Passione, amore filiale e vendetta nel Rigoletto andato in scena al Teatro Romano (FOTO)

Passione, amore filiale e vendetta nel Rigoletto andato in scena al Teatro Romano (FOTO)

Cultura

Nella serata di martedì 1 agosto, all’interno del programma “Lirica al Teatro Romano”, promossa dall’associazione “Musicainsieme”, è stata presentata, sul palco dello storico teatro di epoca romana, padrone di una possente acustica, “Il Rigoletto”, opera di Giuseppe Verdi che egli scrisse su libretto di Francesco Maria Piave, traendo la storia dal dramma di Victor Hugo “Il Re si diverte”.

Il dramma di Hugo era ambientato alla corte di Francia, con al centro il libertinaggio del re Francesco I, ma l’ambientazione non piacque al pubblico per cui nell’opera di Verdi, in ossequio ad un compromesso, la vicenda fu ambientata a Mantova, ducato al tempo non più esistente, trasformando il re di Francia nel Duca di Mantova.

L’opera appartiene a quella che viene chiamata “triade verdiana”, detta anche “trilogia popolare”, gruppo di tre opere – Rigoletto, Il Trovatore e la Traviata – capolavori con i quali Verdi raggiunse la piena maturità artistica con fama internazionale e sancì la sua potente concezione drammaturgica, concretizzata attraverso i mezzi espressivi della sua musica.   

Grande l’attesa di quest’opera che ha richiamato a teatro un pubblico numerosissimo, appassionati di lirica e soprattutto amanti della musica classica, ai quali l’evento ha regalato una serata di passione, amore filiale e vendetta che ha coinvolto i presenti ed ha sfidato i limiti delle sonorità dello storico luogo della rappresentazione.

L’esibizione è stata accompagnata e ulteriormente arricchita dal corpo di ballo del “Centro studi Danza Saveria Cotroneo” e dalla ”Orchestra Internazionale della Campania”, composta da 50 elementi e diretta nella serata dal maestro Angelo Gabrielli.

Il “Rigoletto”, rappresentato per la prima volta nel marzo del 1851 a Venezia al Teatro la Fenice, racconta la storia di uno storpio buffone alla corte del duca di Mantova, che organizza beffe crudeli verso chiunque si aggiri intorno a lui e di cui, l’unica nota gentile e amorevole è la figlia Gilda, orfana di madre e unico tesoro della sua vita.

L’opera si apre con la scena di una festa di corte durante la quale il Duca confida al fido Borsa, di voler conquistare una fanciulla (Gilda) che vede sempre all’uscita della chiesa e che ha seguito. Al consiglio dell’amico di dedicarsi alle belle dame di corte, il Duca intona l’aria 🙁Questa o quella per me pari sono), rivelando il suo spirito libertino. Egli corteggia poi la contessa di Ceprano innescando la rabbia del marito che viene poi schernito dal buffone Rigoletto.

Alla maledizione del Conte di Monterone, che accusa il duca di avergli sedotto la figlia, segue il turbamento di Rigoletto (quel vecchio maledivami) e l’incontro con Sparafucile, sicario che Rigoletto allontana paragonandosi un po’ a lui per la sua vita infelice (Pari siamo).

I cortigiani organizzano il rapimento di quella che è creduta l’amante del buffone, in realtà sua figlia, invitando Rigoletto ad unirsi all’impresa bendandolo perché non veda (Zitti zitti, moviamo a vendetta). 

Il Duca crede che gli abbiano rapita la donna amata (Ella mi fu rapita), in realtà la giovane è a palazzo (Possente amor mi chiama), ma quando Rigoletto scopre del rapimento di Gilda, maledice i cortigiani  (Cortigiani vil razza dannata). Egli cerca di far rendere conto alla figlia di chi sia veramente l’uomo che ella ama (La donna è mobile) e chiede alla figlia di partire per Verona.

Venuta a conoscenza di un piano per uccidere il Duca da parte di Maddalena invaghitasi del Duca, Sparafucile e lo stesso Rigoletto, Gilda decide di travestirsi da uomo e sacrificarsi per l’amato. Nel sacco che Sparafucile consegna a Rigoletto c’è il corpo di Gilda morente (V’ho ingannato….Lassù in cielo), a cui segue il lamento disperato di Rigoletto che si rende conto che la maledizione di Monterone si è avverata (Ah, la maledizione!).

Possente il canto del baritono Devid Cecconi che ha scosso gli animi con i suoi lamenti, acuta e limpida la voce del mezzosoprano Daniela Cappiello che ha riempito l’aria con i suoi gorgheggi ed i suoi acuti, incisiva e convincente l’interpretazione del tenore Raffaele Abete, significative le interpretazioni di tutti i membri della compagnia lirica che hanno reso possibile la realizzazione dell’enfasi canora e credibile ed accattivante la rappresentazione di una storia di passione, amore filiale e vendetta quale si verifica nella vita quotidiana.

Inutile dire che la lirica mostra un fascino particolare, sinonimo di una bellezza musicale assoluta che, come nel Rigoletto cui si è assistito, rivela una combinazione di ricchezza melodica e potenza drammatica in cui si manifestano tutte le assurdità, le debolezze e le follie della vita umana che le melodie, gli acuti ed i bassi profondi e quasi inquietanti, ma trascinanti, quali quelli di Rigoletto, hanno esaltato e rivelato a ciascuno, facendo riscoprire il senso profondo del proprio essere, denudando mistificazioni quotidiane e portando alla luce debolezze spesso nascoste e mai rivelate.

Musica d’autore con cantanti d’autore che hanno regalato ai tanti presenti attimi di riscoperta musicale e personale che ognuno ha portato gelosamente con sé alla fine della rappresentazione.