36 anni fa il disastro di Chernobyl, il pericolo mai cessato nell’Ucraina occupata da Mosca

36 anni fa il disastro di Chernobyl, il pericolo mai cessato nell’Ucraina occupata da Mosca

Cultura

Trentasei anni fa a Chernobyl, il 26 aprile 1986, nei pressi di Kiev e nell’attuale Ucraina, ma all’epoca territorio russo, un guasto al reattore numero 4 della locale centrale atomica provocò la più grande sciagura della storia dell’energia nucleare.

Nascosto dalle autorità russe, l’incidente venne rivelato da i lavoratori della centrale svedese di Forsmark, più precisamente da un operaio che, passando davanti al sistema di rilevazione delle radiazioni, si accorse che un alto livello di tali radiazioni proveniva dalle sue scarpe. Dopo una scansione approfondita della centrale svedese, ci si rese conto che la fonte delle massicce radiazioni proveniva dalla zona della centrale nucleare ucraina di Chernobyl.

Le particelle radioattive trovate nell’erba avevano infatti caratteristiche simili a quelle rilasciate dalle centrali nucleari sovietiche, inoltre i tecnici svedesi appurarono che, in quei giorni, il vento aveva soffiato da sud-est, cosa che avvalorò l’ipotesi che la radioattività raggiungesse le coste svedesi da un luogo situato nella Russia. Solo allora le autorità russe ammisero l’incidente.

Ben presto però la nube radioattiva, spinta dai venti, si diffuse in tutta Europa, specie nella parte centro settentrionale e fu solo grazie all’allarme giunto dalla Svezia che i paesi Ue misero in pratica politiche di contenimento dei danni alla salute.

Nube di Chernobyl sull’Europa

La nube liberatasi da Chernobyl fu 400 volte più radioattiva di quella prodotta dall’esplosione di Hiroshima il 6 agosto del 1945. L’impianto nucleare si trovava nella municipalità di Pryp”jat ,a 18 km da Chernobyl , tuttavia, ancora oggi, quest’ultima è una città fantasma in cui non ci sono abitanti.

Nelle ore immediatamente successive al disastro del 26 aprile, giunsero sul posto 37 squadre di Vigili del Fuoco che cercarono di estinguere gli incendi intorno alla centrale, inutile fu invece il loro sacrificio nel tentativo di spegnere il reattore numero 4, divenuto un vulcano indomabile di uranio fuso e grafite in fiamme. Gran parte di essi morirono o subito dopo l’esposizione o negli immediati anni successivi. Fra i civili più di 4mila persone, in gran parte bambini o adolescenti, si ammalarono di un cancro alla tiroide e, come stabilito da studi in merito nel 2002, molte persone hanno continuato ad ammalarsi negli anni successivi.

Questa immagine ha l'attributo alt vuoto; il nome del file è chernobyl-ansa-1-1024x739.jpg

Le piogge distribuirono però la radioattività in modo disomogeneo, imponendo di evacuare località distanti anche 400 chilometri dalla centrale. L’esplosione della centrale stessa ha provocato una serie di gravi malformazioni genetiche nella popolazione. Decine le vittime nelle ore immediatamente successive all’esplosione a causa della sindrome da radiazione acuta, migliaia in seguito, a causa delle patologie conseguenti all’esposizione atomica. Un numero che è ancora oggi oggetto di discussione.

Chernobyl è tornata a far parlare di sé in questi giorni a causa dell’occupazione del suo territorio da parte dell’esercito russo, impegnato nella “operazione militare” di attacco all’Ucraina. Le forze russe hanno lasciato l’impianto a fine marzo trafugando molto materiale radioattivo ( ciascun elemento rubato può provocare la morte), forse hanno pensato di rivenderlo al mercato nero. Durante l’occupazione la centrale è stata lasciata senza corrente elettrica per 6 giorni, mettendo a rischio il controllo dell’impianto e costringendo i tecnici del sito a turni di lavoro ininterrotto anche di 600 ore. Questo è terrorismo nucleare», sentenzia Tatyana Boyko, consigliera per i media del primo cittadino Slavutich.

Di fronte all’edificio in cui si trovano gli uffuci amministrativi della centrale, è stata posta una statua che ricorda Oleksandr Lelechenko, vice responsabile dei sistemi elettrici dell’impianto dal 1979, fu infatti lui , nella notte fra il 25 ed il 26 aprile di 36 anni fa, ad intervenire per pompare fuori dalla turbina bloccata il liquido contaminato che essa conteneva; egli lavorò immergendo le ginocchia nell’acqua radioattiva impedendo, in questo modo, che l’incendio si estendesse ad altre unità. In seguito alla sua eroica azione, dopo un primo ricovero a Pripyat, decise di tornare alla centrale per impedire il peggio, ma è morto subito dopo a soli 47 anni.

Gli effetti delle radiazioni sono ancora presenti oggi, soprattutto negli strati sottostanti del terreno, quel terreno che i soldati russi hanno scavato, intorno a Chernobyl,  per formare trincee mettendo così a nudo, nuovamente, la zona più pericolosamente radioattiva.

Un’eccezione alla diminuzione generale della radioattività prodotta dall’incidente del reattore ucraino è, ancora oggi, la contaminazione della carne di cinghiale, animale che si nutre di un particolare fungo, detto tartufo dei cervi, che ha la particolarità di accumulare cesio, fungo non edibile per gli esseri umani, ma molto ricercato dai cinghiali del quale sono ghiotti.

A seguito dell’incidente di Chernobyl, nel nostro paese, nel 1987, un referendum chiamò gli italiani a decidere in merito al mantenimento di centrali nucleari nel nostro paese e, sebbene tale referendum non chiedesse esplicitamente il rifiuto del nucleare in Italia, l’80% di quanti recatisi al voto rifiutarono contributi agli enti locali che ospitassero sul proprio territorio centrali nucleari o a carbone. In pratica l’Italia rifiutò la costruzione sul proprio territorio di impianti nucleari.

Oltre all’Italia, altri paesi europei e non, hanno deciso di abbandonare, progressivamente, il nucleare come fonte di energia, la Germania entro il 2022, il Belgio a breve, ed anche gli Usa, con la bozza Green New Deal democratico, propone una transizione energetica che si basi solo su eolico, solare e geotermico entro il 2030.

Il nostro mondo ha certamente sempre più bisogno di energia, le fonti fossili potrebbero esaurirsi e comunque sono fonte di inquinamento, ma allora come risolvere il problema? Certo l’energia atomica potrebbe soddisfare le nostre necessità, ma a quale prezzo?

A 36 anni di distanza il disastro di Chernobyl purtroppo ancora ci inquieta, il suo ricordo mette a nudo debolezze tecniche e politiche ancora attuali che continuano ad ignorare e sottovalutare il diritto alla vita ed il dovere di rispettare i bisogni sociali senza pagare un prezzo inaccettabile, per questo motivo il nucleare fa ancora paura ed il mondo è alla ricerca di una fonte energetica alla portata di tutti e soprattutto sicura.