Demedicalizzazione ambulanze, i sindaci della Valle Vitulanese: “No a qualsiasi riforma peggiorativa del servizio di assistenza sanitaria”

Demedicalizzazione ambulanze, i sindaci della Valle Vitulanese: “No a qualsiasi riforma peggiorativa del servizio di assistenza sanitaria”

Politica

Sei sindaci della Valle Vitulanese – Raffaele Scarinzi (Vitulano), Gennaro Caporaso (Tocco Caudio), Giovanni Mastrocinque (Foglianise), Vito Fusco (Castelpoto), Alessandro Gisoldi (Cautano), Tommaso Nicola Grasso (Campoli del Monte Taburno) – hanno stilato un documento comune per contestare il nuovo assetto organizzativo del Servizio di Soccorso sanitario di emergenza – urgenza – “118”, predisposto dall’ASL BN1 e risultante al momento da una disposizione interna diramata al personale, che ha previsto per la zona della Valle Vitulanese una sola ambulanza medicalizzata ubicata a Torrepalazzo la quale dovrà coprire i numerosi territori comunali.

Già nel mese di marzo scorso – scrivono i primi cittadini – diverse amministrazioni comunali della Valle Vitulanese, hanno con i rispettivi Consigli chiesto che il Servizio 118 di Vitulano rimanesse “medicalizzato”, per garantire un’idonea copertura del territorio della Valle Vitulanese a tutela del diritto alla salute alle cure mediche dei cittadini previsti come inviolabili dalla Costituzione.

Con il documento inviato all’Asl al Presidente della Regione e al Prefetto tutti i comuni della Valle Vitulanese – proseguono i sindaci – hanno riaffermato l’assoluta contrarietà a qualsiasi riforma peggiorativa del servizio del 118 e quindi la garanzia della presenza di un medico a bordo del veicolo di soccorso.

Hanno, infine, richiesto l’istituzione di un tavolo di confronto tra l’Azienda Sanitaria Locale di Benevento, la Regione Campania e i rappresentanti delle comunità interessate, per discutere soluzioni sostenibili e condivise rispondenti alle esigenze del territorio.

Pur consapevoli delle difficoltà derivanti dalla mancanza di medici nell’organico del 118 e delle ulteriori criticità che si verificheranno con l’attuazione dell’autonomia differenziata, i sindaci auspicano una attenzione più forte per i territori montani già a rischio di spopolamento e non escludono l’impugnazione di eventuali provvedimenti che dovessero apparire dannosi o rischiosi per i propri cittadini.

Elezioni Ambito B2, spuntano i nomi di Mastrocinque e Vernillo

Elezioni Ambito B2, spuntano i nomi di Mastrocinque e Vernillo

Politica

Sono giorni di riunioni, di confronti e di interlocuzioni in vista delle prossime elezioni per il Consiglio di Amministrazione dell’Azienda speciale B2.

D’altronde il Commissariamento del Comune di Torrecuso, determinando la fine della sindacatura di Angelino Iannella ha causato anche la decadenza del CdA dell’Azienda speciale B2, di cui Iannella era presidente.

Stando alle prime indiscrezioni, a succedere a Iannella nel ruolo di presidente del Cda potrebbe essere il sindaco di Foglianise, Giovanni Mastrocinque. Per il ruolo di presidente dell’assemblea dei sindaci, invece, il nome forte sarebbe quello di Arturo Leone Vernillo, primo cittadino di San Nicola Manfredi.

Dl Aiuti ter, Inac-Cia: “Accolta nostra istanza per i patronati, però 100 euro a tutte le sedi somiglia a “un obolo””

Dl Aiuti ter, Inac-Cia: “Accolta nostra istanza per i patronati, però 100 euro a tutte le sedi somiglia a “un obolo””

Politica

“La misura contenuta nel “Dl Aiuti ter” che riguarda gli Istituti di patronato è stata pubblicata in Gazzetta Ufficiale, modificata nel contenuto dalla bozza fatta circolare prima della sua effettiva ratifica.

L’indennizzo, inizialmente annunciato, di 250 euro per ogni sede centrale, regionale e provinciale viene esteso anche a tutte le sedi territoriali comunali e periferiche ma per un importo di 100 euro.

Quindi il budget complessivo per fare fronte alla misura prevista sale a circa 700 mila contro i circa 400 mila previsti nel testo preliminare. “Questo correttivo -dichiara il presidente di Inac-Cia Mastrocinque recepisce, di fatto, la nostra istanza, se non altro ha un approccio di equità anche se prevedere 100 euro per ogni sede riconosciuta, può somigliare ad una sorta di obolo.

Anche se è stato ritoccato verso l’alto l’impegno complessivo di spesa, aver ridotto l’indennizzo da 250 a 100 euro per sede, è come aver previsto una torta da 8 porzioni e poi tagliato fette per 80 commensali.

In attesa di capire come avverrà la procedura delle domande per accedere al bonus, presumibilmente in carico al Ministero del Lavoro e delle Politiche sociali -spiega Alessandro Mastrocinque- i nostri uffici amministrativi hanno calcolato che con questa modifica della disposizione il nostro Patronato recupererà complessivamente circa 36 mila euro, a fronte di una maggiore spesa affrontata per rispondere alle disposizioni per il Covid-19 di circa 280 mila euro, nei due anni passati.

100 euro per sede –chiosa il presidente di Inac-Cia- si traduce nel rimborso di circa 130 mascherine FFP2 che i nostri operatori hanno dovuto indossare, obbligatoriamente, nei nostri 360 uffici per 48 mesi”.

Dl Aiuti ter| Inac-Cia: “Mancetta ai patronati, quasi offensivo per il lavoro straordinario svolto”

Dl Aiuti ter| Inac-Cia: “Mancetta ai patronati, quasi offensivo per il lavoro straordinario svolto”

Politica

Il Decreto prevede 250 euro alle sedi nazionali e provinciali degli Istituti riconosciuti, una misura ritenuta gravemente insufficiente dal patronato della Cia-Agricoltori italiani, il presidente Mastrocinque: “Solo per adeguare tutte le sedi alle misure Covid abbiamo speso 280 mila euro e ne recuperiamo 25 mila”.

La misura contenuta nel “Dl Aiuti ter”, in attesa di pubblicazione su Gazzetta Ufficiale, che prevede un indennizzo di 250 euro per ogni sede di patronato, nazionale, regionale e provinciale, non ristora per nulla il lavoro straordinario svolto dai patronati negli ultimi due anni.

Non si è neanche tenuto conto dei maggiori costi di funzionamento dovuti affrontare dai patronati per adeguarsi alle norme Covid-19”.

E’ quanto sostenuto dal patronato Inac-Cia che attraverso le dichiarazioni del presidente, Alessandro Mastrocinque mostra il proprio scontento:

Prevedere 250 euro di aiuto per le sedi di patronato, escludendo quelle zonali, offende quasi il nostro impegno straordinario svolto in questi anni di emergenza. Noi abbiamo oltre 300 sedi nei comuni che non percepiranno un solo euro, a fronte di circa 280 mila euro spesi per adeguare, giustamente, tutti gli uffici alle norme Covid, per la sicurezza degli operatori e cittadini, riceveremo, solo per le sedi centrali regionali e provinciali circa complessive 25 mila euro. Mentre per i Caf, nel Decreto si stanzia una misura giusta, congrua e commisurata di 15 milioni di euro, per tutto il sistema dei patronati non si arriva al mezzo milione di euro. Mi viene da dire –evidenzia Mastrocinque – che quanto previsto non è un aiuto ma una “mancetta”.

Confidiamo ad un altro intervento –chiosa il presidente del patronato Inac-Cia – che integri le risorse per i patronati, tenendo conto dei reali aggravi che il periodo eccezionale ha comportato sia in termini di assistenza di prossimità ai cittadini e dei costi reali sostenuti da tutti gli istituti di patronato“.

Dl Aiuti bis: Inac-Cia, detassazione al 2% produce aumento su stipendio medio dai 7 ai 12 euro

Dl Aiuti bis: Inac-Cia, detassazione al 2% produce aumento su stipendio medio dai 7 ai 12 euro

EconomiaPolitica
Il presidente del Patronato Inac-Cia, Mastrocinque: “Abbassare la soglia reddituale di intervento e aumentare la detassazione o effetto misura nullo”.

La detassazione al 2%, introdotta nel Dl Aiuti bis per ridurre le tasse da pagare e aumentare gli importi netti in busta paga, produce aumenti degli stipendi dai 7 ai 12 euro per chi percepisce mille euro al mese. E’ quanto rileva il Patronato Inac-Cia analizzando gli effetti della misura. Le novità contenute nel Dl Aiuti bis per aumentare gli stipendi valgono solo per coloro che hanno un reddito annuo entro i 35 mila euro, ovvero per i lavoratori che percepiscono stipendi mensili lordi fino a 2.600 euro. Infatti la decontribuzione al 2% comporta un aumento degli stipendi fino ad un massimo di 120 euro circa e in base alla
fascia di reddito di appartenenza.

Si tratta -spiega l’Istituto- di un provvedimento che insieme alla detassazione del welfare rappresenta lo sforzo del Decreto Aiuti bis appena varato dal Governo per mitigare l’inflazione e consentire a famiglie e imprese di fronteggiare la grave crisi economica.

“Certamente l’inflazione non si combatte in questo modo” -commenta il presidente di InacCia, Alessandro Mastrocinque. Il range reddituale individuato dalla misura è troppo alto, se consideriamo che l’intervento sullo stipendio medio di mille euro risulta davvero irrilevante. Chiediamo -ha proseguito il presidente- un correttivo a tal proposito, ovvero di applicare la detassazione più alta e ad una fascia reddituale più ridotta. Il rincaro delle materie prime e l’impennata sul prezzo dell’energia grava in particolar modo sul ceto medio, a cui bisogna offrire risposte concrete e una percezione reale dell’aiuto”.

L’aumento alla spinta sulla capacità di spesa dei cittadini si traduce in cifre talmente irrisorie da risultare irrilevanti. Esclusa la detassazione welfare per ridurre e azzerare le tasse su ulteriori voci retributive percepite come premi produttività, buoni pasto, buoni carburante, ed altri bonus, gli effetti della decontribuzione al 2% risultano assai deludenti. Alla luce della disamina, il Patronato Inac-Cia chiede l’opportunità di un correttivo e presenta le istanze di milioni di cittadini, lavoratori e imprese stretti nella morsa della crisi. “Il monitoraggio sull’ingrossamento delle sacche di povertà registrato dall’Istat accende una spia che non possiamo ignorare” –conclude Alessandro Mastrocinque-. Ed è nostra intenzione sollevare le criticità dell’intero tessuto sociale, per mitigare le difficoltà e indicare interventi utili al
miglioramento della qualità della vita di tutti i cittadini”.