significato delle frontiere, dei migranti e di tutta un’umanità da raccontare, gente che attraversa mari, deserti, montagne, con il sottofondo di musica del Sud che riecheggia fin dalla misteriosa Africa, Algeri, Etiopia, Mozambico, patrie di una musica martellante e intensa che arriva fino a noi travolgendo i nostri suoni attraverso antiche tammorre e decise chitarre.

E’ la musica di chi, da ultimi, vuole farsi sentire, la melodia di chi “non conta niente” perché fuori dai giochi dai meccanismi superficiali ed effimeri dell’occidente moderno, la voce in musica di chi sa che la propria melodia non può essere fermata.

Sonorità lontane mille miglia dalla solitudine della globalizzazione e dall’urgenza del business che impera nel nostro tempo, melodie antiche contro cui sembrano ingaggiare una lotta disperata i tamburi dei villaggi africani, musica che spinge i nostri orizzonti ad allargarsi verso latitudini lontane che però conservano ancora il senso della vita. Di tutto ciò ci parla Eugenio Bennato nella serata beneventana.

Bennato è stato anche fondatore, nel 1967, della Nuova Compagnia di Canto Popolare, un progetto musicale nato con l’intenzione di cercare e diffondere la musica della tradizione campana, accompagnata dalla gestualità popolare e dalla melodia del cuore del sud.

Bennato ricorda quell’esperienza definendo quel gruppo che era “una minoranza”, come una “grande minoranza” che, con coraggio e determinazione si è contrapposto alla logica della “maggioranza” culturale e musicale del suo tempo.

Esegue poi i brani  “Ritmo di contrabbando”, “Che il mediterraneo sia”e “Sponda sud”, anch’esse melodie dense di concetti profondi e significativi che non possono dimenticare temi a cui tiene particolarmente, come le sofferenze dei più poveri, di quanti fuggono dai loro paesi in cerca di aiuto e fortuna e di coloro che combattono per la libertà, come Ninco Nanco.

Il brano “Ninco Nanco”, canzone sul celebre brigante Giuseppe Nicola Summa, detto appunto “Ninco Nanco”, nasce dal desiderio di dire la verità sulla “falsa unità d’Italia” e sulla “questione meridionale”, nata dalla violenza e dal sangue di tanta gente del sud che si ribellò ad una conquista, attraverso il movimento dei briganti, personaggi che si opponevano all’ occupazione da parte del nord Italia e per questo andavano messi a tacere, come Ninco Nanco che “doveva morire” dice Bennato. “Omme se nasce, brigant se more” diceva Ninco Nanco, parole ripetute però anche da Garcia Lorca davanti al plotone di esecuzione.

Intona poi “Ninna nanna 2002”, un brano che parla delle carrette del mare e del triste carico umano fatto troppo spesso di bambini destinati a concludere la loro vita in fondo al mare, mentre cercano chi può loro voler bene, perché “chillu dio che ha criato stu mundo, l’ha fatto tundo e accussì grande”, dice Bennato nel brano, eppure sembra che per tanti non ci sia posto per sopravvivere.

Il brano “Brigante se more”, scritta con Carlo D’Angiò e utilizzato per lo sceneggiato Rai “L’eredità della priora”,  coinvolge il numerosissimo pubblico presente che per esso chiede il bis.

Tanti gli applausi del pubblico dell’Auditorium Sant’Agostino pieno fino alla sua capienza massima, tutti entusiasti estimatori di un musicista che è anche un intellettuale oltre che rappresentante simbolico della cultura partenopea e mediterranea nel mondo.  

Il concerto si chiude con “Grande Sud”, il pezzo forse più conosciuto di Bennato, che ha eseguito utilizzando la sua chitarra battente, melodia che ha preceduto i saluti dell’artista ad un pubblico caloroso e riconoscente verso il suo impegno musicale ed umano.