La persecuzione di Julian Assange e del suo giornalismo di inchiesta

La persecuzione di Julian Assange e del suo giornalismo di inchiesta

Attualità

Dopo numerose manifestazioni in tutto il mondo, si è tenuta quattro giorni fa a Roma la protesta “La mia voce per Assange” per chiedere la liberazione di Julian Assange, assurdamente tenuto in detenzione per aver denunciato crimini di guerra e gravissime violazioni dei diritti umani da parte dei militari statunitensi in Iraq e Afghanistan. La manifestazione, tenutasi presso la Federazione nazionale della Stampa italiana, con l’appoggio di tre testate – il Manifesto, Avvenire e il Fatto Quotidiano -, insieme ad alcuni video di Premi Nobel, personalità del mondo della cultura, dell’informazione e dello spettacolo, chiede il rispetto della libertà e indipendenza dell’informazione.

In relazione alla manifestazione il direttore di Avvenire ha dichiarato : “ I giornalisti siano cani da guardia dell’umanità”.

Julian Assange  è un cittadino australiano, giornalista  e cofondatore e caporedattore dell’organizzazione divulgativa WikiLeaks.

Nel 2010 è diventato famoso per aver reso noto, per mezzo di WikiLeaks, documenti statunitensi , ottenuti attraverso  un militare tale Bradley Edward Manning, oggi Chelsea Manning, che attestavano crimini di guerra compiuti dagli americani  soprattutto in Iraq e Afghanistan.

Bradley Edward Manning

Nonostante il suo lavoro sia stato riconosciuto meritevole di ricevere innumerevoli premi come il Premio Sam Adams, la Medaglia d’oro per la Pace e la Giustizia della Fondazione Sydney Peace ed il Premio per il Giornalismo Martha Gellhorn, oltre alla ripetuta proposta per l’attribuzione del Nobel per la pace per il suo lavoro di informazione, Assange è perseguito dalle autorità statunitensi per aver pubblicato informazioni, classificate come segrete, sulle guerre combattute dagli Stati Uniti, soprattutto in  Iraq e Afghanistan e per i morti civili per mano dei militari statunitensi.

L’aver svelato il compimento di innumerevoli crimini di guerra, anche attraverso la pubblicazione di un video su presunte violenze ad opera di militari americani contro civili iracheni, oltre alla pubblicazione di 700mila documenti riservati relativi alla “guerra globale al terrorismo”, fa rischiare ad Assange fino a 175 anni di carcere negli USA.

Tutto ha inizio nel marzo del 2010 quando Bradley Edward Manning, attuale Chelsea Manning , all’epoca militare e analista di intelligence statunitense, ha trafugato decine di migliaia di documenti riservati, relativi ad operazioni militari in Iraq e di averli consegnati a WikiLeaks  al fine della loro conoscenza. Per questo suo atto è stata arrestata, imputata di reati contro la sicurezza nazionale e detenuta. Nel 2013, dopo aver dichiarato il suo cambio di sesso, è stata condannata a 35 anni di carcere per spionaggio ed altri reati relativi. Dopo la riduzione della pena ad opera di Obama, oggi è libera.

Nel frattempo WikiLeaks aveva pubblicato circa 91.731 documenti militari relativi alla guerra in Afghanistan,  materiale che viene rilasciato  ai quotidiani Guardian, al New York Times e Der Spiegel.

L’arresto di Assange però non sopravviene per le sue attività giornalistiche, ma, secondo l’accusa, per aver hackerato una password governativa. Per questo reato, associato ad altri 18 capi di imputazione, tra cui cospirazione e violazione della legge sullo spionaggio, egli rischia, come già detto, 175 anni di carcere.

In realtà l’informatore avrebbe fornito, liberamente, parte di un “hash” della password per accedere ad un account governativo, non tutta la password e dunque Assange non avrebbe potuto entrare nel sito governativo, ma durante tale scambio Assange avrebbe accettato di aiutare Manning nella pubblicazione dei documenti incriminati.

E’ vero infatti che dopo la conversazione con Manning, Assange non ha mai potuto decifrare la password. Incredibilmente l’intera accusa per crimini informatici di cui egli è imputato, si basa sulla discussione tra l’editore e la sua fonte sul cracking di una password che non c’è mai stata.

Non crimine informatico dunque, ma rapporto colpevole di un editore con una sua fonte, accusa pericolosissima perché creerebbe un precedente in base al quale un giornale non solo dovrebbe rivelare le sue fonti, cosa inammissibile, ma non potrebbe più avere notizie, costringendo così l’informazione al silenzio e uccidendo così un principio democratico fondamentale.

Amnesty International afferma in merito: “ Diffondere notizie di pubblico interesse è una pietra angolare della libertà di stampa. Estradare Assange costringerebbe i giornalisti di ogni arte del mondo a guardarsi le spalle”.

The Intercept in merito alla vicenda ha scritto : “ I giornalisti hanno una relazione con le loro fonti. Queste relazioni non sono cospirazioni criminali. Anche se una fonte finisce per infrangere una legge per fornire al giornalista informazioni riservate, il giornalista non ha commesso un reato ricevendole e pubblicandole”.

Supporters of WikiLeaks founder Julian Assange hold placards and take part in a march in London, Saturday, Oct. 23, 2021, ahead of next week’s extradition case appeal. (AP Photo/Alberto Pezzali)

Dall’11 aprile 2019 Assange è incarcerato nel Regno Unito, dapprima ospite presso l’ambasciata ecuadoriana, poi presso la prigione Belmarsh, per violazione della libertà su cauzione a seguito delle controverse accuse di stupro da parte della Svezia, poi a seguito della richiesta di estradizione da parte degli Stati Uniti per le accuse di cospirazione e spionaggio.

Il 20 aprile 2022 il tribunale di Londra ha però autorizzato l’estradizione di Julian Assange negli Stati Uniti, decisione a cui egli si doveva appellare entro 14 giorni provando, infine, a rivolgersi alla Corte Europea dei Diritti Umani di Strasburgo. L’autorizzazione all’estradizione è stata decisa in quanto, secondo le autorità britanniche, esse hanno riscontrato che negli Stati Uniti “ egli non possa andare incontro a una procedura incompatibile con i suoi diritti umani, incluso il diritto a un processo giusto o alla sua libera espressione”.

Secondo alcuni testimoni però, dei contatti americani avrebbero dichiarato che avevano pensato a “misure più estreme” come “lasciare aperta la porta dell’ambasciata per permettere a delle persone di entrare e rapire o avvelenare Assange”.

 “Un giorno buio per la libertà di stampa“, ha commentato WikiLeaks, affermazione a cui ci associamo credendo che il giornalismo investigativo sia non solo un diritto dell’informazione, ma anche un dovere per ogni società che crede nella democrazia e nella libertà di sapere e controllare le azioni dei governi che li guidano.

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Fonte: Ansa

Foto: gettyimages