Patrick Zaki e l’accanimento dell’Egitto

Patrick Zaki e l’accanimento dell’Egitto

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Dopo quasi 20 mesi di detenzione arbitraria nella famigerata prigione di Tora alle porte de Il Cairo, Patrick Zaki, attivista per i diritti umani e collaboratore dell’associazione Eipr (Egyptian initiative for personal rights) , nonché ex manager della campagna presidenziale di Khaled Ali, oppositore dell’attuale presidente dell’Egitto al-Sisi e studente dell’Università di Bologna, è stato portato, per la seconda volta,  davanti al tribunale per le emergenze e la sicurezza di al-Mansoura con l’accusa di terrorismo e diffamazione dello stato.

A Bologna Patrick è iscritto al master Gemma, un corso di studi di genere e delle donne. Quando il 20 febbraio 2020 egli si era recato in Egitto per rivedere la famiglia, è stato subito fermato e incarcerato, in condizioni molto difficili con una detenzione che è stata rinnovata di 15 giorni in 15 giorni prima e di 45 giorni successivamente.

La legislazione egiziana prescrive che una persona può restare reclusa, in assenza di processo, per 24 mesi, questa la ragione per cui le autorità egiziane, avvicinandosi la scadenza dei tempi, hanno stabilito le date del procedimento in tribunale. Patrick rischia fino a 25 anni di carcere o addirittura l’ergastolo per avere, secondo l’accusa, diffuso notizie false con un articolo che scrisse nel 2019 sulla situazione della minoranza religiosa copta, a cui appartiene con la sua famiglia, religione che egli ha denunciato essere perseguitata, discriminata e attaccata e per i sospetti legami con Giulio Regeni.

L’accusa e la custodia cautelare si basano su alcuni post di propaganda sovversiva e incitazioni al terrorismo che lo studente bolognese avrebbe diffuso sui social , ma che lui dichiara di non essere suoi.

Il portavoce di Amnesty sottolinea che la Procura egiziana non ha potuto processare Zaki per i presunti 10 post su Facebook che non aveva scritto, così come non reggeva l’accusa di terrorismo nei confronti del giovane. Ciò nonostante la difesa, nella persona di Hoda Nasrallah, ha ottenuto un rinvio dell’udienza per poter visionare la copia ufficiale degli atti, finora non messi a disposizione, e fare propria una memoria difensiva che potesse smentire, punto per punto, le accuse mosse.

La nuova seduta del processo è stata decisa per il 7 dicembre, un tempo “abnormamente lungo”, come lo ha definito Riccardo Noury, portavoce di Amnesty International in Italia, che sa di punizione. Quel giorno cadrà, per Patrick il ventiduesimo mese di detenzione arbitraria e illegale , quindi una sofferenza continua che appare senza senso, un accanimento ingiustificato nei confronti di un ragazzo colpevole solo di aver esternato un suo pensiero in un paese in cui la libertà di parola e pensiero sono negati.

Patrick è nel frattempo detenuto nel carcere di Tora, un luogo tra le mura color sabbia in cui la regola sono le torture, la crudeltà, gli abusi e il diniego di visite mediche– Patrick, subito dopo l’arresto, è stato rasato e buttato in una cella gelida senza coperte né materasso-.

E’ bene sapere che il carcere di Tora è una delle più famose e famigerate prigioni egiziane, tra le sue mura sono stati tenuti gli ultimi due ex presidenti : Hosni Mubarak, rovesciato dalle manifestazioni della Primavera araba e Mohammed Morsi, eletto nel 2012 e poi deposto  dai sostenitori dell’attuale presidente Al Sisi. Oltre a costoro si contano centinaia di oppositori al governo che sono vissuti e spesso morti tra quelle mura e molti altri contagiati dal Covid 19.  

Egitto: carcere di Tora

Tante le manifestazioni, raccolte di firme e richieste che invitano il governo egiziano ed anche quello italiano ad intervenire per mettere fine all’incubo di Zacki, istanze  caldeggiate soprattutto dai sui compagni di studio in Italia a favore di un pacifista sostenitore dei diritti umani che, tra l’altro, è comparso nell’aula del tribunale ammanettato come un comune e pericoloso  delinquente. Nonostante sia in corso l’iter per il riconoscimento della cittadinanza italiana a Patrick Zacki, l’Aula di Montecitorio ha approvato, con 385 voti a favore il provvedimento con il quale si chiede anche  che il governo italiano prema affinchè il governo egiziano rispetti i diritti di libertà d’espressione e di associazione e, contemporaneamente, l’Europa promuova la tutela dei diritti umani dei studenti iscritti nelle università europee, la mozione ancora non è arrivata all’esito sperato.  

Perché l’Italia non fa di più? Cosa privilegiare, la tutela dei diritti umani o gli scambi economici con l’Egitto? L’affermazione dei diritti negati di un giovane studente bolognese colpevole di aver affermato liberamente le proprie idee sui diritti umani, o i rapporti commerciali con un paese al quale si assicurano forniture militari che, ancora oggi, fruttano miliardi al nostro paese?