Si è tenuto, questa mattina, a Palazzo Mosti, il Consiglio comunale convocato per commemorare la figura di Alexey Navalny, l’attivista e politico russo, tra i più noti oppositori di Vladimir Putin e morto in carcere.
‘A difesa delle libertà, in memoria di Navalny’ è stato il tema all’ordine del giorno, stamane, del Consiglio comunale di Benevento che si è concluso con un ordine del giorno, approvato all’unanimità.
Recita il documento approvato dall’Assise di Benevento: “Il Consiglio comunale di Benevento, riunito oggi in seduta straordinaria, per commemorare il martirio del politico e attivista russo Alexey Navalny, morto in un carcere dell’Artico russo, al termine di una durissima e iniqua detenzione, considerato che la figura di Alexey Navalny rappresenta un’icona della difesa dei valori delle libertà e della democrazia, quale risultato di un’opposizione fiera ed esemplare all’autocrazia e alle sue derive più brutali e atroci, esercitate con forme feroci di repressione, esprime la più ferma condanna verso qualsiasi forma di repressione delle libertà e verso ogni trattamento degradante della dignità della persona e della vita umana e sottolinea l’importanza di sostenere e promuovere i principi di libertà di espressione, di diritto alla vita e di opposizione al potere, valori fondamentali per ogni società democratica.
Richiama la Dichiarazione Universale dei Diritti Umani (Universal Declaration of Human Rights, UDHR) approvata il 10 dicembre 1948 dall’ l’Assemblea Generale delle Nazioni Unite che all’articolo 1 recita: ‘Tutti gli esseri umani nascono liberi e uguali in dignità e diritti. Sono dotati di ragione e di coscienza e devono agire in uno spirito di fraternità vicendevole’.
Invita le scuole, le agenzie educative e la cittadinanza tutta a ricordare il martirio di Alexei Navalny dedicandogli un minuto di raccoglimento, riempendone il significato con la lettura dell’articolo 1 della Dichiarazione Universale dei Diritti Umani come monito ad agire responsabilmente per preservare i valori fondanti della democrazia. Impegna la Giunta comunale ad individuare uno spazio pubblico nella città di Benevento da dedicare ad Alexey Navalny, simbolo universale di difesa delle libertà e della democrazia, contro ogni forma di oppressione”.
Di seguito il servizio video con le interviste al sindaco Clemente Mastella e al portavoce di Alternativa per Benevento, Luigi Diego Perifano.
Cittadinanza onoraria a Zazo, il sindaco Mastella: “Esempio di mite ostinazione: testimone dei valori della nostra terra”
“Impossibile essere imparziali tra il carnefice e la vittima. Siamo chiamati a prendere posizione, se vogliamo essere fedeli ai nostri principi non possiamo essere equidistanti.
E’ anche vero che non possiamo silenziare qualsiasi critica o valutazione degli errori commessi dalla nostra parte”, così il sindaco di Benevento, riferendosi al conflitto in corso in Ucraina, nel discorso pronunciato stamane durante la cerimonia solenne per il conferimento della cittadinanza onoraria all’ambasciatore d’Italia a Kiev Pier Francesco Zazo che si è svolta stamane a Palazzo Paolo V.
La cerimonia ha sugellato la pronuncia unanime del Consiglio comunale che il 29 luglio scorso votò per la concessione dell’onorificenza al diplomatico nato nel capoluogo sannita e nipote di Alfredo Zazo, già sindaco della città, raffinato intellettuale e padre del Museo del Sannio e della Biblioteca provinciale.
Il sindaco, durante la cerimonia, ha rammentato la “mite ostinazione confortata dai valori di cui la terra sannita è ancora testimone” con la quale Zazo declinò, nei primi giorni dell’invasione russa, la raccomandazione a trasferirsi lontano dal conflitto: “Il suo esempio ci convince di quanto la burocrazia dei messaggi e delle circolari che ingolfano le nostre istituzioni possa essere mandata in soffitta. La sua immagine di quei giorni è quella preoccupata ma serena nel gestire le angosce dei genitori e la innocente apprensione dei bambini. Ci siamo sentiti orgogliosi di Lei”.
E’ stato poi il presidente del Consiglio comunale Renato Parente a leggere le motivazioni ufficiali del conferimento della cittadinanza.
L’ambasciatore Zazo ha ringraziato la Città “per lo straordinario riconoscimento” e ha ricordato “la straordinaria storia di Benevento, crocevia di culture e ricca di tesori storici”, per poi ricordare, con commozione, la figura dello zio che proprio della civiltà sannita è stato tra i massimi studiosi di sempre.
Dopo la cerimonia, l’Ambasciatore Zazo è stato accompagnato a Palazzo Mosti per una visita nelle sale istituzionali del Municipio.
VIDEO – Benevento, conferita cittadinanza onoraria all’Ambasciatore Zazo: “Non ho mai dimenticato le mie origini sannite”
“Sono onorato e anche un po’ emozionato”, ha commentato ai nostri microfoni l’Ambasciatore.
E’ ufficialmente un cittadino onorario della città di Benevento, l’ambasciatore italiano a Kiev, Pier Francesco Zazo.
Questa mattina, infatti, Palazzo Paolo V ha fatto da cornice alla cerimonia di consegna della pergamena, da parte del sindaco di Benevento, Clemente Mastella, affiancato dal presidente del consiglio comunale, Renato Parente.
Zazo, che ha origini sannite essendo nipote di Alfredo Zazo, giurista e docente divenuto direttore dell’Archivio storico provinciale di Benevento nell’ottobre 1926, ha ricevuto questo riconoscimento perché è stato capace di coniugare la mitezza del diplomatico con il coraggio dell’uomo d’azione, fino a salvare vite umane con gesti di autentico eroismo.
Questa la motivazione posta alla base delle decisione di riconoscere tale onorificenza all’Ambasciatore, votata all’unanimità nel consiglio comunale dello scorso 29 luglio.
“Sono onorato e anche un po’ emozionato perché io sono nato a Benevento, anche se poi sono andato in giro per il Mondo da diplomatico”, ha ammesso l’Ambasciatore.
“Però – ha proseguito – , non ho mai dimenticato le mie origini sannite, anzi le ho rafforzate, soprattutto nella mia precedente esperienza in Australia, dove ho conosciuto tanti italiani emigrati lì dopo la Seconda Guerra Mondiale. Quello che mi colpii è che a distanza di così tanti anni, gli italo-australiani non hanno mai dimenticato le loro origini sannite, parlando ancora in dialetto”.
Sono stati mesi duri, gli ultimi, per l’Ambasciatore, trovatosi nel bel mezzo della guerra tra Russia e Ucraina, come ha sottolineato lui stesso ai nostri microfoni.
Ascoltiamo proprio le parole dell’Ambasciatore Pier Francesco Zazo e del sindaco di Benevento, Clemente Mastella, a margine della cerimonia di questa mattina.
L’Ambasciatore d’Italia in Ucraina Pier Francesco Zazo visita la Rocca dei Rettori ed il Museo del Sannio
L’Ambasciatore d’Italia in Ucraina Pier Francesco Zazo sarà ricevuto venerdì 14 aprile 2023 alle ore 16,30 alla Rocca dei Rettori, sede della Provincia di Benevento, dal Presidente Nino Lombardi e dai Consiglieri provinciali per la firma del “Libro degli Ospiti d’Onore” della Provincia e il conferimento del Premio “Telesia for Peoples 2022” da parte della Associazione Icosit presieduta da Mimmo Ragozzino.
A seguire, l’Ambasciatore, accompagnato dal presidente Lombardi, da Giuseppe Sauchella, Amministratore di Sannio Europa, Società in house providing della Provincia di Benevento, e dal professor Marcello Rotili al Museo del Sannio di Benevento.
Ucraina, De Luca: “Il 29 ottobre grande manifestazione per la pace a Napoli”
“Una grande manifestazione per la pace a Napoli sabato 29 ottobre”. La annuncia il governatore della Campania, Vincenzo De Luca.
“Nel corso dell’incontro di sabato prossimo in Regione, aperto ad associazioni, istituzioni pubbliche, culturali e religiose – aggiunge De Luca – partirà la concreta organizzazione di questa manifestazione che avrà come obiettivo quello di promuovere un cessate il fuoco in Ucraina della durata di un mese, per consentire a istituzioni di governo e statali o singole personalità di mettere in campo una concreta iniziativa di pace”.
“Invitiamo tutti a comunicare le loro adesioni alla manifestazione che vuole risvegliare le coscienze, far crescere la consapevolezza dei problemi drammatici che abbiamo di fronte, e cominciare a introdurre nel linguaggio della politica la parola “pace”, che sembra ormai cancellata”, conclude De Luca.
Putin e la “mobilitazione parziale”, sfida al mondo e fuga del suo stesso popolo
Sull’onda di una escalation di aggressività e protervia, il Presidente russo Putin ha tenuto, il 21 settembre scorso, un discorso alla nazione nel quale ha informato il popolo russo della necessità di introdurre una “mobilitazione parziale” ….“Per proteggere la nostra madre patria, la sua sovranità e integrità territoriale”.
Putin ha poi spiegato che “la leva riguarderà solo cittadini che al momento sono parte delle riserve, cioè coloro che hanno svolto il servizio militare nelle forze armate, che hanno già esperienza e formazione”, precisando che “i chiamati, prima di partire per il fronte, avranno un’ulteriore formazione e ulteriore addestramento“.
Nel suo discorso, quasi a dare maggiore solennità e vigore alle sue parole, Putin ha citato un passo del Vangelo di Giovanni in cui si dice: “Non c’è amore più grande che dare la propria anima per gli amici”, riferendosi ai suoi soldati che si proteggono l’un l’altro in battaglia: “Loro sono il simbolo del fatto che non siamo mai stati uniti come lo siamo oggi”.
Le sue parole però, nonostante le autorità russe abbiano dichiarato che già 10mila volontari si sarebbero presentati spontaneamente per la leva nelle prime 24 ore dal discorso televisivo di Putin, come ha assicurato il portavoce del Dipartimento per la mobilitazione, ammiraglio Vladimir Tsimlyansky, hanno prodotto la protesta di migliaia di persone che sono scese in piazza, in molte città della Russia come Mosca e San Pietroburgo, per ribellarsi al provvedimento e dire no alla guerra.
Nonostante le reazioni della polizia, la gente ha continuato a protestare anche durante la serata.
Il richiamo alla guerra di 300mila riservisti, oltre la scomparsa, nella versione del Cremlino, di un articolo dei dieci punti del decreto firmato da Putin, il numero 7, in cui si parla di richiamare alle armi non i 300.000 uomini di cui ha parlato il ministro della Difesa Serghei Shoigu, bensì addirittura fino a un milione di cittadini, ha determinato una fuga di massa degli arruolabili.
In tanti stanno provando a scappare dalla Russia, ormai esauriti in poche ore i voli diretti verso paesi per i quali è ancora consentito l’ingresso, come ad esempio la Georgia, sul confine con il Mar Nero, o la Finlandia, il Kazakihstan, la Mongolia, mentre i costi dei biglietti sono aumentati di circa otto volte.
La troupe di Euronews Georgia, nei pressi del confine di Larsi, ha incontrato cittadini russi che vogliono entrare nel paese e, parlando con loro, hanno sentito definire “una follia” la decisione di Putin. Un altro giovane ha dichiarato: “C’era una coda pazzesca di circa dieci chilometri! Oggi sono venuto qui alla mattina presto e sono appena riuscito ad entrare”.
File interminabili di auto sono state viste formarsi in poco tempo verso il paese caucasico con a bordo uomini in età da coscrizione e, secondo quanto affermato da alcuni di loro, pare ci vogliano almeno sette ore per attraversare il confine, mentre secondo alcuni testimoni la coda di auto al checkpoint di Upper Lars, hanno stimato, fosse lunga circa 5 chilometri.
Molti però non sono riusciti a fuggire ed ecco che su Google c’è stato un boom di ricerche di siti relativi a “Come rompersi un braccio” o autoinfliggersi danni fisici per evitare l’arruolamento.
“Mi spezzerò un braccio, una gamba, qualsiasi cosa pur di evitare di partire”, ha dichiarato un uomo in fuga.
In molti pare stiano tentando la fuga in macchina o a piedi verso paesi al confine con la Russia.
Un fuggitivo ha confessato ad un reporter della BBC di essere scappato portando con sé solo il passaporto, senza valigie, allontanandosi subito dopo l’annuncio del Presidente Putin.
Protestare però è diventato doppiamente pericoloso perché diversi giovani, scesi in piazza contro il provvedimento voluto da Putin in decine di città russe, sono stati portati direttamente all’ufficio di reclutamento.
Nel paese dunque c’è un crescente nervosismo verso una politica bellica che in tanti non comprendono e non condividono, ciò nonostante il portavoce del Cremlino, Dmitry Peskov, ha detto che il provvedimento “non è contro la legge”.
Putin ha però pure dichiarato che la Russia userà “tutti i mezzi a sua disposizione” per difendersi da un Occidente che vuole “distruggerla”. A tali affermazioni ha risposto il segretario di Stato americano Antony Blinken che ha parlato di “spericolate minacce nucleari russe” con le quali Putin vuole “fare a pezzi l’ordine mondiale”.
Il ministro degli Esteri russo Serghei Lavrov ha accusato gli “Usa ed i loro alleati” di essere parte del conflitto in Ucraina, paese che sta diventando “ uno Stato totalitario di tipo nazista” . A questi si è aggiunto Dimitrij Medvedev, Presidente della Federazione Russa, che ha dichiarato che i missili ipersonici russi sono in grado di “raggiungere obiettivi in Europa e negli Stati Uniti molto più velocemente”.
In Europa ci si interroga sull’ipotesi di dare asilo ai russi in fuga, Lettonia ed Estonia hanno già negato la loro disponibilità, nel frattempo anche Israele si sta preparando ad una possibile immigrazione di ebrei russi.
Stiamo vivendo una guerra del 2000 assurda, illogica e incomprensibile che, in nome di presunti diritti territoriali e politici, sacrifica la pace ed il benessere di tutti e ignora la voce di manifestanti che gridano:
“Non voglio morire per Putin”.
Se per Heghel la guerra è necessaria perché preserva il mare, dunque il mondo, dalla putrefazione nella quale lo ridurrebbe una quiete durevole, noi rispondiamo all’uomo dell’ottocento che la guerra, specie quella moderna, è solo uno strumento di sopraffazione bestiale ed insensata.
Russia: il dissenso di Marina Ovsyannikova deve tacere, nuovamente arrestata la giornalista
Come accade in ogni potere forte e dittatoriale, l’opposizione deve essere messa a tacere ed è quanto accade nella Russia di Putin, paese governato dal potere centrale e nel quale ogni voce di dissenso è considerata atto di discredito dell’esercito e del paese.
L’accusa mossa a Marina Ovsyannikova è di “aver screditato l’esercito del Cremlino”, la giornalista russa, in passato della redazione di Channel one, si è resa protagonista, nel marzo di quest’anno, di una forma di dissenso in diretta.
La Ovsyannikova è infatti è apparsa, durante una diretta del Primo canale russo e durante l’edizione serale del telegiornale condotto da Yekaterina Andreeva, una delle anchor woman russe più famose prediletta di Putin e durante il programma più visto nel paese, con un cartello con su scritto : No alla guerra in inglese e, sotto, in russo, una scritta fin troppo coraggiosa :“Fermate la guerra, non credete alla propaganda, qui vi stanno mentendo”.
L’apparizione, durata solo pochi secondi, è stata però immediatamente interrotta per mandare in onda un filmato di una corsia di ospedale. Immediatamente però, sull’account Facebook della giornalista, sono comparsi messaggi di solidarietà e ringraziamento. Il sito, ovviamente, è stato subito oscurato. Anche il video del telegiornale con all’interno la protesta è stato cancellato dai siti online e non sarà più visibile.
Ovviamente la Ovsyannikova è stata ringraziata anche dal Presidente Zelensky che ha affermato : “Sono grato a quei russi che non smettono mai di cercare di divulgare la verità”.
Atto incredibile per gli standard dell’informazione russa, gesto che ha determinato il suo immediato fermo da parte della polizia.
Perché la giornalista russa ha compiuto quel gesto? Forse sarebbe meglio sentire quanto ella stessa ha dichiarato in una registrazione nella sua casa prima del clamoroso gesto: “ Quello che sta accadendo in Ucraina è un crimine. La Russia è l’aggressore e la responsabilità di questa aggressione ricade sulla coscienza di un uomo solo Vladimir Putin. Mio padre è ucraino, mia madre russa e non sono mai stati nemici.
La collana che indosso è simbolo del fatto che la Russia deve porre fine a questa guerra fratricida. I nostri popoli fratelli potranno ancora trovare la pace . Sfortunatamente ho trascorso molti degli ultimi anni lavorando per Channel one, facendo propaganda al Cremlino e me ne vergogno profondamente. Mi vergogno di aver permesso che le bugie provenissero dallo schermo della tv.
Mi vergogno di aver permesso che il popolo russo diventasse come gli zombie. Siamo rimasti in silenzio nel 2014 quando tutto questo era appena iniziato , non abbiamo protestato quando il Cremlino ha avvelenato Navalyn, abbiamo semplicemente osservato in silenzio questo regime non umano all’opera ed ora il mondo intero gli ha voltato le spalle .
Le prossime 10 generazioni non laveranno via la macchia di questa guerra fratricida. Noi russi siamo persone intelligent .E’ nostro potere fermare tutta questa follia. Andate a protestare. Non abbiate paura di niente. Non possono rinchiuderci tutti”.
Parole forti pronunciate senza paura, rivendicando un diritto democratico, quello di protestare contro ciò che non riteniamo giusto ed agire perché l’errore sia denunciato.
Il suo coraggio l’ha portata a continuare la protesta quando il 15 luglio, tornata a casa dopo un periodo all’estero, aveva esposto, sull’argine della Sofiyskaya (lungo la Moscova, nella capitale russa), un nuovo cartello nel quale definiva Putin “assassino” ed ancora, rivolgendosi al Presidente russo : “I suoi soldati sono fascisti. 352 bambini sono morti. Quanti altri bambini devono morire perché tu smetta?”.
La giornalista russa Marina Ovsiannikova, in un fermo immagine tratto da una intervista. TV ++ HO – NO SALES EDITORIAL USE ONLY++
Inevitabile il suo nuovo arresto, accompagnato dalla perquisizione del suo appartamento, l’accusa è stata: “ Ha diffuso informazioni false”. Lo ha deciso il tribunale Basmanny di Mosca, su richiesta della procura. Il suo fermo è avvalorato da una legge di censura, approvata a marzo dal Parlamento all’unanimità, la Duma di Stato, che criminalizza le “false informazioni” sulle forze armate.
Secondo Vyacheslav Volodin, portavoce della Duma, “coloro che hanno mentito e fatto dichiarazioni che screditano le nostre forze armate saranno costretti a subire punizioni molto dure”, una legge dunque che non ammette violazioni, in puro stile dittatoriale e diretta ad una giornalista che si era licenziata.
Una legge, entrata in vigore all’indomani dell’invasione dell’Ucraina, che non definisce con precisione cosa sia reato, lasciando ampio margine di interpretazione, un provvedimento che colpisce qualunque pensiero non gradito e dunque trattato come crimine, in merito alla guerra contro l’Ucraina.
Secondo Amnesty International Putin usa, per reprimere il dissenso: arresti di massa ( sono 15.000, tra cui 133 bambini, le persone arrestate per aver manifestato in strada), censura ( chiusura di molti media indipendenti), leggi per limitare la libertà di espressione (i giornalisti non possono scrivere o pronunciare le parole “guerra” e “invasione, se lo fanno rischiano fino a 15 anni di prigione, il Cremlino infatti continua a parlare di “operazione militare speciale”).
Secondo questa legge liberticida la Ovsyannikova rischia dunque fino a 15 anni di carcere solo per aver espresso un suo pensiero. Nonstante avesse lasciato la Russia per lavorare per tre mesi per la testata tedesca Die Welt, ella era tornata per ragioni familiari e, nello stesso tempo, per sostenere il politico dell’opposizione Ilya Yashin, cosa per la quale era stata condannata a pagare una multa di 50 mila rubli, ancora una volta per “discredito delle Forze armate della Federazione russa”.
L’uso del terrore è condizione necessaria ad un regime totalitario, scrive Hanna Arendt, la massa amorfa va convinta, continua, con l’uso della propaganda. L’opera in cui la Arendt descrive i totalitarismi – “Le origini del totalitarismo” – viene pubblicata nel 1951, ma, ci chiediamo, alla luce della criminalizzazione di qualsiasi tipo di opposizione da parte di Putin, è davvero cambiato qualcosa oggi dai totalitarismi del ‘900 descritti dalla filosofa?
Il battaglione Azov : strani atlantisti, europeisti ucraini o solo “bravi” neonazisti in cerca di potere?
Il Battaglione Azov, fondato da Andriy Biletsky, militante neonazista, nasce nel 2014 dall’unione di due gruppi paramilitari dell’estrema destra ucraina. La formazione viene poi inquadrata nella Guardia Nazionale Ucraina l’11 novembre 2014.
Ciò avvenne in seguito al caos politico creatosi in Ucraina dopo l’Euromaidan, serie di manifestazioni pro-europeiste, iniziate tra il 21 e il 22 novembre 2013, a causa della decisione del governo di Viktor Janukovyc di sospendere le trattative per un accordo di associazione con l’UE e un riavvicinamento alle posizioni russe.
Al caos politico in Ucraina si accompagnò, nello steso momento, anche la perdita della Crimea, rivendicata dalla Russia di Putin come proprio territorio e la deposizione del presidente Viktor Janukovyc, pro putiano, oltre a molteplici diserzioni dell’esercito ucraino.
Questa situazione difficile per lo stato Ucraino, portò le autorità governative all’utilizzo di gruppi militari provenienti dall’estrema destra – pensiamo quasi come emblemi del concetto di patria? – finchè non furono inquadrati come reparti paramilitari affiancandoli all’esercito regolare.
Battaglio Azov
Molto attivo nella guerra del Donbas del 2014 contro i separatisti filorussi, il Battaglione Azov si è poi conquistato un ruolo significativo nella guerra contro la Russia di quest’anno, difendendo strenuamente l’acciaieria di Azovstal di Mariupol fino alla resa su ordine di Kiev, come annunciato dal tenente colonello Denys Prokopenko, il comandante irriducibile dell’Azov che Mosca vuole morto.
Il Battaglione, negli anni, si è attirato aspre critiche internazionali, direttamente legate ad accuse di tortura e omicidi di massa durante il periodo cruento degli scontri del 2014. Infatti nel 2014 Amnesty Internazional denuncia al premier ucraino di allora, Arsenij Jacenjuk, crimini e abusi da parte dell’Azov sulla popolazione civile, uccisioni di massa di prigionieri, fosse comuni per occultare cadaveri e torture sui combattenti civili nel Donbas.
Biletsky pare abbia inoltre affermato: “l’Ucraina è chiamata a guidare le razze bianche in una crociata finale”. Eppure Maksim Zhorin, terzo comandante del battaglione Azov che ha combattuto a Mariupol, ha dichiarato : “ Non c’è nessuno legame tra noi e il movimento nazista. Il nostro scopo è salvare l’Ucraina e la sua integrità. Putin usa la sua propaganda per chiamarci nazisti per trovare un pretesto per uccidere gli ucraini”.
Molte le inchieste aperte nei confronti di questa formazione in Ucraina, ma al momento non ci sono conclusioni giuridiche in merito alle loro azioni.
Le ragioni della nascita di questa formazione sono riconducibili alla dura campagna repressiva in Ucraina voluta da Stalin negli anni ’20, cosa che determinò una carestia che causò milioni di morti. Durante la seconda guerra mondiale, l’Ucraina fu aiutata dalla Germania che trovò in Stepan Bandera un suo rappresentante, devoto ad Hitler e anche responsabile dello sterminio di 1.6 milioni di ebrei, un suo alleato.
Bandera, seppure vicino ad Hitler, sarà poi deportato, ma combatterà contro l’Armata rossa. Questa sua posizione farà di lui, ancora oggi, un personaggio odiato e amato dagli ucraini, onorato ufficialmente come eroe nazionale nel 2010, il titolo gli sarà revocato nel 2019 per volontà del partito di Volodymyr Zelensky. Ad ogni modo, i gruppi neonazisti vengono spesso apostrofati in maniera dispregiativa con il nomignolo di «banderovtsi», banderisti.
Il problema è che ancora oggi ci sono duemila e cinquecento volontari, non solo ucraini, dichiaratamente neonazisti, che combattono al grido di “Smert’ Voroham!” ( Morte al nemico), adoperando simboli del periodo nazista come il Wolfsangel, contrassegno utilizzato dalle SS tedesche durante l’invasione dell’Unione Sovietica e portando, sullo sfondo dello scudetto sulla divisa, oltre al giallo e al blu della bandiera ucraina, pure lo «Schwarze Sonne», il sole nero fatto di svastiche, eredità del misticismo hitleriano.
La presenza del Battaglione Azov è dunque un aspetto inquietante di questa guerra Russo-Ucraina, il loro ruolo viene perciò, di volta in volta, esaltato o condannato, a seconda della propaganda che li vuole, una volta disprezzati nazisti ed un’altra eroici difensori della patria, specie quando affermano: “ Non siamo nazisti, leggiamo Kant”.
Insomma questi uomini della Brigata Azov sono nazisti o eroi? L’Ucraina insomma è un paese nazista o no? Ovviamente la verità sta sempre nel mezzo, non c’è guerra che non ricorra a qualunque stratagemma per raggiungere i suoi obiettivi, come non c’è guerra che non commetta errori di valutazione sulle strategie e sui mezzi per ottenere ciò che si è prefisso il paese belligerante.
L’unica cosa certa, ad oggi, è che Putin ha usato la presenza di questo Battaglione e di altri come questo, per giustificare la sua politica di aggressione all’Ucraina in nome della “denazificazione” del paese, mentre l’Azov è riuscita a ricostruire, alla luce della sua lotta all’acciaieria di Mariupol, un’immagine di eroismo che certamente non gli appartiene, ma che ha regalato orgoglio ad un popolo aggredito.
Acciaieria Azvostal
Durante la sua campagna elettorale, anche Zelensky non li vedeva di buon occhio, cosa che costò alla moglie Olena l’accusa di sostenere i terroristi del Donbas e Lugansk. Ciò nonostante il 19 marzo, lo stesso Zelensky insignisce il comandante del Battaglione Denis Prokopenko con il titolo onorifico di Eroe dell’Ucraina con questa motivazione: «Per il coraggio personale e l’eroismo mostrato in difesa della sovranità statale e dell’integrità territoriale».
I combattenti dell’Azov si sono ormai arresi, che fine faranno? Sulla loro sorte resta il mistero, Putin li vorrebbe certamente morti, le famiglie chiedono che vengano loro riconosciuti i diritti di prigionieri di guerra, la Duma vuole processarli e li considera “terroristi”, Kiev li rivuole a casa e cerca uno scambio di prigionieri.
Resta però la domanda: questi combattenti sono strani atlantisti , europeisti ucraini o solo “bravi” neonazisti in cerca di potere? Potrebbero riuscire a conquistarsi un ruolo nel governo del paese a fine guerra? L’Ucraina ha bisogno di loro per difendersi? Può accettare la loro presenza in nome della difesa della patria?
Solo il tempo e la Storia potranno risponderci.
Un eroe moderno made in Sannio: Pier Francesco Zazo, ambasciatore di umanità
Mentre “tutti parlano di pace ma nessuno educa alla pace” un concreto esempio di cooperazione, solidarietà e umanità arriva proprio dall’Ucraina e si concretizza nella persona di Pier Francesco Zazo, l’ambasciatore italiano nativo di Benevento.
“Il problema della Pace non è solo una questione economica e sociale, non riguarda solo la struttura esterna della vita, ma tocca l’uomo nel suo intimo, implica la sua trasformazione morale. Trattandosi di questo la pace si pone come un problema pedagogico, la responsabilità ultima della sua realizzazione è dunque dell’educazione… Per troppo tempo, invece, l’uomo ha commesso l’errore di considerare la pace dal punto di vista della politica, come semplice cessazione della guerra, e questo gli ha impedito di riconoscere la via della salvezza che conduce alla vera pace”.
Così Maria Montessori tentava di richiamare l’attenzione sul tema in termini antropologici e pedagogici finendo per essere inconsapevolmente profeta dei nostri tempi.
Gran parte degli esponenti politici italiani propongono sforzi affinché l’Italia abbia un ruolo determinante nel quadro definito dell’Alleanza Atlantica e della difesa europea potenziando il piano degli investimenti militari; posizioni che sembrano chiaramente in contrato con il programma d’azione per le persone, il pianeta e la prosperità sottoscritto nel 2015 dai governi dei 193 paesi membri dell’Onu. L’obiettivo 16 cita infatti “La Pace, Giustizia e Istituzioni solide” come meta da perseguire entro il 2030 insieme ad altri punti programmatici dell’Agenda.
Mentre “tutti parlano di pace ma nessuno educa alla pace” un concreto esempio di cooperazione, solidarietà e umanità arriva proprio dall’Ucraina e si concretizza nella persona di Pier Francesco Zazo, l’ambasciatore italiano nativo di Benevento. Una professionalità che ha scelto l’arma della diplomazia per costruire la pace e che è diventato inconsapevolmente un educatore di umanità. Una biografia da leggere nelle aule ai nostri ragazzi perché più che mai è il momento di parlare di valori e principi umanitari.
Secondo quanto riferisce Ansa nel momento in cui l’ambasciata italiana si stava trasferendo da Kiev a Leopoli, uno spostamento non privo di rischi, l’ambasciatore italiano è riuscito a portare sani e salvi circa 20 minori, tra i quali 6 neonati che avevano trovato rifugio in sede. Uno sforzo notevole in una situazione particolarmente critica, lodato dal presidente del Consiglio Mario Draghi il quale ha affermato: “Voglio ringraziare l’Ambasciatore in Ucraina, Pier Francesco Zazo, il personale dell’Ambasciata per lo spirito di servizio, la dedizione e il coraggio. L’Unità di Crisi mantiene regolari contatti con i nostri connazionali in Ucraina e con i familiari in Italia”.
Alfredo Zazo, giurista e docente: a lui è intitolata una sala della Biblioteca provinciale di Benevento
Zazo è a Kiev dallo scorso gennaio. È nato a Benevento nel 1959, si è laureato in scienze politiche nel 1984 presso l’Università “Luiss” di Roma. Antenati illustri e noti nella genealogia del diplomatico in quanto nipote di di Alfredo Zazo, giurista e docente divenuto direttore dell’Archivio storico provinciale di Benevento nell’ottobre 1926, che promosse l’istituzione della Biblioteca provinciale, ove è intitolata a lui una sala, che diresse per circa un trentennio, insieme all’Archivio e al Museo del Sannio. Zazo junior è stato in Ucraina quattro anni, poi ha prestato servizio a Mosca come Capo dell’Ufficio economico-commerciale. Dopo l’invito ad utilizzare i mezzi disponibili per lasciare l’area negli orari in cui non c’era il coprifuoco “con massima cautela”, stando a quanto riportato telefonicamente da uno degli italiani rientrati da Kiev, Zazo insieme a tutto il suo staff avrebbe offerto un contributo vitale agli italiani bloccati in Ucraina.
I testimoni raccontano che il diplomatico ha aperto le porte dell’Ambasciata a decine di altre persone, fra cui moltissimi bambini, accolti nell’abitazione dell’Ambasciatore che ha messo a disposizione cibo e un rifugio. Si auspica una possibile visita di Zazo viste le dichiarazioni del Sindaco di Benevento, Clemente Mastella il quale ha dichiarato nei giorni scorsi: “Nel ringraziare il diplomatico di origini sannite per quanto sta facendo in questi giorni di disperazione, mi preme ribadire che, fugata questa drammatica sofferenza, sarà mia priorità quella di conferirgli la cittadinanza onoraria”.
La cronaca ci ha raccontato e ricordato il ruolo importantissimo degli ambasciatori, funzionari pubblici che hanno raggiunto uno dei gradini più alti della carriera diplomatica alla fine di un percorso piuttosto arduo. Una figura ben lontana dallo spot pubblicitario che nel 1988 la Ferrero lanciò per i suoi cioccolatini che nell’ambiente diplomatico è rimasta impressa, e ha plasmato il cliché sugli ambasciatori negli anni a venire.
In questa guerra disumana il valore di questo italiano finisce per essere, invece, emblema di una “guerra umanitaria” ossia di quell’impegno necessario e finalizzato a salvare le persone da qualcosa di brutto. Quella che per Gino Strada diventava l’unica guerra ammissibile e accettabile perché espressione di grande umanità ricordando che “la guerra non può essere la soluzione al problema: la guerra è sempre il problema”.
(di Alessio Fragnito) – Quando sparirà la Guerra dalla Storia dell’Umanità?
di Alessio Fragnito – Gli eventi di questi giorni hanno spinto molte persone a chiedersi come sia possibile che la Guerra sia tornata ad imperversare in Europa, uscendo dai libri di Storia per tornare a riempire le pagine dei quotidiani. Ma sebbene molti siano convinti del contrario, bisogna ricordare che dalla fine della seconda guerra mondiale ad oggi il Mondo non è stato mai realmente in pace e numerosi conflitti si sono succeduti nei diversi continenti, anche se con intensità decisamente minore rispetto al passato. A questo aggiungiamo che, da quando esiste l’Uomo, oltre il 70% delle guerre combattute sul pianeta Terra si è concentrato nel continente europeo o ha visto il coinvolgimento delle nazioni europee al di fuori dei propri confini. Potrebbe essere utile quindi cercare di capire come mai la Guerra ha costituito, costituisce e purtroppo costituirà sempre una opzione politica da parte delle comunità umane che oggi vengono definite “nazioni” e che prima venivano semplicemente definite “popoli”.
Secondo le diverse teorie accademiche, la Guerra non è qualcosa che è sempre esistita, per cui ne consegue che non è affatto detto che debba necessariamente esistere per sempre. Se infatti nei suoi primi millenni di sviluppo l’Umanità non conosceva affatto la guerra tra esseri umani, ciò significa che possiamo sperare nella sua scomparsa definitiva. In base alle ricerche archeologiche, la guerra tra esseri umani è un fatto relativamente recente: l’Homo Sapiens ha almeno 140.000 anni di storia sulle spalle, la guerra ne ha molti di meno. Secondo le teorie dell’archeologaMaria Gimbutas, la guerra appare nella storia umana intorno all’ 8.000 a.C., quando le civiltà Kurgan, che possiamo definire “protoindoeuropee”, abbandonarono la Russia meridionale ed iniziarono a colonizzare i vari continenti, ed in particolare l’Europa, servendosi di alcuni strumenti innovativi, tra cui le prime armi in metallo. Come dimostrato dai ritrovamenti archeologici, infatti, per oltre mille anni il rame venne utilizzato esclusivamente per la produzione di gioielli femminili, e solo in seguito alla scoperta accidentale del bronzo, cominciarono ad essere realizzati oggetti che possiamo intendere come “armi” vere e proprie. Secondo altre teorie, invece, già durante l’era mesolitica, gli uomini iniziarono a farsi la guerra tra loro, utilizzando armi in pietra, come dimostrato ad esempio dalle asce e dai pugnali in ossidiana, rinvenuti in diversi continenti. In ogni caso parliamo di non più di 15.000 anni fa.
La guerra quindi nacque quando le civiltà umane smisero di collaborare tra di loro per far fronte alle difficoltà della vita quotidiana, incarnate da una Natura Glaciale che imponeva loro di fare fronte comune contro gli animali di grossa taglia e contro le difficoltà ambientali, ed iniziarono a competere per avere accesso alle risorse con cui garantire la sopravvivenza del proprio gruppo. Quando poi si passò dalla vita nomade alla vita sedentaria e i gruppi umani divennero più numerosi, la guerra iniziò a diventare una opzione politica, ovvero una scorciatoia per assicurarsi benessere e prosperità. Con la fine del nomadismo, l’uomo divenne produttore di cibo e quindi nacquero villaggi e città che potevano contare su un numero elevato di persone, le quali, ben presto, rinunciarono all’uguaglianza sociale e decisero che era arrivato il momento di far nascere la “società complessa”, nella quale viviamo ancora oggi, e che si basa sulla divisione tra “classi sociali”.
Quasi tutti gli studiosi convergono sul fatto che ben presto la società umane si organizzarono secondo quella che viene definita la “tripartizione sociale indoeuropea”, ovvero la divisione tra sacerdoti, guerrieri e lavoratori, ossia schiavi sottomessi alle prime due classi sociali. In realtà, come sappiamo, i sacerdoti, o meglio le sacerdotesse, erano sempre esistite, ed erano loro a guidare le comunità umane nel paleolitico e nel neolitico preceramico, per cui la nascita della società complessa corrisponde alla nascita della classe dei guerrieri, e quindi alla nascita della guerra come opzione politica.
Ma per poter spingere gli esseri umani ad uccidere i propri simili, devono subentrare fattori culturali, ovvero identitari: gli altri esseri umani, di solito i propri vicini, devono essere visti come nemici, ossia come una minaccia per la propria esistenza. Senza una divisione di matrice culturale, la guerra non può mai esistere.Se tutti gli uomini fossero privi di quella che noi oggi definiamo “identità nazionale”, non sarebbe possibile convincere le persone ad uccidere altre persone. Come sappiamo i romani consideravano i cartaginesi come una minaccia e per questo decretarono la distruzione di Cartagine, così come Hitler convinse i tedeschi che gli ebrei fossero una minaccia per il popolo. Anche Mussolini fece credere agli italiani che gli inglesi e i francesi fossero una minaccia per il popolo italiano, così come Putin oggi sostiene che l’ingresso dell’Ucraina nella Nato sia una minaccia per il popolo russo.
Purtroppo dall’età del bronzo ad oggi, i destini delle civiltà sono sempre stati legati alla superiorità militare, e solo chi vinceva le guerre poteva prosperare. E per vincere le guerre bisognava inventare armi superiori a quelle del nemico. Dal bronzo al ferro, dalla spada al fucile, dal mitragliatore alla bomba atomica, dai gas letali ad internet, la ricerca scientifica è sempre stata finalizzata a garantire la superiorità militare della propria “civiltà”, del proprio popolo, della propria nazione, su tutte le altre, le quali possono sempre diventare “una minaccia” se la classe dei guerrieri, ovvero i nostri governanti, riescono a convincere le classi subalterne che sia così. E se non ci riescono da soli, possono talvolta utilizzare fattori religiosi: Hilter invase la Polonia col motto “Dio è con noi”, i conquistadores spagnoli dovevano “cristianizzare” i popoli amerindi, le crociate erano fatte per “liberare” la Terra Santa, l’ISIS basa il suo proselitismo sulla guerra contro gli “infedeli”.
Per secoli la guerra è stata del resto la principale opzione politica a disposizione dei popoli, ed in particolare per le popolazioni di cultura germanica, come ad esempio i Longobardi, per i quali solo chi sapeva combattere in guerra poteva essere considerato un uomo “libero”, mentre chi non sapeva combattere doveva vivere in condizione di schiavitù e sottomissione alla classe dei guerrieri. C’era però una enorme differenza: all’epoca i governanti guidavano gli eserciti e i re, i principi, i duchi, i conti, stavano in prima linea durante le battaglie campali, mentre i poveri stavano nelle ultime linee e la guerra finiva quando moriva il capo dell’esercito. Il potere politico era quindi lo specchio fedele del potere militare, mentre oggi come sappiamo i governanti sono chiusi nei bunker e a morire sono i poveri, i nullatenenti, i governati, i lavoratori.
Quale può essere quindi la soluzione? L’unica soluzione possibile è il ritorno alla società semplice, basata sulla totale uguaglianza tra le persone e quindi sulla cancellazione di ciò che noi oggi definiamo “Potere”. Fino a quando ci sarà il Potere, ci sarà la Guerra; fino a quando ci saranno i confini politici, ci sarà la guerra; fino a quando non capiremo, come voleva insegnare Leopardi, che noi esseri umani dobbiamo formare una “social catena” per alleviare reciprocamente le nostre sofferenze, ci sarà la guerra. E di fatto la guerra c’è sempre stata, anche negli ultimi 75 anni, soltanto che noi europei ci siamo sempre voltati dall’altra parte. Abbiamo sempre ignorato i profughi palestinesi, o i curdi, o recentemente i siriani, anzi alcuni leader politici negazionisti sostengono che questi profughi non siano in realtà profughi, ma che siano “una minaccia” per le nostre comunità.
Il nocciolo della questione è infatti proprio questo: si può avere una propria “identità culturale” senza per questo concepire le altre identità culturali come una minaccia? Di fatto, se ci riflettiamo, sono sempre i governanti che spingono i governati, che oggi chiamiamo “elettori”, a credere che gli altri siano una minaccia. Per questo fino a quando i popoli abboccheranno alle bugie dei governanti, ci sarà la guerra. E poco importa se il “nazionalismo” sia stato sostituito dal “sovranismo”, la sostanza rimane sempre la stessa: solo quando i popoli inizieranno a concepire le altre identità culturali come una risorsa e non come una minaccia, ai governanti che gestiscono il Potere mancherà la base per poter scatenare le proprie guerre. Solo quando i popoli saranno tutti uniti come fratelli, i governanti non potranno più dividerli per poterli comandare e spingerli in guerra l’uno contro l’altro (i romani dicevano “divide et impera”). E solo quando gli esseri umani si considereranno tutti uguali e tutti fratelli, la Guerra sarà cancellata dalla Storia e i carrarmati saranno qualcosa da poter guardare solo in un Museo.
beneventonews24.it utilizza cookie e tecnologie simili per gestire, migliorare e personalizzare la tua esperienza di navigazione del sito; per maggiori informazioni, consulta la nostra Informativa sulla PrivacyCookie settingsAccetto
Manage consent
Privacy Overview
This website uses cookies to improve your experience while you navigate through the website. Out of these, the cookies that are categorized as necessary are stored on your browser as they are essential for the working of basic functionalities of the website. We also use third-party cookies that help us analyze and understand how you use this website. These cookies will be stored in your browser only with your consent. You also have the option to opt-out of these cookies. But opting out of some of these cookies may affect your browsing experience.
Necessary cookies are absolutely essential for the website to function properly. These cookies ensure basic functionalities and security features of the website, anonymously.
Cookie
Durata
Descrizione
cookielawinfo-checbox-analytics
11 months
This cookie is set by GDPR Cookie Consent plugin. The cookie is used to store the user consent for the cookies in the category "Analytics".
cookielawinfo-checbox-functional
11 months
The cookie is set by GDPR cookie consent to record the user consent for the cookies in the category "Functional".
cookielawinfo-checbox-others
11 months
This cookie is set by GDPR Cookie Consent plugin. The cookie is used to store the user consent for the cookies in the category "Other.
cookielawinfo-checkbox-necessary
11 months
This cookie is set by GDPR Cookie Consent plugin. The cookies is used to store the user consent for the cookies in the category "Necessary".
cookielawinfo-checkbox-performance
11 months
This cookie is set by GDPR Cookie Consent plugin. The cookie is used to store the user consent for the cookies in the category "Performance".
viewed_cookie_policy
11 months
The cookie is set by the GDPR Cookie Consent plugin and is used to store whether or not user has consented to the use of cookies. It does not store any personal data.
Functional cookies help to perform certain functionalities like sharing the content of the website on social media platforms, collect feedbacks, and other third-party features.
Performance cookies are used to understand and analyze the key performance indexes of the website which helps in delivering a better user experience for the visitors.
Analytical cookies are used to understand how visitors interact with the website. These cookies help provide information on metrics the number of visitors, bounce rate, traffic source, etc.
Advertisement cookies are used to provide visitors with relevant ads and marketing campaigns. These cookies track visitors across websites and collect information to provide customized ads.