Sergio Giuntini con “Oltre la vittoria”, lettura dello sport tra propaganda e antifascismo

Sergio Giuntini con “Oltre la vittoria”, lettura dello sport tra propaganda e antifascismo

Cultura

Sport, agonismo e propaganda politica, lettura nuova e accattivante della pratica sportiva del Fascismo, dapprima come strumento di propaganda diventato poi, in molti casi, mezzo di lotta al totalitarismo del ventennio, nel libro di Sergio Giuntini, presentato nella serata di venerdì presso il “palazzo del volontariato” – Croce Rossa – a Benevento.

Sergio Giuntini è il Presidente della Società Italiana di Storia dello Sport ( SISS) e membro dell’Accademia Olimpica Nazionale Italiana (AONI), nonché autore di moltissimi saggi di tema sportivo.

Accolto da Erminio Fonzo e Amerigo Ciervo, rispettivamente presidente della sezione beneventana dell’Anpi e presidente Comitato provinciale Anpi, Giuntini è stato invitato a raccontare il significato della sua opera “Oltre la vittoria”.

 Giuntini, membro egli stesso dell’Anpi, è stato  presentato da Erminio Fonzo che ha definito il lavoro di Giuntini “una sorta di “dizionario biografico” sull’antifascismo sportivo e sugli atleti che hanno contribuito alla lotta contro il totalitarismo nel periodo delle due guerre e durante la seconda guerra mondiale nei movimenti di resistenza”.

Nel volume, continua Fonzo, si cerca di colmare la dimenticanza dei tanti, molti ignoti, ma campioni dello sport che, andando “oltre la vittoria”, hanno combattuto il nazifascismo sacrificando le loro vite entrando nella Resistenza.

Sappiamo bene come lo sport sia stato spesso utilizzato, già a partire dall’Antica Grecia, per esaltare la bellezza e la forza di una nazione, il   totalitarismo fascista non fu da meno e lo utilizzò come strumento di propaganda politica ed esaltazione della forza fisica, quel vigore corporeo che rappresentava la via maestra verso la possanza guerriera necessaria in una guerra.

Lo stesso Mussolini amava farsi immortalare mentre praticava dello sport convinto che, riprendendo l’utopia nietzschiana dell’uomo nuovo, l’uomo fascista potesse rappresentare “l’inno e la battaglia, il libro e il moschetto, il pensiero e l’azione, la cultura e lo sport”.

A questo fine egli creò delle organizzazioni come l’Opera Nazionale Balilla e la Gioventù Italiana del Littorio, che si dovevano occupare della preparazione fisica dei giovani.

Fonzo ricorda inoltre che nel libro di Giuntini sono citati nomi noti, come Bartali, che ebbe un ruolo discusso nel sostegno agli ebrei, ma anche tanti nomi poco conosciuti, sportivi e sportive italiani, tedeschi polacchi, francesi, che hanno dato il loro contributo alla lotta contro i totalitarismi, mettendo a repentaglio, molto spesso, la loro carriera se non addirittura la loro vita.

Ciervo ricorda poi che lo scritto di Giuntini rappresenta una testimonianza che mancava e cioè, lo sport in rapporto al Fascismo, ma soprattutto all’Antifascismo. Egli ringrazia poi Giuntini perché, grazie al suo scritto, ha potuto conoscere la storia di un calciatore del Napoli degli anni ’50, tale Antonio Bacchetti, detto dai partenopei ‘O Cammello, che nel 1951 subì un processo in corte d’assise a Udine per il suo passato partigiano. Con il nome di “Gianni”, egli fu accusato di reati di guerra e di aver ucciso, durante il periodo partigiano, tale Antonio Camuzzi, collaborazionista e arraffatore fascista; Bacchetti fu poi amnistiato dalla legge Togliatti del 1946.

Giuntoli ricorda di aver immaginato il testo ripensando all’importanza che hanno avuto, nella guerra fredda, i Festival mondiali della gioventù democratica, a cui partecipavano giovani di tutto il mondo, movimenti della sinistra, di cui sono stati presidenti illustri italiani come Enrico Berlinguer.

 Egli aveva notato che nella composizione del comitato centrale della federazione c’era anche tale Antonio Bacchetti calciatore. Di li è nato il progetto di scrivere su questo calciatore e di giovani italiani che, cresciuti nell’Italia fascista, in un sistema totalitario, indottrinati politicamente fino all’eccesso, all’interno del quale lo sport aveva una valenza fondamentale, pilastro del regime fascista e del nazional-socialismo tedesco, ma anche in altre forme del comunismo orientale, avessero poi fatto scelte di lotta a tali regimi.

Tanti i processi contro ex partigiani in Italia a fronte dei  pochi quelli contro ex fascisti, come quello contro Andrea Chieti, calciatore del grande Torino, arrestato e tenuto in prigione per un caso analogo a quello di Bacchetti e poi assolto per non aver commesso il reato.

Emblematico il caso di una partigiana, una ragazza di cui ha parlato in un altro libro “Biciclette partigiane: diciannove storie di ciclismo e Resistenza”, una giovane di nome di Zelinda, una staffetta partigiana, membro della Quarta brigata Garibaldi Venturoli, nome di battaglia Lulù che nel maggio del 1951, anni del centrismo democristiano, anni della resistenza tradita, dei processi alla Resistenza, viene arrestata a accusata di uccisione e occultamento del cadavere di tale sottotenente Giacomo Malaguti. Condannata al carcere, ammalatosi di tubercolosi polmonare si ricovera al manicomio criminale di Aversa, ma viene poi riconosciuta innocente.

Tanti i personaggi citati nel libro che hanno fatto dell’attività sportiva un mezzo di opposizione ai totalitarismi, questo in tutta Europa, tanti gli “sportivi resistenti” che hanno combattuto per un’Italia diversa e migliore rispetto a quella prospettata dal Fascismo. Nel libro tante storie che Giuntini ha estrapolato rivisitando le loro vite passate attraverso lo sport.

Molti avevano cominciato a fare sport durante il Fascismo, alcuni con carriere brillanti durante il ventennio, poi dopo l’8 settembre, quando fu necessario operare una scelta,  molti di loro hanno aderito alla lotta al Fascismo e sono diventati partigiani, come Michele Moretti, già calciatore nelle giovanili dell’ Esperia , poi nella  Comense , commissario politico della 52° “brigata Garibaldi Luigi Clerici”, che ferma Mussolini quando il 27 aprile 1945 egli stava fuggendo in Svizzera camuffato da tedesco.

Altro personaggio significativo è stato Gianni Brera,il più grande giornalista sportivo italiano, che, già ufficiale fascista, abbandonata ogni simpatia totalitaria, divenne partigiano come aiutante maggiore della 89°brigata Garibaldi Luigi Comori, nella Val d’Ossola e divenne l’autore del diario storico della sua brigata.

Dopo un ricordo del ruolo del Partito Comunista tedesco nella resistenza al Nazismo e della sua organizzazione sportiva molto importante, Giuntini ricorda anche il ruolo dello sport nella Germania Democratica post bellica, strumento di rivalsa sociale nei confronti della Germania Federale, mezzo di riscatto internazionale che, nonostante gli scandali per le varie forme di doping, aveva regalato al paese visibilità internazionale.  

Egli non manca di citare il ruolo del pugilato nell’immaginifico fascista che,  nel dopoguerra, almeno fino agli anni ’80, diventa ben presto luogo di rivalsa delle categorie sociali più svantaggiate e dunque di sinistra.

Sport, politica e società, sono dunque ambiti solo apparentemente diversi e lontani, sfere della vita pubblica e privata che si sono spesso intrecciate orientando lo sviluppo comunitario e indirizzando scelte di vita.