Al Bct di Benevento, Marco Bellocchio e l’opera “Rapito”, splendida lezione di cinema (FOTO)

Al Bct di Benevento, Marco Bellocchio e l’opera “Rapito”, splendida lezione di cinema (FOTO)

Eventi

Nella seconda serata del Bct ( Festival Nazionale del Cinema e della Televisione) di Benevento, particolare rilevanza e interesse ha suscitato la presenza del regista, sceneggiatore e produttore cinematografico italiano Marco Bellocchio.

Calorosa l’accoglienza del numerosissimo pubblico presente in Piazza Roma, tutti in attesa di ascoltare le parole dell’artista e, a seguire, godere della proiezione del suo film “Rapito”, opera con la quale il registra ha ritirato 7 Nastri D’Argento 2023 come miglior film, per la migliore regia, per la migliore attrice protagonista, per la sceneggiatura, per l’attore non protagonista, per il montaggio e per la produzione. L’opera ha ricevuto quindici minuti di applausi al Festival di Cannes.

Accolto sul palco dalla giornalista Martina Riva, il discorso si è subito incanalato sul film “Rapito”, sul suo andamento storico, morale, di potere della Chiesa e, soprattutto, di Papa Pio IX.

In merito alla storia, su domanda della Riva, Bellocchio racconta di essere stato ispirato dalla lettura di  un libro, scritto da Vittorio Messori, un cattolico piuttosto integralista, proprio sulla vicenda di Edgardo Mortara, testo scritto per difendere la scelta del Papa di prendere il bambino e in seguito alla pubblicazione del libro di David Kertzer ( “Prigioniero del Papa Re”) .

La storia vera di Edgardo Mortara è quella di un bambino di sei anni di Bologna che, dopo essere stato battezzato da una domestica che temeva per la vita del piccolo e che potesse essere destinato al “limbo”, il tutto senza che i genitori ebrei lo sapessero , viene prelevato dal maresciallo Lucidi. Era il 23 giugno 1858, giorno in cui il bambino viene “rapito” dalle autorità ecclesiastiche per essere portato in un luogo segreto, senza che né il padre, Momolo Mortara, né la madre, Marianna Padovani, potessero impedire il tragico gesto.

Bellocchio dichiara di aver voluto fare il film sulla tragica vicenda del bimbo ebreo per la grande emozione che il caso aveva suscitato in lui, non per polemiche pro o contro il cattolicesimo, ma solo come rievocazione di una vicenda dolorosa e triste. Riflessioni e discussioni sull’evento e sul potere papale in quegli anni in netto calo, verranno dopo il film; ricordiamo che l’opera cinematografica è ambientata negli anni della seconda guerra di indipendenza italiana e anche gli anni in cui i territori sotto il controllo papale erano stati erosi dagli eventi risorgimentali e, lo stesso Pio IX, Papa dell’epoca, vedeva il suo potere universale in forte crisi e dunque fece del caso Mortara un metodo per mostrare che fosse ancora determinante.

La vicenda Mortara dunque si innesta all’interno di un quadro sul controllo del potere da parte del Papa e dell’assoluta condanna cattolica di altre forme di fede che non fossero quella cattolica, è la vicenda di un bambino conteso all’interno di una storia più grande di lui. La notizia di questo rapimento, racconta ancora Bellocchio, si diffuse prima in Italia, poi in Europa e anche in America e tutta la comunità ebraica si ribellò e cercò di convincere, inutilmente, il Papa a restituire il bambino.

Il Papa però, seppure accerchiato, volle sempre tenere il bambino, simbolo del suo potere, che poi, nonostante incontri con la madre ed il padre, finirà con il restare volontariamente a Roma divenendo anche sacerdote e poi missionario.

Bellocchio afferma di volere che l’attuale Papa Francesco, che vedrà in udienza venerdì, veda il suo film, vista la grande apertura mentale e morale del nostro Pontefice.

Edgardo Mortara, continua Bellocchio, era solo un bambino che, nonstante cerchi all’inizio di mediare il suo mondo ebraico con quello cattolico, continuando a ripetere le preghiere della sua fede, per senso di sopravvivenza, si chiude in se stesso di fronte ad una realtà tanto più grande e potente di lui con cui non poteva confrontarsi e combattere, anche perché ribellarsi sarebbe stato impossibile e finisce così per accettare la religione cattolica, sostenuto in ciò dall’atteggiamento di Pio IX che si rapportava a lui in modo benevolo e quasi paternale,  sovrastato inoltre dalla teatralità cattolica da cui resta colpito.

Rimandando le riflessioni sul film “Rapito” che sarebbe stato proiettato in piazza a breve, la Riva ha ricordato poi al regista la sua candidatura politica del 2006 con il partito radicale della “Rosa nel pugno”. Egli conferma di avere fatto la sua scelta politica condividendo gli ideali e l’integrità morale e sociale che quel movimento prometteva e, pur non essendo stato eletto, avendo conosciuto anche Pannella, ha approvato quella posizione politica.

Vengono poi ricordati dalla Riva altri lavori significativi cinematografici di Bellocchio come, tra gli altri,  “Esterno notte” e  “Buongiorno notte”- sulla storia del rapimento Moro – e “Il Traditore”- intorno al personaggio Tommaso Buscetta, ma anche tantissimi altri capolavori come lungometraggi che il regista ha prodotto ricevendo innumerevoli riconoscimenti, tutti intrisi di verità sociali ed emotive che hanno coinvolto il pubblico e la critica.

 In merito vengono proiettate alcune sequenze di alcuni film, soprattutto  una scena di “Esterno notte” in cui si è potuto assistere ad uno splendido Fabrizio Gifuni nell’interpretazione di Aldo Moro in confessione.

I film da lui girati, afferma il regista, sono ricostruzioni di fatti storici a cui però non manca mai un’aurea di invenzione, necessaria per elaborare una storia in forma filmica e per distinguere un’opera cinematografica dal lavoro di uno storico.

Al termine dell’intervista, Antonio Frascadore, direttore artistico della manifestazione, consegna al regista un premio per la sua presenza al Bct di Benevento.

E’ poi seguita la proiezione del film “Rapito” a cui hanno assistito, affascinati dalla trama e dalla tecnica cinematografica di Bellocchio, i tantissimi presenti in piazza.