Vinicio Capossela, menestrello antropologo, ha rapito il pubblico del S.Agostino di Benevento

Vinicio Capossela, menestrello antropologo, ha rapito il pubblico del S.Agostino di Benevento

Cultura

Il cantautore italiano Vinicio Capossela, miglior esponente italiano della sua generazione musicale, ha trascinato, il numeroso pubblico del S.Agostino di Benevento, in un percorso di melodie e storie di un’umanità brillante e opaca allo stesso tempo, accompagnato da una musica trascinante e contemporaneamente fedele compagna di testi impegnati e sempre attuali.

Il concerto di Capossela, dal titolo “Tra Maleventum e Beneventum”, tema che riflette l’interesse dell’artista per la cultura arcaica e popolare del Sannio e dell’Irpinia, di cui è originario, promosso dall’Accademia di Santa Sofia, Università del Sannio, Conservatorio “Nicola Sala” di Benevento e, da quest’anno, anche dal Banco Bpm, si è rivelato un momento intenso di riflessione sociale, spericolato cammino tra musica e cultura arcaica e popolare, esercizio di narrazione coraggiosa di pregi e difetti di un’umanità in perenne viaggio verso la conoscenza di se stessa.

L’incontro con il musicista è stato preceduto dalla presentazione dell’evento da parte di  Maria Bonaguro, Presidente degli “Amici dell’Accademia” e dalla consulente artistica Marcella Parziale.

Come da programma, Aglaia McClintock, Professore Associato di Diritto Romano e Diritti dell’Antichità al Dipartimento di Diritto, Economia, Management e Metodi Quantitativi (DEMM)Unisannio, è intervenuta sul tema : “Mio è l’Oriente, mio è l’Occidente”. Nella sua relazione la McClintock, ha ricordato la storia di Benevento come centro strategico di passaggio di merci e persone tra i mercati dell’oriente e dell’occidente durante l’impero romano.

Ha ricordato in modo particolare, l’anno 117 d.c., momento della massima espansione dell’Impero Romano sotto l’imperatore Traiano e della centralità della città di Benevento come polo economico, artistico e culturale. Cittadini stranieri e romani passavano per la città, luogo strategico, nella quale vivevano personaggi molto ricchi che possedevano vasti territori della zona. Era una città in cui si tenevano giochi gladiatori e confluivano persone ed interessi da oriente ad occidente, in cui anche le religioni e gli dei greci e degli egiziani convivevano, il tutto in una sinergia che ignorava le divisioni e le diffidenze tra le due culture ed i due mondi che sono presenti oggi.

Sul palco è poi giunto Vinicio Capossela, accompagnato da Raffaele Tiseo al violino, e subito i miti e le storie di Benevento hanno fatto sentire la loro voce. Dietro il folklore, ha detto, si celano storie di uomini e donne che si agitano tra il sacro e il profano, percorso di gesta che egli ha deciso di intraprendere e raccontare nella serata.

Il concerto ha avuto inizio con il brano “La notte di San Giovanni”, pezzo che racconta la notte dei presagi, delle comparanze e delle janare e nella quale le ragazze cercano segni per capire chi le accompagnerà per la vita. Seguono una serie di altri brani impegnati nei quali Capossela racconta mondi umili e spesso dimenticati, nei quali però vivono e si agitano uomini muti che trascinano la loro vita tra lavoro, fatica e sogni, come ad esempio nel brano “Scorza di mulo” da “Canzoni della Cupa”.

Seguono brani come “Signora luna”, “Ariosto governatore”, “La notte è bella da soli”. Musiche che oscillano tra melodia, feste popolane, ballate popolari/folk, pop, world music e jazz, in una eterna dicotomia tra  l’easy listening  – melodia molto semplice destinata a far rilassare – e la musica impegnata.

Seguono altri brani come “Le sirene” e  “Modigliani e l’avventura di Montparnasse”, “L’acqua chiara della fontana”, per proseguire con il brano “Con una rosa” e , in un percorso di memoria storico/politica, il brano “Staffetta in bicicletta”, per ricordare le tante donne della Resistenza.

 In merito egli ricorda il ruolo nella storia delle aree interne dei nostri territori, la restanza che le caratterizza ed anche il fascismo conosciuto e, in merito, ricorda una frase di Mussolini : “Il fascismo non l’ho inventato io ma l’ho estratto dall’inconscio degli italiani”, “Il fascismo e la resistenza non sono dei fenomeni museali” dice dunque l’artista, ma sono parte di noi.

Questa memoria ci ricorda che non bisogna dimenticare, ciò che è stato non ci è estraneo, per questo egli ha deciso di recuperare il ricco patrimonio immateriale della nostra storia nella raccolta “Canzoni della Cupa”, prodotto per dare voce a chi non ce l’ha e per ammonire a non crederci fuori della storia, ma necessariamente partecipi di essa, anche se troppo spesso “siamo mosche cieche oberate dalla quantità”, come dall’artista affermato.

La sua musica, applaudita e condivisa empaticamente dai tantissimi presenti, coinvolti e presi dalla sua espressività personale e artistica, è apparsa dunque una specie di lotta tra musica e parole, in una contesa che poneva l’uno contro ed a fianco dell’altro, ambedue tesi a far ascoltare il proprio afflato nel comunicare pensieri, emozioni e turbamenti, in un processo di impegno e negligenza collettiva, il tutto nell’attraversamento di praterie inesplorate dei temi sociali.

La piacevole e interessante serata ha visto, in conclusione, l’esecuzione di “Marajà”, brano allegro e ricco di allusioni sociali. Se è vero, come diceva Benjamin che : “Quando la politica diventa spettacolo – spesso incivile- allora lo spettacolo deve diventare politica civile”, il concerto di Capossela, oltre la piacevolezza della musica e del violino che l’ha accompagnata, ha rappresentato un momento di sospensione da ogni incredulità e di apertura all’immaginazione, capace quest’ultima di trasformare ogni limite in opportunità.