VIDEO – Consiglio in memoria di Navalny, ok unanime: Consiglio impegna la Giunta a dedicargli uno spazio pubblico

VIDEO – Consiglio in memoria di Navalny, ok unanime: Consiglio impegna la Giunta a dedicargli uno spazio pubblico

Politica

Si è tenuto, questa mattina, a Palazzo Mosti, il Consiglio comunale convocato per commemorare la figura di Alexey Navalny, l’attivista e politico russo, tra i più noti oppositori di Vladimir Putin e morto in carcere.

‘A difesa delle libertà, in memoria di Navalny’ è stato il tema all’ordine del giorno, stamane, del Consiglio comunale di Benevento che si è concluso con un ordine del giorno, approvato all’unanimità.

Recita il documento approvato dall’Assise di Benevento: “Il Consiglio comunale di Benevento, riunito oggi in seduta straordinaria, per commemorare il martirio del politico e attivista russo Alexey Navalny, morto in un carcere  dell’Artico russo, al termine di una durissima e iniqua detenzione, considerato che la figura di Alexey Navalny rappresenta un’icona della difesa dei valori delle libertà e della democrazia, quale risultato di un’opposizione fiera ed esemplare all’autocrazia e alle sue derive più brutali e atroci, esercitate con forme feroci di repressione, esprime la più ferma condanna verso qualsiasi forma di repressione delle libertà e verso ogni trattamento degradante della dignità della persona e della vita umana e sottolinea l’importanza di sostenere e promuovere i principi di libertà di espressione, di diritto alla vita e di opposizione al potere, valori fondamentali per ogni società democratica.

Richiama la Dichiarazione Universale dei Diritti Umani (Universal Declaration of Human Rights, UDHR) approvata il 10 dicembre 1948 dall’ l’Assemblea Generale delle Nazioni Unite che all’articolo 1 recita: ‘Tutti gli esseri umani nascono liberi e uguali in dignità e diritti. Sono dotati di ragione e di coscienza e devono agire in uno spirito di fraternità vicendevole’.

Invita le scuole, le agenzie educative e la cittadinanza tutta a ricordare il martirio di Alexei Navalny dedicandogli un minuto di raccoglimento, riempendone il significato con la lettura dell’articolo 1 della Dichiarazione Universale dei Diritti Umani come monito ad agire responsabilmente per preservare i valori fondanti della democrazia.  Impegna la Giunta comunale ad individuare uno spazio pubblico nella città di Benevento da dedicare ad Alexey Navalny, simbolo universale di difesa delle libertà e della democrazia, contro ogni forma di oppressione”.

Di seguito il servizio video con le interviste al sindaco Clemente Mastella e al portavoce di Alternativa per Benevento, Luigi Diego Perifano.

Cittadinanza onoraria a Zazo, il sindaco Mastella: “Esempio di mite ostinazione: testimone dei valori della nostra terra”

Cittadinanza onoraria a Zazo, il sindaco Mastella: “Esempio di mite ostinazione: testimone dei valori della nostra terra”

AttualitàBenevento Città

“Impossibile essere imparziali tra il carnefice e la vittima. Siamo chiamati a prendere posizione, se vogliamo essere fedeli ai nostri principi non possiamo essere equidistanti.

E’ anche vero che non possiamo silenziare qualsiasi critica o valutazione degli errori commessi dalla nostra parte”, così il sindaco di Benevento, riferendosi al conflitto in corso in Ucraina, nel discorso pronunciato stamane durante la cerimonia solenne per il conferimento della cittadinanza onoraria all’ambasciatore d’Italia a Kiev Pier Francesco Zazo che si è svolta stamane a Palazzo Paolo V. 

La cerimonia ha sugellato la pronuncia unanime del Consiglio comunale che il 29 luglio scorso votò per la concessione dell’onorificenza al diplomatico nato nel capoluogo sannita e nipote di Alfredo Zazo, già sindaco della città, raffinato intellettuale e padre del Museo del Sannio e della Biblioteca provinciale.

Il sindaco, durante la cerimonia, ha rammentato la “mite ostinazione confortata dai valori di cui la terra sannita è ancora testimone” con la quale Zazo declinò, nei primi giorni dell’invasione russa, la raccomandazione a trasferirsi lontano dal conflitto: “Il suo esempio ci convince  di quanto la burocrazia dei messaggi e delle circolari che ingolfano le nostre istituzioni possa essere mandata in soffitta. La sua immagine di quei giorni è quella preoccupata ma serena nel gestire le angosce dei genitori e la innocente apprensione dei bambini. Ci siamo sentiti orgogliosi di Lei”. 

E’ stato poi il presidente del Consiglio comunale Renato Parente a leggere le motivazioni ufficiali del conferimento della cittadinanza. 

L’ambasciatore Zazo ha ringraziato la Città “per lo straordinario riconoscimento” e ha ricordato “la straordinaria storia di Benevento, crocevia di culture e ricca di tesori storici”, per poi ricordare, con commozione, la figura dello zio che proprio della civiltà sannita è stato tra i massimi studiosi di sempre.

Dopo la cerimonia, l’Ambasciatore Zazo è stato accompagnato a Palazzo Mosti per una visita nelle sale istituzionali del Municipio. 

L’Ambasciatore d’Italia in Ucraina Pier Francesco Zazo visita la Rocca dei Rettori ed il Museo del Sannio

L’Ambasciatore d’Italia in Ucraina Pier Francesco Zazo visita la Rocca dei Rettori ed il Museo del Sannio

AttualitàBenevento Città

L’Ambasciatore d’Italia in Ucraina Pier Francesco Zazo sarà ricevuto venerdì 14 aprile 2023 alle ore 16,30 alla Rocca dei Rettori, sede della Provincia di Benevento, dal Presidente Nino Lombardi e dai Consiglieri provinciali per la firma del “Libro degli Ospiti d’Onore” della Provincia e il conferimento del Premio “Telesia for Peoples 2022” da parte della Associazione Icosit presieduta da Mimmo Ragozzino.

A seguire, l’Ambasciatore, accompagnato dal presidente Lombardi, da Giuseppe Sauchella, Amministratore di Sannio Europa, Società in house providing della Provincia di Benevento, e dal professor Marcello Rotili al Museo del Sannio di Benevento.

Carlo Iannace aderisce alla manifestazione per la pace promossa dalla Regione Campania

Carlo Iannace aderisce alla manifestazione per la pace promossa dalla Regione Campania

Politica

Carlo Iannace, senologo e primario della Breast Unit dell’ospedale Moscati di Avellino, da sempre in prima linea nella prevenzione del tumore al seno aderisce alla manifestazione per la pace promossa dalla Regione Campania e dal Presidente De Luca in programma domani a piazza del Plebiscito a Napoli.

“Sono convinto – afferma Iannace – che ogni iniziativa sia utile e necessaria per dire stop alla guerra e aprire un negoziato che porti appunto alla fine del conflitto in Ucraina. Una manifestazione che deve mobilitare tutti per dire stop anche a tutte le altre guerre che ci sono nel mondo.

Inutile nasconderlo – continua Carlo Iannace – che la guerra è una delle maggiori cause della crisi che minaccia in maniera irreversibile l’equilibrio politico e anche economico dei Paesi. E’ uno dei fattori che ha rialzato ancor di più i prezzi delle materie prime, non soltanto quelle utilizzate come fonti energetiche (petrolio e gas) ma anche i metalli industriali e i prodotti agricoli. Già prima della guerra, le quotazioni delle materie prime avevano subito una brusca impennata, spinte dalla ripresa economica successiva alla pandemia del Covid-19. Il conflitto bellico ha poi complicato le cose.

Nelle ultime ore – dichiara Iannace – sto sentendo parlare di guerra nucleare. Ma siamo davvero alla follia. L’unica strada dunque che ci può far uscire dalla crisi è lo stop alla guerra. Pertanto – conclude Iannace – per tutte queste ragioni e anche per tante altre, dico sì alla manifestazione promossa dal presidente De Luca”.

Ucraina, De Luca: “Il 29 ottobre grande manifestazione per la pace a Napoli”

Ucraina, De Luca: “Il 29 ottobre grande manifestazione per la pace a Napoli”

AttualitàDalla Regione

“Una grande manifestazione per la pace a Napoli sabato 29 ottobre”. La annuncia il governatore della Campania, Vincenzo De Luca.

“Nel corso dell’incontro di sabato prossimo in Regione, aperto ad associazioni, istituzioni pubbliche, culturali e religiose – aggiunge De Luca – partirà la concreta organizzazione di questa manifestazione che avrà come obiettivo quello di promuovere un cessate il fuoco in Ucraina della durata di un mese, per consentire a istituzioni di governo e statali o singole personalità di mettere in campo una concreta iniziativa di pace”.

“Invitiamo tutti a comunicare le loro adesioni alla manifestazione che vuole risvegliare le coscienze, far crescere la consapevolezza dei problemi drammatici che abbiamo di fronte, e cominciare a introdurre nel linguaggio della politica la parola “pace”, che sembra ormai cancellata”, conclude De Luca.

Putin e la “mobilitazione parziale”, sfida al mondo e fuga del suo stesso popolo

Putin e la “mobilitazione parziale”, sfida al mondo e fuga del suo stesso popolo

AttualitàPolitica

Sull’onda di una escalation di aggressività e protervia, il Presidente russo Putin ha tenuto, il 21 settembre scorso, un discorso alla nazione nel quale ha informato il popolo russo della necessità di introdurre una “mobilitazione parziale” ….“Per proteggere la nostra madre patria, la sua sovranità e integrità territoriale”.

Putin ha poi spiegato che “la leva riguarderà solo cittadini che al momento sono parte delle riserve, cioè coloro che hanno svolto il servizio militare nelle forze armate, che hanno già esperienza e formazione”, precisando che “i chiamati, prima di partire per il fronte, avranno un’ulteriore formazione e ulteriore addestramento“.

Nel suo discorso, quasi a dare maggiore solennità e vigore alle sue parole, Putin ha citato un passo del Vangelo di Giovanni in cui si dice: “Non c’è amore più grande che dare la propria anima per gli amici”, riferendosi ai suoi soldati che si proteggono l’un l’altro in battaglia: “Loro sono il simbolo del fatto che non siamo mai stati uniti come lo siamo oggi”.

Le sue parole però, nonostante le autorità russe abbiano dichiarato che già 10mila volontari si sarebbero presentati spontaneamente per la leva nelle prime 24 ore dal discorso televisivo di Putin, come ha assicurato il portavoce del Dipartimento per la mobilitazione, ammiraglio Vladimir Tsimlyansky, hanno prodotto la protesta di migliaia di persone che sono scese in piazza, in molte città della Russia come Mosca e San Pietroburgo, per ribellarsi al provvedimento e dire no alla guerra.

Nonostante le reazioni della polizia, la gente ha continuato a protestare anche durante la serata.

Il richiamo alla guerra di 300mila riservisti, oltre la scomparsa, nella versione del Cremlino, di un articolo dei dieci punti del decreto firmato da Putin, il numero 7, in cui si parla di richiamare alle armi non i 300.000 uomini di cui ha parlato il ministro della Difesa Serghei Shoigu, bensì addirittura fino a un milione di cittadini, ha determinato una fuga di massa degli arruolabili.

In tanti stanno provando a scappare dalla Russia, ormai esauriti in poche ore i voli diretti verso paesi per i quali è ancora consentito l’ingresso, come ad esempio la Georgia, sul confine con il Mar Nero, o la Finlandia, il Kazakihstan, la Mongolia, mentre i costi dei biglietti sono aumentati di circa otto volte.

La troupe di Euronews Georgia, nei pressi del confine di Larsi, ha incontrato cittadini russi che vogliono entrare nel paese e, parlando con loro, hanno sentito definire “una follia” la decisione di Putin. Un altro giovane ha dichiarato: “C’era una coda pazzesca di circa dieci chilometri! Oggi sono venuto qui alla mattina presto e sono appena riuscito ad entrare”.

File interminabili di auto sono state viste formarsi in poco tempo verso il paese caucasico con a bordo uomini in età da coscrizione e, secondo quanto affermato da alcuni di loro, pare ci vogliano almeno sette ore per attraversare il confine, mentre secondo alcuni testimoni la coda di auto al checkpoint di Upper Lars, hanno stimato, fosse lunga circa 5 chilometri.

Molti però non sono riusciti a fuggire ed ecco che su Google c’è stato un boom di ricerche di siti relativi a “Come rompersi un braccio” o autoinfliggersi danni fisici per evitare l’arruolamento.

“Mi spezzerò un braccio, una gamba, qualsiasi cosa pur di evitare di partire”, ha dichiarato un uomo in fuga.

In molti pare stiano tentando la fuga in macchina o a piedi verso paesi al confine con la Russia.

Un fuggitivo ha confessato ad un reporter della BBC di essere scappato portando con sé solo il passaporto, senza valigie, allontanandosi subito dopo l’annuncio del Presidente Putin.

Protestare però è diventato doppiamente pericoloso perché diversi giovani, scesi in piazza contro il provvedimento voluto da Putin in decine di città russe, sono stati portati direttamente all’ufficio di reclutamento.

Nel paese dunque c’è un crescente nervosismo verso una politica bellica che in tanti non comprendono e non condividono, ciò nonostante il portavoce del Cremlino, Dmitry Peskov, ha detto che il provvedimento “non è contro la legge”.

Putin ha però pure dichiarato che la Russia userà “tutti i mezzi a sua disposizione” per difendersi da un Occidente che vuole “distruggerla”. A tali affermazioni ha risposto il segretario di Stato americano Antony Blinken che ha parlato di “spericolate minacce nucleari russe” con le quali Putin vuole “fare a pezzi l’ordine mondiale”.

Il ministro degli Esteri russo Serghei Lavrov ha accusato gli “Usa ed i loro alleati” di essere parte del conflitto in Ucraina, paese che sta diventando “ uno Stato totalitario di tipo nazista” . A questi si è aggiunto Dimitrij Medvedev, Presidente della Federazione Russa, che ha dichiarato che i missili ipersonici russi sono in grado di “raggiungere obiettivi in Europa e negli Stati Uniti molto più velocemente”.

In Europa ci si interroga sull’ipotesi di dare asilo ai russi in fuga, Lettonia ed Estonia hanno già negato la loro disponibilità, nel frattempo anche Israele si sta preparando ad una possibile immigrazione di ebrei russi.

Stiamo vivendo una guerra del 2000 assurda, illogica e incomprensibile che, in nome di presunti diritti territoriali e politici, sacrifica la pace ed il benessere di tutti e ignora la voce di manifestanti che gridano:

Non voglio morire per Putin”.

Se per Heghel la guerra è necessaria perché preserva il mare, dunque il mondo,  dalla putrefazione nella quale lo ridurrebbe una quiete durevole, noi rispondiamo all’uomo dell’ottocento che la guerra, specie quella moderna, è solo uno strumento di sopraffazione bestiale ed insensata.  

Russia: il dissenso di Marina Ovsyannikova deve tacere, nuovamente arrestata la giornalista

Russia: il dissenso di Marina Ovsyannikova deve tacere, nuovamente arrestata la giornalista

AttualitàPolitica

Come accade in ogni potere forte e dittatoriale, l’opposizione deve essere messa a tacere ed è quanto accade nella Russia di Putin, paese governato dal potere centrale e nel quale ogni voce di dissenso è considerata atto di discredito dell’esercito e del paese.

L’accusa mossa a Marina Ovsyannikova è di “aver screditato l’esercito del Cremlino”, la giornalista russa, in passato della redazione di Channel one, si è resa protagonista, nel marzo di quest’anno, di una forma di dissenso in diretta. 

La Ovsyannikova è   infatti è apparsa, durante una diretta del Primo canale russo e durante l’edizione serale del telegiornale condotto da Yekaterina Andreeva, una delle anchor woman russe più famose prediletta di Putin e durante il programma più visto nel paese, con un cartello con su scritto :  No alla guerra in inglese e, sotto, in russo, una scritta fin troppo coraggiosa :“Fermate la guerra, non credete alla propaganda, qui vi stanno mentendo”.

L’apparizione, durata solo pochi secondi, è stata però immediatamente interrotta per mandare in onda un filmato di una corsia di ospedale. Immediatamente però, sull’account Facebook della giornalista, sono comparsi messaggi di solidarietà e ringraziamento. Il sito, ovviamente, è stato subito oscurato. Anche il video del telegiornale con all’interno la protesta è stato cancellato dai siti online e non sarà più visibile.

Ovviamente la Ovsyannikova è stata ringraziata anche dal Presidente Zelensky  che ha affermato : “Sono grato a quei russi che non smettono mai di cercare di divulgare la verità”.

Atto incredibile per gli standard dell’informazione russa, gesto che ha determinato il suo immediato fermo da parte della polizia.

Perché la giornalista russa ha compiuto quel gesto? Forse sarebbe meglio sentire quanto ella stessa ha dichiarato in una registrazione nella sua casa prima del clamoroso gesto: “ Quello che sta accadendo in Ucraina è un crimine. La Russia è l’aggressore e la responsabilità di questa aggressione ricade sulla coscienza di un uomo solo Vladimir Putin. Mio padre è ucraino, mia madre russa e non sono mai stati nemici.

 La collana che indosso è simbolo del fatto che la Russia deve porre fine a questa guerra fratricida. I nostri popoli fratelli potranno ancora trovare la pace . Sfortunatamente ho trascorso molti degli ultimi anni lavorando per Channel one, facendo propaganda al Cremlino e me ne vergogno profondamente. Mi vergogno di aver permesso che le bugie provenissero dallo schermo della tv.

 Mi vergogno di aver permesso che il popolo russo diventasse come gli zombie. Siamo rimasti in silenzio nel 2014 quando tutto questo era appena iniziato , non abbiamo protestato quando il Cremlino ha avvelenato Navalyn, abbiamo semplicemente osservato in silenzio questo regime non umano all’opera ed ora il mondo intero gli ha voltato le spalle .

Le prossime 10 generazioni non laveranno via la macchia di questa guerra fratricida. Noi russi siamo persone intelligent .E’ nostro potere fermare tutta questa follia. Andate a protestare. Non abbiate paura di niente. Non possono rinchiuderci tutti”.

Parole forti pronunciate senza paura, rivendicando un diritto democratico, quello di protestare contro ciò che non riteniamo giusto ed agire perché l’errore sia denunciato.

Il suo coraggio l’ha portata a continuare la protesta quando il 15 luglio, tornata a casa dopo un periodo all’estero, aveva esposto, sull’argine della Sofiyskaya (lungo la Moscova, nella capitale russa), un nuovo cartello nel quale definiva Putin “assassino” ed ancora, rivolgendosi al Presidente russo : “I suoi soldati sono fascisti.  352 bambini sono morti. Quanti altri bambini devono morire perché tu smetta?”.

La giornalista russa Marina Ovsiannikova, in un fermo immagine tratto da una intervista. TV ++ HO – NO SALES EDITORIAL USE ONLY++

Inevitabile il suo nuovo arresto, accompagnato dalla perquisizione del suo appartamento, l’accusa è stata: “ Ha diffuso informazioni false”. Lo ha deciso il tribunale Basmanny di Mosca, su richiesta della procura. Il suo fermo è avvalorato da una legge di censura, approvata a marzo dal Parlamento all’unanimità, la Duma di Stato, che criminalizza le “false informazionisulle forze armate.

Secondo Vyacheslav Volodin, portavoce della Duma, “coloro che hanno mentito e fatto dichiarazioni che screditano le nostre forze armate saranno costretti a subire punizioni molto dure”, una legge dunque che non ammette violazioni, in puro stile dittatoriale e diretta ad una giornalista che si era licenziata.

Una legge, entrata in vigore all’indomani dell’invasione dell’Ucraina, che non definisce con precisione cosa sia reato, lasciando ampio margine di interpretazione, un provvedimento che colpisce qualunque pensiero non gradito e dunque trattato come crimine, in merito alla guerra contro l’Ucraina.

Secondo Amnesty International Putin usa, per reprimere il dissenso: arresti di massa ( sono 15.000, tra cui 133 bambini, le persone arrestate per aver manifestato in strada), censura ( chiusura di molti media indipendenti), leggi per limitare la libertà di espressione (i giornalisti non possono scrivere o pronunciare le parole “guerra” e “invasione, se lo fanno rischiano fino a 15 anni di prigione, il Cremlino infatti continua a parlare di “operazione militare speciale”).

Secondo questa legge liberticida la Ovsyannikova rischia dunque fino a 15 anni di carcere solo per aver espresso un suo pensiero. Nonstante avesse lasciato la Russia per lavorare per tre mesi per la testata tedesca Die Welt, ella era tornata per ragioni familiari e, nello stesso tempo, per sostenere il politico dell’opposizione Ilya Yashin, cosa per la quale era stata condannata a pagare una multa di 50 mila rubli, ancora una volta per “discredito delle Forze armate della Federazione russa”.

L’uso del terrore è condizione necessaria ad un regime totalitario, scrive Hanna Arendt, la massa amorfa va convinta, continua, con l’uso della propaganda. L’opera in cui la Arendt descrive i totalitarismi – “Le origini del totalitarismo” – viene pubblicata nel 1951, ma, ci chiediamo, alla luce della criminalizzazione di qualsiasi tipo di opposizione da parte di Putin, è davvero cambiato qualcosa oggi dai totalitarismi del ‘900 descritti dalla filosofa?

L’Ucraina, la Russia e la guerra del grano

L’Ucraina, la Russia e la guerra del grano

AttualitàPolitica

C’è un modo infallibile per piegare il nemico in una guerra, affamarlo o rubare le risorse economiche o alimentari che gli appartengono, in nome della conquista territoriale ottenuta e in dispregio della vita dell’avversario.

Questo metodo di battaglia è oggi tra i preferiti della Russia di Putin per vincere il conflitto o piegarlo a proprio favore e, se è vero che l’uso della fame come arma di guerra è sempre esistito – ricordiamo al riguardo gli estenuanti assedi dell’antichità – la federazione russa sta portando avanti un procedimento che affama l’Ucraina, inclusa la popolazione civile, sottraendogli grandi quantità di grano.

Il prezioso cereale viene prelevato dai depositi ucraini e, se in parte viene importato come scorta nel proprio paese, in buona parte, viene usato come merce da vendere ai tanti paesi che lo richiedono, alimentando guadagni che vanno a sostenere le spese di guerra.

L’uomo è ciò che mangia” affermava il filosofo Feuerbach, cioè la vita stessa di ogni individuo è legata al cibo o alla possibilità di usarlo come merce di scambio per i bisogni dell’esistenza. Questo principio è ben noto a Putin, infatti dall’inizio dell’invasione dell’Ucraina da parte delle truppe di Mosca, i porti ucraini che danno sul Mar Nero sono controllati dagli eserciti russi e le esportazioni sono bloccate.

Infatti oltre 30 milioni di tonnellate di grano erano pronte per essere esportate – ricordiamo che l’Ucraina è il 4° esportatore mondiale di cereali– il tutto per fare posto, nei depositi ucraini, nella ordinarietà al raccolto di giugno.

In pratica Vladimir Putin sta usando la fame e la crisi del grano come arma di guerra nei confronti dell’Ucraina, del tutto incurante delle sorti alimentari di milioni e milioni di persone nel mondo. Ricordiamo che anche la Ue importa circa 1/3 dei cereali prodotti in Ucraina, dal grano, al mais , all’orzo. Il paese slavo è stato da sempre definito il “granaio del mondo”, infatti produce decine di milioni di tonnellate di grano ogni anno e ne esporta quasi i due terzi complessivi.

Il grano ucraino però è indispensabile anche in molti paesi dell’Africa e del Medio Oriente, ma il blocco delle spedizioni verso tali paesi sta provocando la sensibile riduzione delle scorte e l’allarme “fame” è più che reale. Per questo motivo l’Alto rappresentante dell’Unione per gli affari esteri e la politica di sicurezza per la politica estera Josep Borrel, ha condannato fortemente l’azione russa affermando: “Usare la fame come arma contro il resto del mondo è un vero crimine di guerra”.

Paesi come Egitto, Turchia, Bangladesh e Iran, acquistano più del 60% del proprio grano da Russia e Ucraina, lo stesso fanno Libano, Tunisia, Yemen, Libia e Pakistan. Bloccare le esportazioni significa condannare questi paesi alla fame o, peggio a ribellioni e guerre civili oltre che incontrollabili esodi di sapore biblico.

Usare la fame come arma di guerra è dunque una violenza nella violenza, infatti le vittime di questa insensata politica di lotta sono, alla fine, popolazioni totalmente estranee al conflitto. Che responsabilità hanno, ci chiediamo, gli abitanti di una nazione africana nella questione del Donbass o del conflitto di Mosca contro Kiev?

Se da parte di alcuni opinionisti anche nostrani, si solleva la questione delle sanzioni contro Mosca come sbagliate, forse bisognerebbe ricordare loro che c’è una profonda differenza tra le sanzioni imposte dalla comunità europea alla Russia e la guerra del grano operata da Mosca.

Le penalità decise contro la Russia colpiscono, infatti, il gas ed il petrolio russi, dunque patrimoni che si sono ingigantiti durante gli anni di potere di Putin e dei suoi oligarchi, di certo non colpiscono popolazioni in difficoltà come quelle africane. Non è ammissibile dunque mettere sullo stesso piano due azioni sostanzialmente diverse.    

Noi crediamo dunque che la priorità sia sbloccare i porti ucraini usando tutti i condizionamenti possibili, la sicurezza alimentare è infatti una necessità assoluta.

Sappiamo bene che proiettili ed esplosivi costano, per questo motivo le truppe russe stanno adoperando una strategia bellica infamante, ma poco costosa, esse bruciano i campi, distruggono le coltivazioni, fanno cioè dell’uso della distruzione delle fonti del reddito ucraino, uno strumento di guerra, sottovalutando o disinteressandosi delle conseguenze a livello planetario.

A fronte di sanzioni alla propria economia e aprendo alla possibilità di creare “corridoi per il grano”, la Russia chiede, in cambio della disponibilità all’uscita di milioni di tonnellate di grano dall’Ucraina, un allentamento delle sanzioni. Sono in atto inoltre accordi tra Turchia e Russia che prevede la possibilità, per Ankara, di sminare le acque del Mar Nero per permettere la partenza di navi cargo piene di grano verso il Mediterraneo.

Il problema è che almeno 300 mila tonnellate di grano pare siano state distrutte durante i bombardamenti russi nel porto di Mykolaiv, per non parlare delle migliaia di tonnellate sottratte da Mosca dai granai del Donbass.

Nel periodo prebellico Kiev esportava circa 5 milioni di tonnellate nel mondo, durante quest’anno le sue esportazioni sono state meno di un quinto. Inutile dire quali conseguenze ha avuto questa guerra del grano in Ucraina, ma anche nel resto del mondo, quanta fame può generare e che perdite economiche genera nel paese produttore.

L’Unione europea ha cercato di risolvere il problema creando, già a maggio, corridoi del grano su rotaia con la Lituania e la Polonia per consentire di far arrivare la merce al Mar Baltico, operazione importante, ma non sufficiente a permettere all’Ucraina di rifornire i paesi che da lei dipendono per il prezioso cereale.

La spregiudicata “guerra del grano” che Mosca porta avanti senza particolari rimorsi, cambierà anche i rapporti geo-economici dei prossimi anni; si porrà infatti il problema del controllo delle materie prime, sia per la produzione che per il controllo dei prezzi. Il problema però sarà, noi crediamo, che i paesi più poveri di materie prime, come ad esempio del grano, saranno i più svantaggiati, cosa che potrebbe innescare problemi di natura socio-economica dalle conseguenze inimmaginabili.

Arriva il si della della Ue alla candidatura dell’Ucraina, passo verso la pace o la guerra?

Arriva il si della della Ue alla candidatura dell’Ucraina, passo verso la pace o la guerra?

Politica

L’Unione Europea dice sì alla candidatura dell’Ucraina ad entrare nell’alleanza atlantica e, per voce della Presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen, dichiara: “Sono profondamente convinta che la decisione che abbiamo preso oggi ci rafforzi tutti. Rafforza l’Ucraina, la Moldova e la Georgia di fronte all’aggressione russa e rafforza l’Unione Europea, perché mostra ancora una volta al mondo che l’Unione Europea è unita e forte di fronte alle minacce esterne”.

La decisione, presa dalla maggioranza dei paesi Ue, ha registrato però lo scontento di paesi Balcanici, come Macedonia del Nord, Albania, Serbia, Kosovo, Bosnia-Erzegovina e Montenegro che vedono infatti da anni fermo il loro processo di adesione, al punto che il presidente albanese Edi Rama ha dichiarato: “È cosa buona dare lo status di candidato all’Ucraina ma spero che il popolo ucraino non si faccia troppe illusioni”.

www. europerl.europa.eu

E’ vero che la stessa Von der Leyen ha pure precisato : ” Paesi candidati dovranno fare compiti a casa” e che nello stesso tempo è stato sollevato, da più parti, il tema della unanimità nelle decisioni e della probabile modifica di tale sistema di voto.

Se è vero che ogni paese ha il legittimo diritto di indirizzare le proprie scelte politico-economiche e nessuno può sindacare tale diritto, non dobbiamo dimenticare che parliamo di due paesi e precisamente Russia e Ucraina, da sempre in conflitto, la cui storia ha radici lontane e tragiche che attraversa tutta la storia del Novecento e, nello steso tempo, si intreccia con i maggiori cambiamenti globali del secolo scorso.

L’Ucraina è un mosaico di etnie, lingue e religioni, un paese quasi diviso a metà dal fiume Dnepr che separa l’Ucraina europea e occidentale da quella, ad est, più tradizionale e legata alla cultura russa per tradizioni, lingua ed economia.

Il primo scontro si ha durante la Grande Guerra nel 1917, quando, all’ombra degli sconvolgimenti della Rivoluzione russa, il Consiglio Centrale – Central’na Rada – proclama la nascita di uno Stato ucraino sovrano.  Lenin decide immediatamente di intervenire e ciò porta il governo ucraino a chiedere aiuto all’impero tedesco, che scaccia l’Armata Rossa dal paese.

Quando tra il 1929 ed il 1930 Stalin decide di liquidare i kulaki – contadini che non volevano accettare la collettivizzazione delle terre- i primi a rimanere vittime di tale politica delle “purghe” furono gli ucraini che avevano nella coltura delle terre la loro ricchezza. Circa 5 milioni di contadini vengono deportati. La fame falcia centinaia di migliaia di vittime e la Russia è il carnefice.

Holodomor” – uccisione per fame – è il termine con cui viene generalmente ricordato questo tragico periodo, in cui tra 1,5 e 3 milioni di persone muoiono di fame. Questo atto verrà riconosciuto, dal Parlamento europeo nel 2008, come “crimine contro l’umanità”.

Quando durante la seconda guerra mondiale l’Ucraina viene invasa dai tedeschi, questi ultimi vengono accolti come liberatori, soprattutto dal partito nazionalista e collaborazionista di Stepan Bandera, uomo ancora oggi ritenuto a metà strada tra responsabile di crimini ed eroe nazionale.

Dopo il colpevole silenzio voluto da Stalin in merito all’omicidio di massa di  33.771 ebrei ucraini vittime del nazismo, Nikita Chruščëv che succederà a Stalin, dona la Crimea all’Ucraina.

Un episodio che ancor oggi però più amareggia e angoscia gli ucraini è il colpevole silenzio della Russia dopo il disastro di Černobyl’ del 1986, primo grande disastro nucleare noto che ha prodotto e continua a produrre immani danni sociali e politici.

Il processo di allontanamento totale dalla Russia trova il suo culmine il 24 agosto del 1991 quando l’Ucraina proclama la sua indipendenza. Il Paese però aveva al suo interno 1900 testate nucleari sovietiche ed era il maggior “deposito” delle armi atomiche di Mosca.  

Oggi Putin, in aperto contrasto con Zelensky, filoeuropeista, rivendica l’Ucraina in nome dell’originario territorio della Rus’ di Kiev, un’entità monarchica medioevale degli Slavi orientali con Kiev capitale e da cui hanno avuto origine ucraini e russi.

Conosciamo le vicende attuali e l’invasione russa di un paese libero e indipendente che, seppure al suo interno diviso fra filorussi e filoeuropei, deve avere il diritto di scegliere il proprio destino perché, come ci piace ricordare con le parole del filosofo Kierkegaard, la capacità di scelta è legata alla distinzione fra “vita autentica” e “vita inautentica”.

La Russia mira invece alla “russificazione” di un paese che, in buona parte rifiuta questa operazione e lo fa chiedendo aiuti, economici e militari, ai paesi della Ue ed agli Stati Uniti che, ovviamente, non perdono l’occasione per contrastare la Russia, ancora in parte schiavi di una politica di guerra fredda di cui vorremmo liberarci definitivamente.

L’ingresso nella comunità europea però, assicurerebbe l’Ucraina di poter usufruire della copertura della Nato da attacchi stranieri ed alla Nato permetterebbe di allargare i suoi spazi di azione ben al di là di quanto non faccia oggi.

Putin non vuole l’Ucraina nella Ue, né tanto meno nella Nato perché, secondo quanto dichiarato dal ministro degli Esteri russo Sergey Lavrov : “ nel desiderio dell’Occidente e degli Usa di governare il mondo“, l’Ucraina rappresenterebbe  quindi, secondo il Cremlino, “un trampolino di lancio contro Mosca“.

L’Ucraina però non è sola nel suo progetto atlantico, infatti anche la Finlandia ha chiesto ufficialmente di aderire alla Nato nel timore di attacchi russi ed è probabile che la Svezia farà altrettanto.

Se è legittimo dunque chiedersi quali potranno essere gli sviluppi dell’entrata dell’Ucraina nella Ue,  allo stesso modo noi crediamo che essa abbia il diritto di scegliere il suo destino e dunque è corretto aiutarla, se necessario anche militarmente, come faremmo per ogni altro nostro paese amico, nella speranza di una pace certa e definitiva.

Assemblea Confindustria Benevento, De Luca tra Pnrr e guerra in Russia: “In Italia si pensa solo a fregare qualche voto in più”

Assemblea Confindustria Benevento, De Luca tra Pnrr e guerra in Russia: “In Italia si pensa solo a fregare qualche voto in più”

Politica
“Rimpiango Moro, Andreotti: i nostri grandi uomini di Stato, che prima di aprire bocca conoscevano la storia dei paesi dell’Europa e non erano semianalfabeti di ritorno come il segretario della Nato”, le parole del Governatore.

E’ un De Luca come sempre molto diretto e schietto quello che ha parlato all’assemblea degli imprenditori sanniti, tenutasi questa mattina presso l’Auditorium San Vittorino a Benevento. In cica un’ora di intervento, sono tanti i temi affrontati dal Governato, che non ha mancato di esprimere le proprie considerazioni anche sul conflitto tra Ucraina e Russia, definito uno “sceneggiato a puntate”.

Prima, però, il presidente ha posto la sua attenzione sui temi all’ordine del giorno: soprattutto sul Pnrr: “Realizzare il Pnrr sta diventando complicato: eppure lo abbiamo ottenuto raggiungere tre obiettivi: superamento del divario territoriale Nord-Sud, superamento dei divari sociali e superamento del divario di genere. Il programma è rivolto innanzitutto al Sud, altrimenti i 209 miliardi non li avremmo avuti. Nel corso di questi mesi, però, più passa il tempo, più sembra che queste siano risorse destinate in maniera generica all’Italia. Non è così, sono destinate a risolvere lo squilibrio Nord-Sud in primo luogo”.

“La Germania – ha proseguito De Luca – in 20 anni ha preso in mano la parte ex comunista, facendo un’operazione di valore storico e recuperando il divario. Quella è una classe dirigente. In Italia, invece, si ragiona pensando a domani mattina e come fregare 100 voti in più facendo un po’ di propaganda. Questa è la tragedia”.

“Non riesco ad ascoltare le mistificazioni in tv – ha confidato De Luca in merito alla guerra -. Non ci sono giustificazioni per una guerra preventiva ma abbiamo ascoltato dichiarazioni idiote, irresponsabili da parte soprattutto di dirigenti della Nato che sembrano incentivare…”.

“All’interno della Nato ci sono semianalfabeti che parlano senza misurare il peso delle parole che pronunciano. Rimpiango Aldo Moro, Andreotti, i nostri grandi uomini di Stato, che prima di aprire bocca conoscevano la storia dei paesi dell’Europa e non erano semianalfabeti di ritorno come il segretario della Nato”.