Sembra ieri, invece sono passati già cinque anni. Era un altro mondo, non solo un altro Benevento. Era un mondo ancora ignaro di ciò che di lì a poco avrebbe vissuto, con una pandemia mondiale che ha sconvolto intere generazioni.
Alla vigilia della sfida di Trapani, tra i siciliani e il Benevento, la storia giallorossa che vogliamo raccontarvi oggi è quella della Strega di Pippo Inzaghi che proprio 5 anni fa (e un giorno fa, all’epoca si giocò al Vigorito il 6 dicembre 2019) annientò gli isolani con un perentorio e sfavillante 5-0.
Il mattatore di quella sera fu, senza dubbio, quel ragazzo con la dieci sulle spalle che rispondeva al nome di Nicolas Viola.
Era un Benevento, quello, che piano a piano si stava costruendo quelle certezze da macchina da guerra che di lì a poco gli avrebbero consentito di stracciare il campionato e di ottenere la promozione in Serie A con mesi di anticipo, ancor prima della certificazione matematica.
Tra i tanti nomi di quella squadra fantastica, guidata in panchina da Super Pippo Inzaghi, spiccava la stella del talento calabrese, appunto, autore – come detto – quella sera di una tripletta che illuminò non solo il Vigorito ma l’intera città e scaldò i cuori dei tifosi giallorossi.
Prima il gol dal dischetto, poi la finezza balistica da praticamente centrocampo che sorprende Carnesecchi (all’epoca al Trapani, oggi portiere dell’Atalanta) e, infine, la staffilata di prima intenzione che toglie le ragnatele nel sette della porta siciliana.
A chiudere la cinquina furono non proprio due a caso ma Massimo Coda e un certo Marco Sau, per un Benevento che con quel netto 5-0 diede anche un segnale all’intero campionato. Cosa che potrebbe fare anche domani la Strega di Auteri che, con una vittoria, a maggior ragione dopo il pari del Cerignola, potrebbe fare la voce grossa e allungare in classifica sulle inseguitrici per consolidare la propria leadership e aggiungere un altro mattoncino a quel sogno chiamato Serie B.
Storie Giallorosse – Pino Spatola, il presidente tifoso
Uomo appassionato, vero e sincero, Pino Spatola ha rappresentato l’emblema del “presidente-tifoso”. Alla guida dell’allora Sporting Benevento, anni in cui la squadra militava in C1 sfiorando anche una storica promozione in Serie B, Spatola poteva sembrare dall’esterno una persona a tratti spigolosa ma è stato sicuramente un presidente appassionato e leale.
Pino Spatola ha dato tanto ai colori giallorossi e al Benevento, facendo sognare una tifoseria intera, andando davvero a centimetri dalla agognata Serie B.
Le sue corse sotto la curva sono ancora nei ricordi di tutti i tifosi giallorossi. Con Spatola ci fu anche l’arrivo al Benevento dell’indimenticato Capitano Carmelo Imbriani, che sotto la sua presidenza coronò il sogno di vestire i colori della sua terra.
Dopo un primo anno piuttosto anonimo, infatti, nella stagione 2003-04 la compagine sannita approda ai play-off della Serie C1 dopo una lunga rimonta. Nella semifinale promozione, dopo aver sconfitto in casa 1-0 il Crotone, al ritorno arriva una dolorosa sconfitta per 3-1. Sotto la presidenza Spatola, dunque, il Benevento andò a un passo dal centrare la storica promozione in Serie B, sfuggita anche per vicende extracalcistiche; quella serie B, poi, ottenuta sotto la guida del Presidente Vigorito nel 2016.
Nella stagione successiva, poi, i giallorossi lottarono per l’accesso i play-off fino a due giornate dal termine, salvo chiudere al settimo posto. Al termine dell’annata però, il club retrocesse a tavolino in serie C2. In tal modo fu scritta la parola fine al capitolo Sporting Football Club ed alla Presidenza giallorossa di Pino Spatola.
Ciò, però, non è stato sufficiente per eliminare quel filo che lega in maniera indissolubile, ancora oggi a distanza di ormai 20 anni, l’ex Presidente e la sua famiglia a Benevento e alla Strega. E visto che in questi giorni ricorre anche il suo compleanno, cogliamo l’occasione per dire: “Tanti auguri Presidente Spatola”.
Di seguito un piccolo video, rappresentativo della spontaneità del presidente.
“Storie giallorosse”: Orlando Ascione, il piede sinistro di Dio
Inauguriamo “Storie giallorosse”, la nostra nuova rubrica, raccontandovi le gesta di uno degli attaccanti più forti e prolifici della storia quasi centenaria della Strega.
Parliamo di Orlando Ascione, classe 1927, ala o, se si preferisce, esterno d’attacco, il quale con il suo mancino ha scritto pagine indelebili di un Benevento che, in quegli anni del secondo dopoguerra, era sì privo di mezzi ma pieno di talento.
Ascione, come dicevamo, era principalmente un attaccante esterno, un’ala, anche se poteva ricoprire tutte le posizioni del fronte d’attacco. Mancino naturale, una delle sue caratteristiche era il tiro: secco, improvviso, che colpiva inesorabile il portiere avversario, al quale non restava che raccogliere la palla in porta.
Proprio per la potenza del suo sinistro, Ascione era soprannominato “il piede sinistro di Dio”, oppure ‘o stumbo perché con il suo tiro bomba fulminava il portiere avversario.
La capacità balistica gli permetteva di segnare da ogni posizione del campo, finanche da calcio d’angolo. Non sempre, però, le sue capacità erano ben viste, chiaramente dagli avversari. Al punto che – ricordava lo stesso Ascione – “i portieri avversari spesso a fine partita non volevano stringermi la mano, perché non digerivano di essere bucati così all’improvviso”.
Neanche i suoi allenatori riuscivano a capacitarsi di cotanta destrezza nell’esecuzione. Gipo Viani, storico tecnico giallorosso, infatti, volle controllare egli stesso la conformazione dei piedi di Ascione (in foto) per cercare di comprendere da cosa derivasse la sua bravura nell’esplodere quel sinistro a fulmicotone, come veniva descritto dagli addetti ai lavori del tempo.
Un sinistro che punì anche i cugini dell’Avellino, nel derby vinto per 3-0 dal Benevento (nella foto). Era la stagione 46-47, quando i giallorossi si imposero con un netto 3-0 contro gli irpini e, logicamente, tra i marcatori non poteva mancare il nome di Ascione. Le altre due reti portarono le firme di Paone e Gerbi. “Fu una giornata memorabile, infliggemmo all’Avellino una lezione di calcio”, ricordò Ascione.
Insignito del “Gladiatore Sannita”, un riconoscimento meritato – mai come in questo caso – sul campo, per aver fatto sognare intere generazioni beneventane, le gesta di Ascione travalicarono, eccome, i confini del Sannio e della Campania.
Finanche un certo Giuseppe Meazza, sì sì, proprio quel Meazza due volte Campione del Mondo con l’Italia e leggenda senza tempo dell’Internazionale Milano, ebbe modo di apprezzare il talento di Ascione. L’occasione fu data da un’amichevole tra una rappresentativa campana e l’Inter – appunto di Meazza – che si disputò ad Ariano Irpino. In quella formazione c’era non solo Orlando Ascione ma anche suo fratello Eugenio, anch’egli ex calciatore del Benevento. D’altronde, il legame della famiglia Ascione con il giallorosso e con il calcio è un legame che viene da lontano e che non ha mai risentito dei segni del tempo, tramandandosi da generazione in generazione, sino ad Antonio Ascione, figlio di Orlando, apprezzatissimo bomber di qualche anno fa. Ma questa è un’altra storia, che magari racconteremo in un’altra occasione.
Meazza, dicevamo: il campione nerazzurro, a fine partita, andò da Ascione per stringergli la mano e complimentarsi con lui. Insomma, il sinistro di Ascione bucava non solo le mani ai portieri ma anche i cuori dei tifosi e degli appassionati…ed anche quello di un certo Meazza.
Ah, quell’amichevole con l’Inter finì 1-1. I gol? Di Meazza e Ascione, ovviamente.
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