ESCLUSIVA BN24 – Mariani: “Non confermerei Auteri e Carli. Vigorito capisca che c’è bisogno di azzerare tutto e ripartire”

ESCLUSIVA BN24 – Mariani: “Non confermerei Auteri e Carli. Vigorito capisca che c’è bisogno di azzerare tutto e ripartire”

Benevento CalcioCalcioSidebar intervista

Abbiamo raggiunto telefonicamente Pietro Pedro Mariani, storico Capitano del Benevento, per avere una sua opinione riguardo alla stagione giallorossa da poco terminata e sul prossimo futuro della Strega.

Salve Pedro, la stagione è finita ed è tempo di bilanci: che idea si è fatto, a mente fredda, di questa annata che da sogno è diventata un incubo?Nel mio modo di opinare mi rifaccio sempre a un uomo che è stato negli spogliatoi, sui campi, e conosce le dinamiche mentali. Un giocatore per quattro mesi potrebbe essere un soldato che se ci vai in guerra ti uccide 12 persone al giorno, poi succede una scemenza e lo hai perso: non solo non uccide più nessuno, ma rischi che lo uccidono gli altri appena mette il becco fuori da un ripostiglio. Mi ha sorpreso che nessuno si sia accorto di questo.

Costruire un organigramma societario è la parte più semplice da fare a bocce ferme, le operazioni possono essere difficoltose ma non richiedono chissà che. Poi inizia l’anno, c’è il ritiro, ci sono gli allenamenti e le esercitazioni in cui magari qualcuno viene usato come riserva: ci vogliono persone di campo, di esperienza, e figure che annusano e percepiscono il pericolo, ciò che sta accadendo. Quando accade un qualcosa, poi, è tardi: alcuni sono scontenti perché seguono quello scontento, altri invece sono contenti perché giocano e si creano le fazioni“.

Quale potrebbe essere il rimedio?Al di là degli errori commessi, è da cinque anni che va avanti questa situazione. Ci vuole un uomo della società forte, ma che sia anche un uomo di campo, che percepisca queste cose e riesca a intervenire prima che accada quel qualcosa. Il dente, quando c’è una carie, va curato: altrimenti è tardi. Lo spogliatoio è uno studio dentistico“.

Mister Auteri, come dentista, non è bastato?Ho la sensazione che Auteri non si sia mai sentito così tanto dentro il progetto. Fino praticamente a fine stagione ha difeso sempre la squadra, ha sempre detto che il gruppo era unito e forte, sano, e che remavano tutti dalla stessa parte. Ma poi in campo? Dove era la voglia, la passione? L’ultima partita, contro la Juventus Next Gen, è stata vergognosa. E quella sarebbe dovuta essere una squadra che si giocava la promozione? Vigorito deve azzerare tutto, deve capire che è finito un ciclo: è fisiologico che dopo 20 anni i tempi cambiano e ognuno si deve rinnovare. Fare calcio in questa maniera porta, purtroppo, sempre questi risultati. Fare 5 mila abbonati dopo cinque anni di delusioni è tanta roba, ogni anno dovremmo imparare dagli errori ma niente… Il tifoso non è un cliente, è il proprietario della squadra: poi c’è il gestore, che è il Presidente“.

Però alla fine il Presidente è colui che investe e l’iscrizione è arrivata.E’ vero, ma poi la Presidenza finisce e la squadra torna ai tifosi. E in quel periodo il Presidente deve avere cura della società, fino a riconsegnarla nel miglior modo possibile. Il Presidente ha detto che vuole rimanere, bene: ma deve ripartire da zero. Se riparte mescolando situazioni, tergiversando e gettando fumo negli occhi, poi si creano i problemi. L’iscrizione è stata fatta? Certo, è un atto dovuto alla piazza e alla gente. Il rischio però è che rimanga tutto così“.

Come si può risanare un gruppo in cui i singoli che lo compongono cominciano a pensare all’io?Se fossi stato un dirigente del Benevento Calcio avrei allontanato chi pensava all’io, oppure me ne sarei andato io. E’ il singolo che esalta il collettivo, da sempre. La squadra è forte se tutti si mettono al servizio del gruppo, sfruttando ognuno le sue qualità. Di egoisti, però, se ne sono visti a iosa. E se c’è qualcuno che pensa all’io, poi mi rovina gli altri. Per esempio, non avrei confermato Lanini dopo quelle dichiarazioni“.

Confermerebbe Auteri e Carli per l’anno prossimo?Né l’uno né l’altro. Auteri è mio amico, è un allenatore che stimo e apprezzo. Ma non ripartirei da nessuno di questi, si sta perdendo tempo. Auteri a fine stagione, in trasmissione, ha detto cose che non aveva mai detto durante l’anno. E penso: ma la società lo sapeva? E se sì, perché non si è agito? Altrimenti devo arrivare a pensare che la società ne fosse a conoscenza ed è quindi complice di quello che è successo. Ed è anche tornato a Benevento, sapendo che qualcuno aveva festeggiato dopo il suo esonero, e nonostante ciò ha continuato a mandare questo qualcuno in campo. Quando accadono cose del genere la società deve mandare segnali forti e dare potere all’allenatore. Quelli che hanno esultato per l’addio di Auteri sarebbero dovuti andare in tribuna, anche per dare l’esempio agli altri. Ma già precedentemente, alle prime avvisaglie di dissidi interni. Auteri non lo terrei per omesse denunce che poi sono arrivate a fine anno, oltre che per errori tecnici. Non è affine al Presidente, altrimenti fatico a credere che determinate cose sarebbero successe”.

Per Carli vale lo stesso discorso, anche lui era dentro lo spogliatoio: come ha fatto a non rendersi conto di queste situazioni che poi sono esplose? Anche perché sul mercato si è agito zero, e alcune cose anzi le ha anche peggiorate: vedi Acampora e Viviani, a cui si è allungato il contratto pur di provarli a cedere. Si è trovato Auteri per volontà del Presidente, nonostante i dissidi di anni fa tra i due. Alla fine neanche in società c’era una vera unità d’intenti, più un ritrovo occasionale. Lì dentro ci sono tante figure, ma tutte fanno capo al Presidente: nessuno può essere giudicato se non fa, se a fine anno devi mandare via qualcuno è perché ha sbagliato e per sbagliare deve fare qualcosa. Carli in qualsiasi altra società, con un rendimento del genere, sarebbe stato mandato via da tempo. Ad Avellino hanno mandato via Perinetti, uno dei migliori dirigenti in Italia. Come anche Auteri: dopo la trasmissione, via subito. Con questi summit stanno perdendo un altro mese e mezzo: se non si riparte da loro, è stato perso altro tempo. Quello che è successo non si può sentire“.

Come ha reagito al “caso ferie” e all’incertezza sul futuro?Hanno fatto valere delle cose scritte nei contratti. Io mi sarei seduto con ognuno di loro e avrei detto: “Quanto vuoi per andare via?”. Parliamoci chiaramente: in estate non vendi 20 persone, con i contratti che hanno. In questo lasso di tempo avrei provato a mettermi avanti, allontanando tutti per poi rifondare. Così Il Presidente riconquisterebbe la gente, che hai deluso e perso per tutta una serie di cose. Serve ripartire da zero, come vent’anni fa. Devono tutti ringraziare il fatto che il popolo giallorosso abbia come caratteristiche la bontà e la civiltà: quello che è accaduto negli ultimi cinque anni e soprattutto quest’anno, in qualunque altro posto d’Italia, avrebbe portato ad altre conseguenze. Siamo ormai talmente assuefatti ai dispiaceri che nessuno ci fa più caso“.

C’è qualche giocatore da tenere per l’anno prossimo, magari i giovani? Io manderei via quanti più possibile. Se potessi, cambierei tutti. Bisogna ripartire da zero. Anche sulla questione giovani c’è un fondo di presa in giro. I 2003-04 hanno 22 anni, se sei forte non giochi titolare in Lega Pro ma sei in Serie B. Ci sono alcuni giovani del Benevento che, attualmente, in B non struscerebbero palla. La B va ad altre velocità. Anche su quel fronte, si sta perdendo tempo: servono figure diverse. Ma anche i ragazzi stessi, giovani, rischi di rovinarli: sentono determinati complimenti e vengono premiati con contratti lunghi e costosi, poi credono di essere davvero forti e si “bloccano”. Il progetto giovani doveva partire tempo fa, come l’ha fatto il Cittadella per 15 anni. Nel calcio sei forte se hai soldi e idee: in B ci sono società che spendono meno del Benevento, in C l’Audace Cerignola spende molto meno ma ti è arrivata davanti perché ha costruito anno per anno. Sia con qualche giocatore sia con un’attenzione verso gli allenatori“.

Parlare di ritorno in Serie B è eresia attualmente?Il calcio è strano. Mi è capitato di andare in società disastrate o davvero provinciali, ma abbiamo vinto il campionato. Non saprei che dire anche a causa della questione iscrizioni, ma temo che l’anno prossimo sarà un calendario ridicolissimo: anche più di quest’anno. Ma puoi vincere un anno, poi torni a raccogliere ciò che hai seminato. Non eravamo pronti nelle due annate in A, ma non eravamo pronti neanche per rimanere in B. Le idee, l’organigramma, le persone giuste nel posto giusto fanno tutta la differenza del mondo: la casa devi cominciare a costruirla dalle fondamenta“.

L’INTERVISTA – Il cantastorie Sally Cangiano e la sua ultima canzone “Rosa”: denuncia sociale di un mondo crudele che rifiuta la diversità

L’INTERVISTA – Il cantastorie Sally Cangiano e la sua ultima canzone “Rosa”: denuncia sociale di un mondo crudele che rifiuta la diversità

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Dai vicoli di Napoli al cuore dell’Italia meridionale, Sally Cangiano continua a raccontare storie con una chitarra e una voce che sanno di radici, memoria e poesia. Cantastorie contemporaneo, autore raffinato, interprete dell’anima popolare: lo abbiamo incontrato per farci raccontare la sua musica, la sua visione del mondo e le sue battaglie culturali.

Di seguito le sue parole ai microfoni di BeneventoNews24.it.

Il tuo ultimo disco è “Quanta strada” dell’anno 2024, cosa c’è di te in questo lavoro? “Praticamente c’è tutto, è stato il primo album interamente cantautorato, tranne un pezzo che è una cover di “Napoli centrale”, per onorare il cantautorato della musica napoletana, gli altri sono tutti brani che ho scritto io nel tempo. In essi ci sono le mie emozioni, le mie esperienze che riguardano il mio universo”.

Il tuo pezzo “Rosa”, hai dichiarato, che è molto importante per te, perché? “Importante perché racchiude un nome di donna, ma soprattutto una moltitudine di donne che ho potuto conoscere facendo il musicoterapista”.

Dove hai fatto musicoterapia? “In centri per l’obesità, in dipartimenti di salute mentale, quindi ho potuto conoscere le problematiche psichiatriche. In realtà però sono rimasto molto colpito da una ragazza di Piedimonte Matese, il mio paese, che faceva lunghi tratti di strada a piedi e, vedendomi, non chiedeva pochi spiccioli per comprarsi da mangiare, ma voleva dare a me qualche soldo perché, diceva che  mi vedeva “tropp sicc”  e poi mi dedicava alcune poesie che aveva su un quaderno.  Il suo ricordo mi è rimasto dentro insieme alla sofferenza psichiatrica che ho poi conosciuto. Credo che tutti noi abbiamo vissuto momenti di sofferenza personale, per cui credo un po’ di Rosa ci sia in tutti noi”.

Rosa, dunque, è un personaggio di tua invenzione o è qualcuno che hai davvero incontrato? “In realtà mi ha ispirato la ragazza di Piedimonte, che però si chiamava Annamaria”.

Perché allora l’hai chiamata Rosa? “In realtà la canzone è nata dal pensiero di una rosa, poi stravolto perché ho immaginato questa rosa cresciuta in un terreno non buono, dunque ho immaginato si sentisse sola, che non trova pace, senza un giardino vero, incurata e sola, alla mercè di chiunque, dunque debole e fragile. E dunque “Rosa” la canzone”.

La musica del brano scivola dalla storia di una donna sfortunata, alla malinconia di chi cerca di difendersi da un mondo crudele. Cosa ti ha spinto a scegliere un personaggio simile? “Ho sempre scritto di persone che vivevano di problemi particolari, nel 2022 ho vinto il premio della critica al Festival di Napoli con il brano “Terè”, storia inverosimile dove un uomo che aveva maltrattato questa donna, improvvisamente rinsaviva e le chiede scusa e le chiede di andare via da lui. Storie inverosimili che però, nel caso di “Rosa” è senza un riscontro di altre persone vicine a lei, ho fatto solo da narratore di quello che uno può vedere, non scevro da emozioni, perché lei è come l’ho vista e soprattutto vedevo il fatto che lei stessa si qualificava “disgraziata, misera e fetente”. Come l’avevano poi qualificata nel tempo e lei sentiva essere davvero tale”.

La  “Rosa” di cui canti,  vive in un manicomio, luogo di antica custodia di persone considerate pericolose a sé o agli altri, o che rappresentano “pubblico scandalo”. Cosa c’è di lei in ognuno di noi, tanto da parlarne in un brano musicale? “Il manicomio è per me un luogo da vedere come restrizione in generale. Secondo me, oggi tutti noi viviamo in una finta libertà, siamo tutti controllati, dove l’apparenza conta più della sostanza, dunque siamo sempre meno liberi, questo vuol dire che c’è un po’ di Rosa in ognuno di noi. Siamo “Rosa” soprattutto nella voglia di libertà, di andare controcorrente, c’è “Rosa” non solo nella voglia di libertà, ma anche nella fragilità mentale che spesso ci accompagna in questo tentativo, perché ognuno di noi, almeno una volta nella vita, ha temuto di “uscire fuori di testa” nel tentativo di  liberarci dalla gabbia nella quale ci siamo sentiti soffocare”.

C’è chi allontana queste persone perché non vuole seccature, non vuole pensieri molesti, cosa ne pensi? “Rosa è la rappresentazione adulta del bullismo, Rosa è una bullizzata, una donna che chiamano “disgraziata, misera e fetente”, è una bullizzata dalla società. Io ho vissuto un’esperienza simile perché da ragazzino ero obeso e mi rifiutavano, dunque so che vuol dire essere bullizzati. Nel caso di “Rosa” il bullismo è peggiore perché è fatto su una persona che non è capace di difendersi, dunque è cattiveria pura”.

Può la musica, secondo te, essere valido strumento di denuncia di tanta insensibilità verso un proprio simile, anche se “diverso”? “La musica ha un potere veicolante diverso dal canale verbale, quest’ultimo riesce a raggiungere meno persone, la musica invece riesce ad esaltare, con una cornice musicale, la fotografia di una situazione.  Il testo di una canzone è una foto e la musica può dare importanza e rilievo ad un qualcosa che, senza quella cornice, impedisce di guardare il quadro per un tempo sufficiente”.

La tua musica è prevalentemente in vernacolo napoletano, credi che tale dialetto sia strumento più forte dell’italiano per arrivare al cuore ed ai sentimenti? “In realtà, io mi sono accorto che quando parlo in italiano, traduco dal napoletano, paradossalmente io penso in napoletano e traduco in italiano, dunque le mie canzoni, senza raggiungere il livello della traduzione, si fermano all’immediatezza delle emozioni”.

Il dialetto è allora per te più forte della lingua italiana per comunicare qualcosa di fortemente emozionale? “E’ più forte perché si ferma prima dell’ulteriore passo cognitivo della traduzione, alcune parole del dialetto hanno infatti una forza ed una potenza che non ha la lingua italiana, alcune parole del dialetto, hanno una forza, un significato ed una potenza intraducibile in italiano.  Ad esempio, la parola “fetente”, in italiano è persona sgradevole, nel dialetto, è molto di più forte che in italiano, vuol dire “abbandonata”, lasciata a marcire”.

Il brano, dolce e potente,  nel suo andamento, è intimo ed allo stesso tempo strumento di forte denuncia dei problemi dei più fragili, le note sono quasi parole al mondo. Come è nata questa canzone? “La canzone è nata da una successione di accordi apparentemente usuali, ma se analizzata con attenzione, come “Rosa” ha degli attimi di follia, la musica è come la persona, essa rappresenta perfettamente l’attimo folle di “Rosa”, quasi un camminare tra momenti di follia e realtà. Le mie canzoni nascono in contemporaneità di musiche e parole. Quando nascono in me gli accordi e la melodia, automaticamente nascono con essa le parole, che vanno limate, ed ecco che ho pensato a questa rosa in un giardino inesistente ed incolto e, nello stesso tempo il mio cervello è andato costruendo, in parallelismo, la vita umana di chi viene rifiutato e messo ai margini. Quasi a paragonare una rosa fiore, ad una rosa umana”.

Il videoclip del brano “Rosa” è stato realizzato, oltre che con voce e chitarra di Sally Cangiano, anche dai seguenti professionisti: Pino Mazzarano (Chitarra elettrica e arrangiamenti); Peppe Fortunato (piano e tastiere); Pierpaolo Giandomenico (basso); Felice di Turi (batteria); Giuseppe Iadonisi (regia); Francesco Iadonisi (aiuto regia); Alfonsina Landolfi nel ruolo di Rosa; Roberta Civitillo (trucco); Location: palazzo Filangieri di Yvonne Filangieri in San Potito Sannitico.

San Lorenzo Maggiore non si ferma più: Di Marzo annuncia Pierdavide Carone

San Lorenzo Maggiore non si ferma più: Di Marzo annuncia Pierdavide Carone

AttualitàDalla Provincia
Pierdavide Carone protagonista a ‘Frammenti di Speranza’: il 12 aprile l’intervista con Gabriele Di Marzo.

È un treno senza alcuna sosta, la macchina organizzativa della rassegna ‘’Frammenti di Speranza’’ che negli ultimi mesi ha portato a San Lorenzo Maggiore personaggi dello spettacolo e del mondo culturale di caratura nazionale.

È lo stesso autore televisivo Gabriele Di Marzo ad annunciare, sui profili social, la presenza di un cantautore che negli ultimi mesi sta riscoprendo un grande successo.

Parliamo di Pierdavide Carone, fresco vincitore del programma Rai ‘Ora o mai più’ e del Premio della Critica al San Marino Song Contest. Carone, nato professionalmente tra i banchi della scuola ‘Amici’ di Maria De Filippi, vanta una partecipazione al Festival di Sanremo in coppia con il maestro Lucio Dalla con il brano ‘Nani’. Era il 2012 e Dalla sarebbe scomparso di lì a poche settimane. Ma, a proposito di Festival, Carone ha partecipato anche come autore unico del brano ‘Tutte le volte che’. Composizione che portò alla vittoria, nel 2010, il collega Valerio Scanu.

Il suo nuovo singolo ‘Non ce l’ho con te’, inedito uscito dal programma Rai di cui è stato vincitore, sta scalando velocemente tutte le classifiche. Per lui previsto anche un tour estivo e, ciliegina sulla torta, una data unica all’Auditorum di Roma che è quasi sold out.

Insomma, un ritrovato successo quello di Carone che presto, con ogni probabilità sabato 12 Aprile, sarà a San Lorenzo Maggiore per una intervista con l’autore televisivo e radiofonico Gabriele Di Marzo.

ESCLUSIVA BN24 – Chiariello: “Sorpreso dall’esonero di Auteri, Pazienza scelta azzardata: bisognava agire sul mercato”

ESCLUSIVA BN24 – Chiariello: “Sorpreso dall’esonero di Auteri, Pazienza scelta azzardata: bisognava agire sul mercato”

Benevento CalcioCalcioSidebar intervista

Abbiamo raggiunto telefonicamente il giornalista Umberto Chiariello, per avere una sua opinione riguardo alla stagione giallorossa, al cambio in panchina e non solo.

Ideatore ed editorialista di Campania Sport su Canale 21 e Direttore della redazione Sport di Radio CRC, Chiariello è da sempre vicino alla realtà calcistiche campane e ha commentato così, in esclusiva, il momento del Benevento.

Salve Signor Chiariello, partiamo dall’attualità: come giudica l’esonero di Auteri e l’arrivo al suo posto di Pazienza? Mi ha molto sorpreso, non mi aspettavo l’allontanamento di Auteri nel primo momento veramente difficile della stagione. Non amo i presidenti che hanno la frenesia di cambiare allenatori troppo spesso. Vigorito in passato ha sbagliato a tenerli troppo, da un po’ di tempo sta diventando anche lui tra quelli frenetici. Mi pare una mossa azzardata prendere Pazienza, che viene da un’esperienza ad Avellino molto negativo ed è in cerca di rilancio. Lo conosco, è un ragazzo intelligente e a cui sono affezionato e mi auguro si rilanci, ma sinceramente mi sembra una mossa estremamente azzardata. Questa scelta mi lascia a bocca aperta. Penso che ad Avellino stiano quasi festeggiando per questa scelta, ha fatto disastri.

Non andava confermato ad Avellino, quello che ha fatto a inizio stagione è stato disastroso. Nessuno immaginava che un allenatore senza esperienza, che si occupa solo di settore giovanile, per quanto possa essere una bandiera locale come Biancolino, potesse fare nettamente meglio. Il Benevento doveva lavorare meglio al calciomercato piuttosto che cambiare allenatore, poi pagano sempre i tecnici. Se Auteri non ti dà fiducia non lo confermi quest’anno, ma se parti con lui finisci anche con lui a meno che non accada qualcosa di disastroso. Non mi sembra che il Benevento sia in una situazione disastrosa, ma in un momento difficile che andava superato tutti insieme, magari aiutandolo con qualche acquisto utile“.

Come si spiega l’immobilismo sul mercato della StregaNon so come la pensi Vigorito, ma in Serie C il mercato di gennaio è molto più incidente che in A e in B. In Serie C gennaio può cambiare completamente il corso della stagione, è facile cambiare il volto alle squadre. Non aver voluto operare minimamente può essere da un lato positivo, non devi stravolgere niente e lavori su quello che già hai, dall’altro lato conosci quali sono stati i punti deboli e dove hai necessità di rafforzarti. Andava fatto qualche intervento, cosa che gli altri hanno fatto. Per me non è corretto che paghi sempre l’allenatore, ci sono responsabilità a monte che non sono del tecnico.

Certo, hai perso la testa della classifica e non hai vinto lo scontro diretto, capisco il voler dare una scossa ma Pazienza mi sembra il nome meno probabile da utilizzare. C’è anche un impatto mediatico per il nuovo tecnico. Un allenatore che viene dall’esonero con una diretta concorrente che senza di lui ha fatto molto meglio non è un bel biglietto da visita. Non so che impatto potrà avere nello spogliatoio un tecnico con un curriculum così fresco alla squadra. Può piacere a Vigorito, ma deve piacere anche alla squadra. Per me è una scelta molto azzardata, ma mi auguro sia vincente. Non credo che la piazza e la critica siano state convinte di questa scelta“.

E’ favorevole al “giovane progetto” giallorosso? Sono molto favorevole al puntare sui giovani. La storia che siamo un paese per vecchi e che si considera giovane un giocatore di 23-24 anni non mi trova d’accordo. I giovani vanno benissimo, ma fino a 21 anni al massimo. E’ giusto dover puntare sul vivaio, la Serie C rischia di morire e i casi di Torre del Greco e Taranto non sono casi isolati. La CONSOB chiude più di qualche occhio per volontà dei vertici della FIGC che non vogliono cancellare piazze importanti, ma poi assistiamo a situazioni ridicole come squadre che mandano i primavera in campo e non hanno soldi per gli stipendi, falsando i campionati. I club dovrebbero tornare alle origini, la C era il serbatoio del calcio italiano mentre oggi è diventato il cimitero degli elefanti.

Bisogna avere anche pazienza, i giovani hanno alti e bassi, fanno degli errori e sono inesperti, ma se sono forti prima o poi te lo danno indietro. E’ giusto puntare su un gruppo di giovani con attorno 3-4 calciatori esperti che li possano guidare e un tecnico che li sappia guidare insegnando loro il calcio. Se questa è la strada e si ha il coraggio di aspettare, la trovo giustissima. Se puoi si vuole immediatamente vincere, puntare sui giovani e cambiare allenatori, avendo fretta, c’è una contraddizione che non porta da nessuna parte. Vigorito in questi anni ha costruito un buon settore giovanile e qualche frutto glielo sta dando. Ci sono Perlingieri, Talia che ho visto crescere nella Keller, c’era Pastina che secondo me ha avuto una squalifica molto ingiusta, Nunziante che sta mostrando buoni numeri. Per me la C deve essere un grande progetto giovani, un serbatoio”.

Secondo lei quale è l’obiettivo del Benevento? Coniugare giovani e risultati è assolutamente possibile, ma ci vuole sangue freddo e pazienza. Non il tecnico Pazienza, la parola. Aver cacciato così Auteri me lo spiegherei solo a causa di un litigio col Presidente, vedendo la situazione da fuori. Il cambio in panchina sembra la decisione di chi vuole vincere, ma non è una decisione fatta con i nervi saldi. Per vincere bisogna avere tranquillità, dare tranquillità e fiducia alla squadra. A meno che il Presidente non si sia resa conto che la squadra è scontenta, ci possono essere tante dinamiche anche extra-campo. Mi sembra, comunque, una scelta umorale e non tecnica: si è scelto un allenatore che è una vera scommessa. Rispetto Pazienza e penso che in futuro possa diventare un bravo tecnico, ma viene da una stagione e mezza negativa: anche l’anno scorso l’Avellino era una corazzata e non ha fatto bene. Penso non sia l’uomo giusto per Benevento, ma spero di essere smentito“.

Chi è la favorita del girone C? L’Avellino si è rinforzato bene sul mercato, secondo me è la candidata principale a vincere il campionato. Attenzione però anche alle pugliesi, non vorrei che tra le due litiganti di 50 kilometri poi vincano altri. Mi sembra che l’Avellino abbia imboccato la strada giusta, mentre il Benevento la stia smarrendo. Spero sempre che salgano in due, non ho preferenze, una diretta e una tramite i play-off. Sarebbe magnifico vedere la Salernitana salva in B, l’Avellino e il Benevento promosse, oltre alla Juve Stabia e il Napoli in Serie A. Ho grande simpatia per Benevento e Avellino, così come per Castellammare e Salerno. MI auguro che la Casertana si salvi, è un’altra realtà importante della nostra regione. Fa bene a tutti che il movimento calcistico campano possa salire verso l’alto“.

Come mai il raggruppamento meridionale è sempre il più combattuto, con tante big presenti e tanti soldi spesi? Al Sud non sanno fare calcio, questo è il problema grave. I modelli da copiare ci sono, ma non si valutano per quello che sono. Il Mantova l’anno scorso ha speso pochissimo, ora è in Serie B e ci sta anche bene. Ha scelto uno come Possanzini, tecnico giochista, e un direttore sportivo bravo, che ha saputo comprare e vendere. Le squadre non si fanno con i soldi, ma con la solidità della società e con i progetti. Chi sa fare calcio, ha un buon settore giovanile e sa crescere i giovani attorno a un progetto, nell’arco di 2-3 anni può vincere e continuare a vincere. Altrimenti si fa come Frosinone e Salernitana, che rischiano il doppio salto indietro.

Ad Avellino, che non so se vincerà, hanno spesso tanti di quei soldi in questi anni che avrebbero potuto fare un grandissimo settore giovanile che avrebbe potuto dare grandi frutti. Il calcio si fa con la programmazione, puntando sui giovani e su allenatori maestri di campo e su direttori sportivi che sanno individuare i giovani. Bisogna avere un Presidente con le spalle larghe e una tifoseria che cambi mentalità, che sia paziente. Bisogna dare tempo e fiducia. La Juve Stabia ha vinto con 2 milioni di stipendi e ora sta facendo una grande stagione in Serie B. Servono le competenze, i soldi non sono la prima cosa. Nel girone C ci sono tante squadre che spendono per provare a salire e l’anno dopo lottano per non fallire“.

ESCLUSIVA BN24 – Ordine: “Il Benevento a Foggia troverà clima di contestazione. In vetta bagarre fino alla fine”

ESCLUSIVA BN24 – Ordine: “Il Benevento a Foggia troverà clima di contestazione. In vetta bagarre fino alla fine”

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Abbiamo raggiunto telefonicamente il giornalista Francesco “Franco” Ordine, per avere una sua opinione riguardo alla stagione giallorossa e non solo.

Nato a Foggia (i rossoneri domani alle 15:00 ospiteranno il Benevento allo Zaccheria), Ordine dopo aver collaborato per Il Corriere dello Sport e La Gazzetta del Mezzogiorno nel 1987 viene assunto dal Il Giornale come inviato speciale per poi dal 1996 diventare capo redattore dello sport. Opinionista Mediaset e dell’emittente radio-televisiva Radio Radio, Ordine collabora come opinionista anche nella trasmissione Il Bello del Calcio in onda su canale 11 Televomero.

Salve Signor Ordine, partiamo dall’attualità: che sfida ci dobbiamo aspettare tra Foggia e Benevento? Le squadre stanno vivendo due momenti completamente diversi. Il mercato del Foggia dà l’idea di un mercato in cui si ridimensiona la cifra tecnica della squadra, quello del Benevento è al momento fermo e mi sembra dia la conferma e la fiducia nei confronti del gruppo squadra.

Questa era una partita sentitissima nell’anno probabilmente con De Zerbi allenatore, ora mi sembra molto meno sentita anche per la classifica del Foggia. Sarà una partita favorevole al Benevento, ci sarà un clima di contestazione nei confronti della proprietà del Foggia e quindi sfavorevole anche nei confronti della squadra, dove ci sono anche da giovani esordienti“.

I giallorossi sono reduci dalla sconfitta di Potenza, che ha annullato il vantaggio in classifica nei confronti delle inseguitrici: crede che la Strega sia la favorita per la vittoria del girone C? “La bagarre in vetta continuerà fino alla fine della stagione. Lì davanti possono spuntarla squadre che obiettivamente nessuno di noi immaginava, come Potenza o Cerignola. Bisogna aspettarsi un lungo braccio di ferro che coinvolga 3-4 squadre. Dopo il mercato, poi, potrebbe esserci il recupero di qualche altra squadra che al momento insegue: non credo il Foggia, mi sento di escluderlo“.

Secondo lei la panchina di Auteri è davvero in bilico, come paventato negli ultimi giorni? “Non lo so, bisognerebbe conoscere bene le idee del patron del Benevento. Vigorito mi sembra una persona molto saggia, oltre che appassionata: è la vera ricchezza del calcio di Benevento. Il vero punto è capire se questa squadra ha margini di miglioramento e soprattutto se non si porta dietro un po’ troppe pressioni da parte dell’ambiente. Credo che questo sia il problema principale del Benevento quest’anno“.

Il Benevento non ha ultimato nessun trasferimento in entrata, anche se la rosa sembra avere delle lacune: che cosa dovrebbe fare il D.T. Carli nell’ultima settimana della sessione invernale? Ho molta stima di Carli. Il mercato dura un mese, ma gli affari si faranno negli ultimi 2-3 giorni. Tra il 31 gennaio e il 3 febbraio, vedrete. La squadra che si sta rinforzando di più è l’Avellino, diventerà un’altra rivale, ma bisognerà vedere quali saranno le mosse definitive del club“.

Il Presidente Vigorito quest’anno ha confermato il progetto giovani, tra cui spicca anche il foggiano Nunziante: è d’accordo con questa scelta? “Il progetto giovani secondo me funziona. Se non nell’immediato, alla lunga sicuramente funzionerà. E’ una garanzia anche economica per la società, significa eventualmente poter vendere e recuperare soldi dalla cessione di alcuni giovani. Le figurine, con gente di 29-30-31-32 anni, alla fine ti rimangono solo i costi. Lo abbiamo visto negli anni scorsi in Serie A e in Serie B“.

Che cosa ne pensa delle situazioni in casa Taranto e Turris? L’esclusione è un rischio reale e si potrebbe così “falsare” il campionato? “Bisogna prendere atto che 3 gironi di Serie C non sono compatibili con l’economia del paese e di alcune città come Taranto e Torre del Greco. Prima o poi bisognerà capire questa realtà e adeguarsi, bisogna ridurre il numero di società partecipanti in Lega Pro. Si rischia di falsare il campionato.

Un altro aspetto sono le seconde squadre: possono essere retrocesse, è difficile che possano essere promosse e sono soltanto una ricchezza per la società. Significa avere una concorrente che ha come obiettivo solo quello di valorizzare giocatori da passare alla prima squadra“.

Foto: Web

Benevento, Prisco: “Siamo padroni del nostro destino, Altamura da non sottovalutare”

Benevento, Prisco: “Siamo padroni del nostro destino, Altamura da non sottovalutare”

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Il giovane centrocampista del Benevento, classe 2004, ha rilasciato un’intervista al collega Oreste Tretola sulle pagine de Il Mattino.

Queste, dunque, le parole di Antonio Prisco, 18 partite (20, considerando anche la Coppa Italia) e 1 assist (a cui si aggiunge il gol messo a referto in Coppa) in stagione:

SUL SUO ESSERE INSOSTITUIBILE NEL BENEVENTO: “Lo sognavo, sicuramente, ma non pensavo che potesse accadere tutto così in fretta. E’ stata importante la fiducia della società, dei compagni e del mister. Quando sono rientrato dal prestito, il mio obiettivo era dare il massimo in ritiro, senza immaginare come sarebbe potuta andare“.

SULL’ESPERIENZA ALLA RECANATESE: “E’ stata una stagione che mi ha aiutato molto. La prima parte mi ha fatto crescere come calciatore, la seconda come uomo perché ho dovuto accettare di avere meno spazio“.

SULLA CRESCITA NEL SETTORE GIOVANILE GIALLOROSSO: “Benevento è la mia seconda casa, sono stato accudito dal club fin da ragazzino. Sono da sette anni qui e spero di rimanerci a lungo, perché sento tanta fiducia“.

SUI CONSIGLI DI MISTER AUTERI: “Ci spinge sempre a dare quel qualcosa in più. E’ stato fondamentale per la mia crescita. Mi chiede sempre tanta intensità in campo“.

SUI PUNTI DI RIFERIMENTO: “Il più forte di tutti è Pirlo. Il mio esempio però è Verratti, mi vedo simile a lui nel modo di giocare e come struttura fisica“.

SUL RAPPORTO CON TALIA: “Io e Angelo veniamo dallo stesso paese, ci conosciamo benissimo. Il nostro rapporto si è rafforzato a Benevento. Non siamo stati in squadra insieme, nelle giovanili, ma stavamo nello stesso convitto. Ora ci siamo ritrovati. Siamo molto uniti e questo è il nostro segreto per aiutarci in campo e fuori“.

SUI CONSIGLI DEI COMPAGNI PIU’ ESPERTI: “Ho instaurato un bel rapporto con Acampora. Lo ascolto molto, ma come lui anche Pinato e Berra. Gli esperti aiutano noi ragazzi nel farci sbagliare meno e nel tenerci con i piedi per terra. Siamo un gruppo unito“.

SUL “GIOVANE PROGETTO” DEL BENEVENTO: “Con giocatori del calibro di Meccariello, Berra, Acampora, Agazzi, Viviani e tanti altri, questa squadra non difetta di esperienza. Noi più giovani aggiungiamo freschezza e spensieratezza. Il nostro sogno è vincere e far divertire i tifosi, ma ragioniamo partita dopo partita. La strada è ancora lunga“.

SUL MATCH CONTRO IL TEAM ALTAMURA: “Domenica, a Potenza, avremmo voluto giocatore. Oggi sarà una partita difficile e da non sottovalutare, perché l’Altamura è una buona squadra. I pugliesi meritano i punti che hanno e già all’andata ci misero in difficoltà“.

SUL MINI TOUR-DE-FORCE DI QUESTI GIORNI: “Possiamo affrontare queste tre gare serenamente, perché chiunque giocherà farà bene. L’obiettivo è vincere sempre, ma saranno partite difficilissime. Il Potenza sta facendo benissimo, il Foggia non è in un buon momento ma resta temibile. Non so se sarà un ciclo decisivo, perché mancano ancora tante partite, ma sarà importantissimo. Siamo i padroni del nostro destino, dobbiamo inseguire solo noi stessi“.

Benevento, l’ex Bucchi a cuore aperto: “Trovai la mia compagna morta davanti a nostra figlia”

Benevento, l’ex Bucchi a cuore aperto: “Trovai la mia compagna morta davanti a nostra figlia”

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L’ex allenatore del Benevento, Cristian Bucchi, ha rilasciato una toccante intervista a Il Corriere della Sera, parlando del suo dramma familiare e arrivando poi all’attualità e al concetto di solitudine nel mondo del calcio.

L’ex tecnico giallorosso, ai piedi della Dormiente nella stagione 2018-19 conclusasi con la semifinale play-off persa col Cittadella, ha parlato a cuore aperto dell’evento che ha vissuto ormai più di venti anni fa, quando perse la moglie.

A chi gli chiede come si fa ad andare avanti, con una figlia di un anno e mezzo dopo una disgrazia simile risponde:Si fa. Per mille motivi, nessuno dei quali forse può essere compreso da chi una situazione del genere non l’ha vissuta. La forza è proprio la bambina che non può crescere vedendoti soffrire, non può sentirsi sempre e solo sfortunata perché ha perso la madre in quel modo. E, allora lei, piccola, diventa il tuo mondo. Per i quattro anni successivi non l’ho lasciata mai da sola. Il calciatore e la figlia insieme in giro per l’Italia con una tata per quando facevo gli allenamenti, per le partite. Ma Emily era sempre con me anche al campo“.

Una scena che diventa difficile dimenticare... “Una tragedia che fai fatica ad accettare senza cadere nella più inutile delle domande: perché è successo a me? Credo che purtroppo la vita a volte sa essere durissima, in quel momento mi sono chiesto se invece di giocare a calcio fossi stato lì, se avessi potuto far qualcosa.  Il senso di colpa iniziale è inevitabile. Valentina ebbe un infarto fulminante, non si sarebbe salvata. A Emily siamo stati tutti vicini, le abbiamo raccontato pian piano la verità, lei non ricorda, era troppo piccola. Forse è stato un bene. Io non ho mollato di un centimetro e, come è successo anche in altre situazioni non belle della mia vita, dopo mi sono sentito addirittura più forte“. 

Preparava un piano B, in alternativa al calcio?, chiede il giornalista. “Se non fossi riuscito nel calcio – spiega l’ex attaccante, ora allenatore – avrei fatto il giornalista. L’idea me l’aveva data la prof di italiano. Scrivevo bene e lei diceva che i miei lavori erano interessanti, riuscivo a non essere scontato, a fornire domande e dare risposte. Quando ho smesso di giocare un po’ l’ho fatto in tv, sia come opinionista che come giornalista“.

Nella carriera e nella vita di Bucchi anche la batosta dello stop per doping, nel momento migliore.Altra batosta -racconta -, lì mi sentivo impotente. Sapevo di essere innocente ma non potevo dimostrarlo. Presi 16 mesi, poi ridotti a otto. Ancora oggi non so darmi una spiegazione. Up e down, la mia carriera è stata un po’ così, ma mi rialzavo sempre mosso dalla rabbia e dalla determinazione che non dovevo mollare“.

Un mondo, quello del calcio, dove la solitudine la fa da padrona. Nel calcio – spiega – sei sempre da solo. Vivi solitamente lontano dai tuoi affetti, dagli amici, dalla famiglia, dalla città dove sei nato. Costruisci qualche rapporto che poi non puoi mai tenere nel tempo, quando torni a casa ti rendi conto che ciò che hai lasciato non è più com’era prima. Sei solo perché quando ti aspetti di condividere un dispiacere, una delusione con qualcuno spesso non trovi chi ti aspetti che ci sia. Forse per questo motivo il calcio ti rende anche forte. Io ho superato tanti limiti personali. Esistono i legami forti, pochi. De Zerbi, Pioli: due colleghi che sento vicini“.

Anche da allenatore la sua è una carriera di alti e bassi. Ora è fermo ma resiste... “Certo, studio e mi aggiorno. Non è piacevole stare a casa ma vale sempre la filosofia che se lavori più degli altri puoi farcela“.

Foto: Getty Images

Benevento, Berra: “Ora maturità per mantenere il primato. La fascia? Inaspettata ma bel riconoscimento”

Benevento, Berra: “Ora maturità per mantenere il primato. La fascia? Inaspettata ma bel riconoscimento”

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Il difensore e Capitano del Benevento ha rilasciato una lunga intervista al collega Oreste Tretola sulle colonne de Il Mattino.

Ecco, dunque, le parole di Filippo Berra in merito alla sua esperienza con la Strega e agli obiettivi futuri:

SUL MOMENTO PIU’ BELLO DEL 2024: “Ce ne sono tanti. Sicuramente l’essere diventato capitano e il primato in classifica sono stati passaggi importanti“.

SUL MOMENTO PIU’ DIFFICILE DELL’ANNO DA POCO CONCLUSO: “Quella semifinale play-off persa con la Carrarese ha lasciato un grande dispiacere. Disputammo una grande gara, ma fummo anche sfortunati. E’ stata una sconfitta da cui abbiamo imparato tanto“.

SULL’ESSERE LEADER E CAPITANO DEL BENEVENTO: “Effettivamente è stata una cosa inaspettata e che ho apprezzato moltissimo. Le persone mi fermano per strada e mi dimostrano calore. E’ un bel riconoscimento e una bella responsabilità“.

SUL SUO RUOLO DA CENTRALE DI DIFESA: “Nella mia carriera ho cambiato spesso ruolo, cercando sempre di dare il massimo per la squadra, perché fa parte del mio lavoro. Ormai gioco ovunque in difesa e non ho preferenze“.

SUL PRIMATO IN CLASSIFICA: “Sicuramente lo volevamo, ma sapevamo che non sarebbe stato facile. Siamo molto giovani e non ce lo aspettavamo, forse non se lo aspettavano neanche gli altri. Ora dovremo essere maturi e forti per mantenere il primato“.

SUL K.O. CONTRO IL GIUGLIANO E SUL GIRONE DI RITORNO: “Dispiace per quel k.o., anche perché la prestazione c’è stata e non meritavamo di perdere, come con Catania e Monopoli. Sono episodi di cui però dobbiamo fare tesoro, per avere fiducia per il futuro. Non sarà facile arrivare in B, perché ci sono tante squadre forti“.

SULLA FORZA DEL GRUPPO: “Siamo un gruppo straordinario, perché siamo molto uniti dentro e fuori dal campo. Anche chi gioca meno come Veltri, Agazzi o Carfora, si allena al massimo per mettere in difficoltà l’allenatore. Ho davvero legato con tutti. Nei ritiri pre-partita il mio compagno di stanza è Pinato, quindi stiamo spesso insieme anche fuori dal campo, siamo stati insieme anche in Nazionale. Frequento anche Capellini“.

SU BENEVENTO: “Mi trovo molto bene, è carina. C’è una natura che la circonda che mi piace molto. E’ una città dove si vive tranquilli e si mangia bene“.

SUL CONTRATTO CON LA STREGA: “Mi trovo bene e mi farebbe piacere restare a lungo. Abbiamo già parlato un po’ con il direttore, ma non c’è nulla di concreto. La volontà di proseguire insieme è certamente reciproca e sono sicuro che troveremo un accordo“.

SULLA PROMESSA IN CASO DI PROMOZIONE IN B: “Ora bisogna essere ancora scaramantici. Non ci sto pensando, ma più che fare un tatuaggio magari potrei tingermi i capelli“.

ESCLUSIVA BN24 – Evacuo: “Benevento e Trapani costruite per vincere. Perlingieri fondamentale per Auteri, bene il progetto giovani”

ESCLUSIVA BN24 – Evacuo: “Benevento e Trapani costruite per vincere. Perlingieri fondamentale per Auteri, bene il progetto giovani”

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Abbiamo raggiunto telefonicamente l’ex Benevento e TrapaniFelice Evacuo, per avere una sua opinione riguardo alla stagione giallorossa e al match di domenica pomeriggio al Provinciale.

Evacuo, attaccante due volte capocannoniere della Coppa Italia e record-man di gol in Serie C (175) classe 1982, ha collezionato 114 presenze condite da 62 gol e 7 assist con la maglia della Strega in Lega Pro tra il 2008-2011 e il 2013-14. Sono ben 99, invece, le apparizioni con i Granata nei suoi tre anni in Sicilia tra il 2017 e il 2020, con 27 reti e una promozione in Serie B. L’attaccante nativo di Pompei ha vestito anche le maglie di Turris, Avellino, Nocerina e Juve Stabia, oltre che di Lazio, Frosinone, Spezia, Novara, Parma e Catanzaro. Oggi Evacuo, a 42 anni compiuti, ha appeso gli scarpini al chiodo e, dopo aver ottenuto l’abilitazione come direttore sportivo, ha ottenuto anche quella come procuratore.

Salve Felice, partiamo dall’attualità: che cosa ci dobbiamo aspettare domenica pomeriggio al Provinciale tra Trapani e Benevento? “Sarà una partita bella, da giocare. Si affrontano due squadre costruite per vincere, che hanno in rosa giocatori di ottimo livello. Due società con strategie diverse: il Benevento ha voluto puntare fortemente sui giovani del proprio settore giovanile, mentre il Trapani ha dovuto ricostruire la squadra da capo comprando giocatori molto forti per la categoria. Il Benevento in questo momento è un passo avanti per condizione, amalgama e soprattutto classifica. Giocherà una partita che potrà consentire anche di allungare in classifica, sia sul Trapani sia sul Cerignola che ha pareggiato ieri. Il Trapani, invece, deve rincorrere e quindi ha un solo risultato a disposizione“.

Benevento e Trapani sono le piazze in cui hai militato di più nella tua carriera: che ricordi ti sei portato da queste esperienze? “A Benevento sono stato quattro anni, a Trapani tre. Sono sicuramente due città, due piazze e due squadre a cui sono ovviamente legato e di cui ho tanti bei ricordi. La differenza, purtroppo, è che a Trapani siamo riusciti a vincere il campionato mentre a Benevento ci siamo sempre andati molto vicini ma non ci siamo mai riusciti. E’ un rammarico che porto dentro la mia carriera“.

C’è un aneddoto in merito alle tue due esperienze nel Sannio? “E’ sempre difficile raccontare degli aneddoti, ma sono stati anni molto intensi. Allora il Benevento non era mai stato in B, la voglia della società e la pressione che si viveva nel dover fare per forza un’impresa non ci ha mai consentito forse di riuscire ad arrivare all’obiettivo, cosa che poi è riuscita negli anni successivi. Va dato merito al Presidente di non aver mai mollato e di aver sempre cercato di portare il Benevento nel calcio che conta. Poi ci è riuscito, addirittura portando il Benevento in Serie A per due volte. Rispetto ad allora il Benevento ha fatto passi avanti da gigante, in quegli anni ci abbiamo provato in tutti i modi ma non ci siamo purtroppo mai riusciti“.

Quest’anno il Benevento ha optato per il progetto giovane: pensi possa essere una giusta modalità per provare a tornare in Serie B? “La certezza nel calcio non c’è, ma secondo me la linea scelta dalla società quest’anno è chiarissima: fa giocare sempre titolari 4-5 giocatori del proprio settore giovanile. Penso sia un orgoglio per la società e anche per la città. Sono giovani del settore giovanile, vuol dire che chi se ne occupa ha fatto un ottimo lavoro: non è facile proiettare dei ragazzi dalla Primavera alla prima squadra come hanno fatto loro. Nunziante è un 2007 e sta giocando titolare in un ruolo impegnativo e particolare come quello del portiere, si sta ben destreggiando. Perlingieri attualmente può essere considerato l’attaccante di riferimento del Benevento, scalzando gente come Lanini che ha tutt’altro pedigree. Attualmente si sta rivelando una scelta vincente, come lo è stata quella del Cesena l’anno scorso: il Cesena ha adottato lo stesso tipo di strategia l’anno scorso e alla fine ha vinto. Ora vedremo i risultati“.

Quanto è importante Perlingieri nello scacchiere giallorosso e come valuti il reparto offensivo della Strega? “Perlingieri per caratteristiche si adatta benissimo al gioco di Auteri, è sicuramente una pedina fondamentale. Lo ha dimostrato anche all’inizio, quando aveva difficoltà ad andare in rete: una cosa che secondo me lo ha un po’ bloccato nelle prime giornate. Poi il ragazzo si è sbloccato e sta dimostrando tutto il suo valore. Credo che sia un giocatore fondamentale, come tutti gli altri: anche Lanini, Manconi e Starita si sono alternati nel ruolo di prima punta. Ovviamente per caratteristiche credo che Perlingieri sia quello più adatto in quella posizione, ma tutti i giocatori dell’attacco del Benevento sono giocatori intercambiali e che hanno un livello assoluto molto alto“.

Tu sei stato allenato da Auteri ai tempi della Nocerina: che tipo di allenatore è? “Auteri secondo me è uno dei migliori tecnici della categoria. E’ un allenatore esperto ma allo stesso tempo ha un modo molto moderno di far giocare le sue squadre. E’ un allenatore che pretende sempre la pressione in avanti, che vuole le squadre alte e a volte fa un pressing ultra-offensivo. Le sue idee erano innovative già vent’anni fa e lo sono tutt’ora. Fa un bel gioco, fa esprimere le potenzialità della squadra. Per supportare quel tipo di gioco bisogna avere una condizione atletica sempre molto alta da parte degli interpreti, durante la settimana fa lavorare molto la squadra dal punto di vista atletico, fisico e sulla corsa. Per reggere quel tipo di gioco i giocatori devono avere un’ottima condizione fisica quindi è necessario quel tipo di allenamento“.

Nell’attuale girone C hai vestito le maglie di Turris e Avellino: che cosa ne pensi della situazione in casa corallina e in casa irpina? “Turris e Taranto attualmente rappresentano due società borderline, hanno scadenze da rispettare di tipo Federale e tra 10 giorni sapremo il futuro di queste società. Vivere queste situazioni in un campionato come questo, nel 2024, può portare degli scompensi: in un modo o nell’altro cambiare la classifica a metà o fine girone d’andata non è una bella cosa. Spero che le due squadre, pur se penalizzate, possano andare avanti per una questione di correttezza sportiva.

L’Avellino, come anche il Catania, è una squadra un po’ attardata rispetto alla rosa che aveva costruito. Sono due squadre di assoluto valore, sono convinto che potranno dire la loro fino alla fine. Molto passerà anche da quello che sarà il cammino del Benevento, che ha accumulato un discreto vantaggio in classifica e pare che anche in campo abbia meno difficoltà. La classifica non conta, ha ragione Auteri: le partite sono talmente tante che uno non si può cullare sui punti di vantaggio ed è tutto recuperabile. In questo momento il Benevento ha un vantaggio ed è un vantaggio che ti dà la possibilità di fare un errore in più degli altri. Deve continuare a fare quanto fatto fino ad ora“.

Anche in cadetteria ci sono squadre che tu conosci molto bene: i giochi sono già fatti in favore del Sassuolo ? “Per quanto riguarda l’alta classifica il Sassuolo ha sicuramente un passo diverso dagli altri, ha in rosa giocatori di valore che l’anno scorso facevano la Serie A. Per citarne uno, Berardi. Per strutture e storia recente ha dimostrato di poter reggere tranquillamente un campionato di A, la retrocessione dell’anno scorso è stata un episodio e penso farà parte della Serie A dell’anno prossimo. Le altre sono tutte in corsa: la Serie B, più della Serie C, è un campionato in cui le difficoltà sono dietro l’angolo. Anche giocare contro l’ultima in classifica non è mai facile per nessuno, ogni domenica può succedere qualcosa e questo potrebbe consentire a qualsiasi squadre di riportarsi nelle zone alte. Lo Spezia sembra aver maggior compattezza rispetto alle altre, così come il Pisa di Mister Inzaghi: sono le due squadre che stanno seguendo il Sassuolo“.

Pensi che ci sia una difficoltà nel trovare forti attaccanti italiani, anche in ottica Nazionale? “Le nuove idee del calcio moderno hanno cancellato prima il 10 e dopo il 9, sono stati due ruoli totalmente depennati anche se qualcuno ultimamente sta cercando di riportarle in voga. La ricerca e la crescita di alcuni giocatori con determinate caratteristiche è stata favorita rispetto all’antico centravanti o all’antico trequartista. Già questo ha portato meno giocatori con quelle caratteristiche, poi con l’apertura delle frontiere c’è stata un’invasione completa di stranieri e ora i club preferiscono pescare all’estero. Ci sono sempre meno giocatori italiani selezionabili, questo ha penalizzato fortemente anche la Nazionale. Fermo restando che ci sono ottimi giocatori come Scamacca e Retegui, anche se non lontanamente paragonabili a un Vieri, Baggio, Zola, Totti o Del Piero“.

Hai studiato per diventare prima direttore sportivo e poi procuratore: ti rivedremo anche al Benevento? “Ora ho intrapreso in modo più netto la carriera di agente, cosa complicata perché ti devi qualificare e anche l’esame è più difficile. In questi due anni ho investito il mio tempo nello studiare e nel qualificarmi, fondamentale per fare qualsiasi professione. Ora sto collaborando con un’agenzia di procuratori, preferisco andare per questa strada. Ma tornerò al Vigorito“.

ESCLUSIVA BN24 – Aruta: “A Benevento ho lasciato il cuore. Strega costruita per vincere, ma occhio al Taranto…”

ESCLUSIVA BN24 – Aruta: “A Benevento ho lasciato il cuore. Strega costruita per vincere, ma occhio al Taranto…”

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Abbiamo raggiunto telefonicamente l’ex Benevento e TarantoSossio Aruta, per avere una sua opinione riguardo alla stagione giallorossa e alla sfida di sabato dello Iacovone.

Aruta, attaccante da quasi 400 gol in carriera classe 1970, ha collezionato 90 presenze condite da 46 gol con la maglia rossoblù tra il 1993 e il 1996 in Serie D e in Serie C. I tre anni con il Delfino gli sono valsi la prima chiamata da parte dell’allora Sporting Benevento in C2, nella stagione ’96-97, con cui fa registrare 31 gettoni e trova la porta in 10 occasioni. L’anno seguente si guadagna il trasferimento in Serie B, con il Pescara, ma neanche dodici mesi dopo torna nuovamente in C1. Il Re Leone vive in giallorosso anche le annate 2000-01 e 2001-02, interrotte da un prestito alla Puteolana, completando la sua carriera sannita con altre 39 presenze e 14 reti. Oggi Aruta, a 54 anni da compiere tra meno di un mese, ha appeso gli scarpini al chiodo non riuscendo a coronare il suo sogno di giocare in Serie A allena l’Academy della Juve Stabia.

Salve Sossio, partiamo dall’attualità: che cosa ci dobbiamo aspettare sabato pomeriggio allo Iacovone tra Taranto e Benevento?Sono due grandi società, con un passato alle spalle. In questo momento il Taranto è in grossissime difficoltà: dopo l’anno scorso in cui ha raggiunto i play-off quest’anno è partito male. Il Benevento sta cercando di tornare nel calcio che conta, dove è stato fino a qualche anno fa. Il Benevento è una squadra costruita per vincere ma, anche se il Taranto viaggia nelle zone basse della classifica, sarà una partita difficilissima: conosco l’ambiente, conosco i tifosi e so che i giocatori daranno l’anima in campo. Non c’è un pronostico sicuro al 100%, anzi: tante volte in partite del genere escono risultati imprevedibili. Sulla carta il Benevento è superiore, ma nella mia carriera ho visto tante carte fare una brutta fine: direi X2“.

Tre anni in rossoblù e altrettanti in giallorosso: che cosa ti hanno lasciato queste due piazze?Taranto e Benevento, insieme ad altre squadre come Savoia, Pescara e Ascoli, su tutte rappresentano il mio lancio nel calcio che conta. A Taranto ho fatto benissimo, ho vinto un campionato, il titolo di capocannoniere e lo Scudetto dilettanti. Da lì sono arrivato al Benevento, ho fatto un’annata straordinaria e l’anno dopo sono stato acquistato dal Pescara in Serie B. Ho lasciato il cuore in entrambe le città, i tifosi mi adorano perché sono stato un bomber e li ho fatti segnare. A Benevento purtroppo abbiamo perso la finalissima contro la Turris ad Avellino: è stato un dispiacere non regalare questa gioia ai tifosi, è stato uno dei miei più grandi rimpianti non riuscire a regalare questa gioia immensa alla città di Benevento. In quegli anni ho sempre sudato la maglia, ho dato tutto me stesso e sono contento ancora oggi di essere uno degli idoli in queste due piazze“.

C’è un aneddoto in merito alla tua esperienza nel Sannio?Mi sono sentito uno Stregone, sono successe tantissime cose che ricordo con piacere. Un aneddoto molto bello è stato di aver sostituito un attaccante che era l’idolo dei tifosi, che era andato al Catanzaro, e ho avuto la bravura di farlo dimenticare nonostante la strada fosse in salita. Nella semifinale play-off giocammo proprio contro il Catanzaro e andammo in finale proprio grazie a un mio gol. Un altro aneddoto riguarda i pon pon giallorossi cuciti ai calzettoni da mia madre, erano gelosamente custoditi dal mitico magazziniere Gaetano che ora non c’è più. Stiamo parlando di quasi trent’anni fa, all’epoca mi davano del matto perché facevo queste cose strane alla Balotelli: ho sempre pensato che la gente mi dovesse valutare per quello che davo e che facevo in campo, il mio estro e la mia vita privata non doveva interessare nessuno. E’ stata una stranezza che difficilmente si vede nei campi di calcio, ma l’ho fatto anche per scaramanzia: la prima volta che li indossai feci doppietta, quindi non li ho più tolti“.

Nel 2018, alla prima stagione del Benevento in Serie A, hai fatto un appello a Vigorito per giocare in Serie A. Il Presidente disse che il regolamento non lo permetteva: che cosa accadde?Ho avuto la sfortuna, quando militavo nel Benevento, di non avere il Presidente Vigorito. Ho avuto Spatola e prima Cotroneo, il mitico. Loro mi avrebbero detto di sì, per questo dico sfortuna. E’ verissimo che il regolamento non lo permetteva, ma io mi ero presentato per una cosa extra. Si doveva chiedere semplicemente alla Lega, lo aveva fatto anche Gene Gnocchi con il Parma. Mi è stato detto di no perché è sembrato che io stessi gufando la retrocessione del Benevento. Io lo avevo chiesto a giochi fatti, in caso di salvezza raggiunta o di retrocessione sancita, per avverare un sogno che avevo da bambino. Lui non ci ha voluto neanche provare, bastava semplicemente chiederlo alla Lega. Il Benevento retrocesse 5-6 partite prima della fine del campionato, se mi avesse fatto debuttare un minuto non saprei che cosa gli avrei tolto. Non è andato oltre la non-conoscenza, avrebbe potuto comunque raccontare questa storia e prendersi una lode per aver fatto un gesto bello. Allora potevo essere io e oggi poteva essere chiunque, per coronare un sogno in una città in cui avevo lasciato un segno: sarebbe stata una bella storia per il calcio. Ci rimasi molto male…“.

Quest’anno il Presidente Vigorito ha dato vita al “giovane progetto”, con molti ragazzi impegnati in prima squadra: quanto è importante oggi dare spazio e fiducia ai giovani?Puntare sui giovani è fondamentale oggi come oggi, in Italia stiamo perdendo colpi e i risultati si vedono con la Nazionale. Non ci sono più talenti né scoperte, diamo più importanza a far venire in Italia giocatori scarsi e stranieri. Dare valore ai giovani è importante, abbiamo bisogno di nuovo di trovare talenti soprattutto nel reparto offensivo. Attenzione però: molte società non fanno giocare i giovani per lanciare un progetto, ma solo perché facendo giocare i giovani hai dei bonus da parte della Lega. Non è il caso del Benevento, ovviamente, ma alcune società lo fanno solo a scopo di lucro senza preoccuparsi di far crescere questi giovani“.

Ha calcato per tanti anni i campi di Serie C: quali sono le difficoltà di queste campionato?Ho giocato in C per anni, il raggruppamento meridionale è sempre stato difficilissimo. Ci sono tante squadre e società blasonate, in città importanti, che hanno allestito e allestiscono squadre per vincere. Catania, Avellino, Casertana, Foggia: tutte grandi piazze che hanno fatto la Serie A e la Serie B ma che ora fanno fatica a emergere e che si fanno la guerra ogni anno perché nessuno viene promosso. Ogni partita è una guerra, in più aggiungi il fatto che si tratta di piazze calde ed esasperate… Ci sono società di Serie A che fanno pochi spettatori, mentre altre che in B o in C faticano ma riempirebbero sempre gli stadi in massima serie. C’è tutto un discorso a livello societario, non è che comprando giocatori forti si vince automaticamente“.

Vorresti mandare un messaggio ai tifosi del Benevento?Resteranno sempre nel mio cuore, ho vissuto ricordi indelebili che porterò nell’aldilà. Sono stati gli anni più belli della mia carriera calcistica, dentro e fuori dal campo: è stato tutto bellissimo. Spero un domani di tornare allo stadio a vedere la partita, come ho fatto in passato: ora manco da tanto tempo. A Benevento ho fatto la presentazione del mio libro, sono stato anche con il Signor Mastella. Mi ero proposto come allenatore, quando il mio carissimo amico Puleo era Direttore Sportivo: la risposta è stata un due di picche“.

Rivedremo Sossio Aruta nel calcio che conta?Fino a due anni fa giocavo ancora in prima categoria, al Qualiano, arrivando a 382 gol in carriera. L’anno scorso ho allenato i ragazzi dell’FC Taranto, ho vinto il campionato. Poi ho allenato l’FC Napoli Nord Femminile, con cui abbiamo vinto un campionato, oggi invece alleno a Cercola con l’Academy Juve Stabia. Ho il patentino UEFA B da quasi vent’anni, posso allenare fino alla Serie D ma per andare avanti ci vogliono tanti santi in paradiso. Un domani mi piacerebbe avere la possibilità di allenare una squadra vera, per mettere a servizio di tutti la mia esperienza e quello che tanti allenatori bravissimi che ho avuto mi hanno dato“.