Sono cento anni dall’omicidio Matteotti e, in sua memoria, Liliana Segre, senatrice della Repubblica nonché antifascista, politica e superstite dell’Olocusto, ha deciso di presentare un ddlin sua memoria. In merito ella ha affermato: “ “E’ per me un dovere e un onore ripresentare il disegno di legge per le celebrazioni del centesimo anniversario della morte di Giacomo Matteotti (1924-2024), il deputato socialista rapito e poi barbaramente assassinato il 10 giugno del 1924 dai fascisti. Ricordarlo a cento anni dalla scomparsa è un dovere per la Repubblica e rappresenta per tutti noi un monito a difendere i principi irrinunciabili di democrazia e libertà”.
Ricordiamo allora con la Segre che la storia ci racconta che era il 30 Maggio del 1924 quando Giacomo Matteotti, segretario del Partito Socialista Unitario, si alza nell’aula di Montecitorio per pronunciare il suo discorso di denuncia delle elezioni tenutesi il 6 aprile dello stesso anno, votazione durante la quale molteplici erano state le violenze nei confronti dei candidati oppositori del Fascismo.
Con grande coraggio, interrotto ripetutamente dai deputati fascisti, Matteotti denunciò i brogli ed il clima di violenza che avevano caratterizzato quella tornata elettorale, in molte sezioni c’erano state intimidazioni verso coloro che vi si recavano, ovunque furono impediti i comizi, bruciati i giornali, impedita l’affissione di manifesti antifascisti, attaccate le stamperie che li producevano e addirittura la violenza si accanì nei confronti di Antonio Piccinini, Socialista massimalista, che fu ucciso.
La frammentazione politica ed elettorale di quegli anni, aveva spinto il Partito Nazionale Fascista a presentare un progetto di legge elettorale che, secondo loro, avrebbe assicurato la governabilità, la così detta “Legge Acerbo”, (dal nome del deputato Giacomo Acerbo che ne redasse il testo). Questa legge, definita “legge truffa”, consentì alla lista più votata a livello nazionale, di ottenere i 2/3 dei seggi, a patto che la lista stessa superasse il 25% dei voti.
Era necessario dunque che i risultati fossero quelli sperati dai fascisti e per questa ragione essi ricorsero alle violenze.
La vittoria del cosiddetto “Listone”, voluta da Benito Mussolini per combattere il Partito Socialista Italiano e il Partito Comunista d’Italia, fu decretata grazie all’accettazione dell’alleanza con tutti quanti fossero “al di fuori, al di sopra, e contro i partiti“, uomini propensi a una “attiva e disinteressata collaborazione“- queste le parole del Duce in un discorso del 28 gennaio 1924 tenuto dal balcone di Palazzo Venezia -.
La cosiddetta Legge Acerbo, un proporzionale con voto di lista e premio di maggioranza, fu approvata in un clima intimidatorio, come dimostra il discorso di Filippo Turati: «Sotto l’intimidazione non si legifera; non si legifera tra i fucili spianati e con la minaccia incombente delle mitragliatrici. Una legge, la cui approvazione vi è consigliata dai 300 mila moschetti dell’esercito di dio e del suo nuovo profeta, non può essere che la legge di tutte le paure e di tutte le viltà……..”
Matteotti era consapevole che il movimento fascista, fino a prima delle elezioni minoritario, aveva voluto conquistare il potere ad ogni costo e per questo denuncia in aula i brogli e le violenze perpetrate, rivendicando il diritto degli italiani ad un governo democratico con queste parole: “ Noi deploriamo che si voglia dimostrare che solo il nostro popolo nel mondo non sa reggersi da sé e deve essere governato con la forza. (…) Voi volete ricacciarci indietro. Noi difendiamo la libera sovranità del popolo italiano al quale mandiamo il più alto saluto e crediamo di rivendicarne la dignità”.
Egli chiese, con forza e determinazione, che le elezioni fossero invalidate per evitare che il totalitarismo fascista diventasse realtà nel nostro paese.
Il 10 giugno 1924 Matteotti fu rapito e assassinato mentre, a piedi, si recava a Montecitorio, da una squadra fascista capeggiata da Amerigo Dumini, personaggio che fra gli assassini politici, teneva il primato assoluto. Dumini amava presentarsi dicendo: “Dumini, nove omicidi!”.
A nulla potettero le proteste delle opposizioni in aula e fuori di essa e, nonostante il Fascismo abbia conosciuto dopo l’omicidio Matteotti un calo di popolarità e consenso, esso ha continuato a negare il suo coinvolgimento nel delitto, anche quando il 16 agosto dello stesso anno, il cadavere di Matteotti fu ritrovato nel bosco della Quartarella, a circa venti chilometri da Roma.
Le opposizioni decisero quindi di abbandonare l’aula e non partecipare ai lavori parlamentari per protesta e sdegno, finchè i responsabili del barbaro atto non fossero stati processati; questa scelta prese il nome di “secessione dell’Aventino”.
In realtà il 3 gennaio del 1925, nell’aula di Montecitorio, Benito Mussolini pronuncia un famoso discorso che rappresenta, come afferma Renzo De Felice, l’atto costitutivo del Fascismo come regime autoritario, con le seguenti parole: “…….assumo (io solo!) la responsabilità (politica! morale! storica!) di tutto quanto è avvenuto. Se le frasi più o meno storpiate bastano per impiccare un uomo, fuori il palo e fuori la corda! Se il Fascismo non è stato che olio di ricino e manganello e non invece una superba passione della migliore gioventù italiana, a me la colpa! Se il Fascismo è stato un’associazione a delinquere, a me la responsabilità di questo, perché questo clima storico, politico e morale io l’ho creato…..”.
Sono state circostanze storiche passate e non ripetibili? Noi lo speriamo davvero perché la libertà come il diritto di parola sono principi sacri troppo spesso ignorati e soffocati, ancora oggi, in tante parti del mondo, morire per la verità e la giustizia è atto nobile, ma non necessario in un paese di democrazia e diritto.
Non sempre condividiamo scelte sociali e politiche compiute da chi ci governa, ma non per questo chiediamo il silenzio o neghiamo il diritto di parola a quanti a noi contrari, per questo la memoria del delitto Matteotti è, ancora oggi, preziosa nella costruzione di un paese giusto e di ogni democrazia, a partire da quella del nostro paese.
Gherardo Colombo e il suo libro con Liliana Segre, percorso di libertà e giustizia
Nel pomeriggio di martedì 28 Marzo, continuando negli incontri programmati per il nono Festival Filosofico del Sannio intorno al tema della Libertà, organizzato dall’Associazione Culturale “Stregati da Sophia”, presieduta da Carmela D’Aronzo, negli spazi del Cinema San Marco di Benevento, Gherardo Colombo ha tenuto la sua lectio magistralis intorno al tema : “ La colpa di essere nati”, argomento che ricalca il titolo del suo ultimo libro scritto in collaborazione con la senatrice Liliana Segre.
Gli interventi dell’ex magistrato sono stati coordinati dal giornalista Mario Valentino e preceduti dal saluto del Sindaco Clemente Mastella che, riconoscendo la valenza professionale ed umana del Colombo, ricorda che lo stesso sarà nuovamente ospite di Benevento in occasione di una cerimonia di gemellaggio con un paese francese dal nome Bénévent-l’Abbaye, centro fondato intorno all’anno Mille da profughi beneventani.
Dopo i saluti all’importante ospite, Carmela D’Aronzo ha ricordato la rilevante figura della senatrice Liliana Segre, coautrice del libro, donna che con coraggio, continua a testimoniare le brutalità e le crudeltà di cui è stato vittima il popolo ebraico e lei stessa, sopravvissuta ad Auschwitz, ma ancora alla ricerca del senso più profondo del concetto di libertà, dove quest’ultima acquista significato solo se si continua a testimoniare quanto è accaduto, affinchè vicende tanto tragiche non diventino solo racconti lontani e sbiaditi di cui si perde memoria e traccia e l’indifferenza non avvalori la sottomissione.
Nel libro “La colpa di essere nati”, i due autori ripercorrono,oltre alle vicende personali e politiche degli anni tra il 1935 ed il 1938, con l’emanazione delle leggi razziali e ovviamente quella personale della Segre che, ancora bambina, ha conosciuto la discriminazione per ragioni etniche, religiose e linguistiche, anche gli anni della prigionia in Italia, dopo un tentativo di fuga in Svizzera e la deportazione ad Auschwitz su un carro bestiame.
Con il libro gli autori vogliono interrogarsi sulla profonda differenza che c’è tra giustizia e legalità. Essi mettono in risalto la necessità dell’affermarsi della giustizia stessa come unico strumento contro il ripetersi di vicende che videro, un mondo di normalità stravolgersi per diventare un palcoscenico di brutalità e violenza, il buio di un tempo che videro una bimba di otto anni divenire, improvvisamente, “invisibile” agli occhi del mondo e di quanti, fino ad allora, l’avevano frequentata e fatta partecipe delle loro vite, con la sola colpa di “essere nata”, quasi che non esistesse più.
D’Aronzo legge, in merito alla Segre, una missiva che la stessa, impossibilitata ad essere presente, ha inviato a tutti i partecipanti all’evento e nella quale ribadisce l’importanza di negare ogni indifferenza di fronte a vicende tanto gravi come quelle da lei vissute, negare che possano giustificarsi discriminazioni , che vi siano alcuni primi ed altri secondi, ma soprattutto ricordare che : “Non abbiamo bisogno di eroi, serve tenere sempre viva la capacità di vergognarsi per il “male altrui”, di non voltarsi dall’altra parte, di non accettare le ingiustizie, di non assistere passivamente al bullismo, di non dire mai “non mi riguarda”.
Ella, scrive ancora, vuole concludere la sua vita mettendo, come si fa nei cimiteri ebraici, una pietra che rappresenta la voglia di ricordare, perché nessuno dimentichi.
Prende poi la parola Gherardo Colombo che, alla domanda del Valentino che gli ha chiesto da quando conosceva la Segre e soprattutto da quando si è interessato della Shoah, egli ha risposto di conoscere la Segre da circa quattro anni, soprattutto però da quando ha cominciato a testimoniare la sua esperienza da sopravvissuta, ma della Shoah egli si è interessato negli anni ’60, fin dal processo ad Adolf Eichmann a Gerusalemme, un SS responsabile dell’omicidio di milioni di ebrei.
Egli ricorda anche che la Segre gli ha chiesto, prima di raccontare la sua storia sotto forma di dialogo tra i due, di vedere il film “Il giardino dei Finzi Contini”, in modo da comprendere come la condizione degli ebrei sia cambiata radicalmente con le leggi razziali, da normalissima a terrificante e di come, quasi in modo naturale, gli ebrei fossero emarginati da un momento all’altro.
Colombo racconta di come solo il papà della Segre era contrario al Fascismo, tutti gli altri l’accettavano quasi come normale, come accadeva a tutti gli ebrei di Milano, eppure l’antiebraismo probabilmente covava sotto la cenere, le leggi razziali consentirono poi a quel sentimento di prendere piede. Alla domanda in merito da dove nascesse quel pregiudizio antiebraico, Colombo risponde che l’odio verso gli ebrei era celebrato anche nelle chiese cattoliche, specie nei riti pasquali, in memoria della morte di Cristo per mano ebraica.
Egli ricorda anche che per fare una guerra, vedi la Germania del tempo, bisogna costruire un nemico, anche per dare a se stessi tutti i meriti, con la propaganda, che celebra le negatività dell’altro; la verità era che gli ebrei erano più bravi di altri, specie in economia, è la stessa propaganda di oggi contro gli immigrati. Liliana Segre ha scelto la libertà di scendere in campo per raccontare le verità tragiche che erano ignorate, donna di coraggio che ha infranto ogni indifferenza anche sostenuta dalla nostra Costituzione, amata da entrambi gli autori e regola di convivenza che, se rispettata, consentirebbe di vivere meglio.
Dopo aver ribadito l’importanza delle regole in ogni ambito della nostra vita, egli ricorda che esse sono informazione, come la libertà è una scelta regolata dalle stesse norme e, in merito, cita gli articoli 1 e 3 della nostra Costituzione, fondamento di ogni democrazia.
Lezione di civiltà e amore del prossimo nelle parole di Colombo, insegnamento di convivenza e rifiuto di ogni sopraffazione, esaltazione del dettato costituzionale e del suo messaggio di giustizia e libertà, momento di crescita collettiva e democratica di cui gli siamo grati.
Giornata della Memoria, Lombardi: “E’ dovere di tutti ricordare gli eventi mostruosi di cui anche l’Italia si macchiò”
Il Presidente della Provincia di Benevento, Nino Lombardi, partecipando presso il Salone del Palazzo di Prefettura all’evento promosso dal Prefetto Torlontano in ricordo delle Vittime della Shoah per il 27 gennaio “Giorno della Memoria”, ha dichiarato.
“E’ dovere di tutti i cittadini ricordare gli eventi mostruosi di cui anche l’Italia si macchiò a seguito delle Leggi contro gli Ebrei del 1938. La collettività nazionale, costretta come fu ad una vergognosa rincorsa alle politiche razziste del regime hitleriano, ha pagato un prezzo insopportabile a quella follia.
Lo sterminio di ebrei italiani; quei treni in partenza per i lager carichi di uomini, donne e bambini cittadini italiani; la cacciata dal Paese di intellettuali, scienziati, uomini di ingegno e persino di militari che avevano servito con onore la Patria sui fronti della Prima Guerra Mondiale sono pagine terribili di storia che devono restare ben presenti all’attenzione nostra e, di conseguenza, a quella delle generazioni future. Soprattutto in questo frangente storico nel quale, come ha sottolineato nelle scorse ore la sen. Liliana Segre, sembra che la maggioranza della popolazione non voglia più nemmeno sentir parlare né della Shoah, né degli stessi Ebrei.
Non possiamo consentire che questo effettivamente accada; non possiamo avallare un ritorno all’indietro delle lancette delle storia riportandole al tempo in cui, subito dopo la Guerra e la fine del nazi-fascismo, comunque per lunghi anni questi argomenti di fatto sono stati sottaciuti o accantonati, forse anche solo per vergogna. In tutti le aree del Paese, anche nei Comuni più piccoli, come testimoniato dalla cerimonia odierna in Prefettura, si sono consumati atti mostruosi che non possono essere dimenticati”.
Liliana Segre e il toccante discorso inaugurale del nuovo Parlamento
Nella mattina di giovedì 13 ottobre, si è tenuta la prima seduta inaugurale del nuovo Parlamento italiano con un discorso di Liliana Segre, Presidente provvisorio del Senato in occasione dell’apertura della XIX legislatura.
La Segre ha tenuto a ricordare, come senatrice più anziana, di avere l’onore di presiedere l’aula del Senato al posto di Giorgio Napolitano (indisposto), ricordando ai presenti le parole dell’ex Presidente della Repubblica : “Desidero esprimere a tutte le senatrici ed i senatori, di vecchia e nuova nomina, i migliori auguri di buon lavoro, al servizio esclusivo del nostro Paese e dell’istituzione parlamentare ai quali ho dedicato larga parte della mia vita”.
Dando poi il benvenuto alle nuove Colleghe e Colleghi che ha immaginato “sopraffatti dal pensiero della responsabilità che li attende e dall’ austerità dell’aula in cui si trovano” in molti, per la prima volta al servizio dello Stato, ha voluto esprimere sue brevi considerazioni personali.
Ella ha voluto ricordare che stiamo vivendo un tempo nel quale la guerra è tornata in Europa e molto vicino a noi, una guerra che, come atto di scontro militare oltre che territoriale e umano, porta con sé un “carico di morte, distruzione, crudeltà, terrore….una follia senza fine”.
Proprio in merito ai terribili avvenimenti della guerra Russo-Ucraina, la Segre ha voluto unirsi alle parole del Presidente della Repubblica Mattarella che ha recentemente affermato: “ La pace è urgente e necessaria. La via per ricostruirla passa da un ristabilimento della verità, del diritto internazionale, della libertà del popolo ucraino”.
Ella ha poi voluto ricordare che in questo mese di Ottobre cade il centenario della Marcia su Roma, atto che aprì la strada alla dittatura fascista e come, quasi paradossalmente, coincide con il momento in cui ella presiede provvisoriamente l’aula del Senato, di quel Parlamento che, noi ricordiamo, fu svuotato di poteri e significato dal Fascismo distruggendo il suo significato democratico.
Ella ricorda poi come l’evento di cui si celebrano i cento anni, è impresso nella sua mente in quanto ha determinato, nel 1938, le leggi razziali che l’hanno allontanata, lei bambina smarrita delle elementari, dal suo banco di scuola, dalla sua vita di cittadina italiana e dalla sua serenità, fino all’orrore di Auschwitz.
Nella giornata di insediamento del nuovo Parlamento ella siede, ricorda, per un destino beffardo verso i suoi persecutori, sul banco più prestigioso del Senato.
Ha poi ricordato che l’istituzione parlamentare è, ad oggi, profondamente rinnovata e cambiata nei numeri, nell’aula della Camera dei deputati infatti siederanno 400 eletti anzichè 630 , in quella del Senato si ritroveranno 200 senatori al posto dei 315.
Per la prima volta, inoltre, ricorda, hanno potuto accedere al voto i giovani dai 18 ai 25 anni. Un numero ridotto di rappresentanti del Parlamento che implica però, ha continuato, la consapevolezza che tutto il paese guarda loro aspettandosi atti e gesti di responsabilità e di esempio, atti che siano rispettosi nell’adempiere con “disciplina e onore” il servizio che si è chiamati a svolgere, servendo le istituzioni senza pensare di servirsi di esse per scopi privati.
Ella ha poi chiesto ai presenti di lasciare fuori dall’aula la politica urlata, praticando invece il rispetto per l’avversario politico pur rimanendo fedeli alle proprie idee. Ha poi ricordato che l’imperativo di tutti deve essere “preservare le istituzioni della Repubblica” che appartengono a tutti e che hanno il compito di agire e lavorare nell’interesse del paese.
La Costituzione, ha continuato, “ non è un pezzo di carta”, come affermò Piero Calamandrei, ma essa è “ un testamento di 100 mila morti caduti nella lunga lotta per la libertà”, una lotta che affonda le sue radici nel 1924 con la morte di Giacomo Matteotti.
La Costituzione si può cambiare, come stabilito dall’articolo 138 di essa, ma più che cambiarla, ella afferma, la cosa principale è attuarla.
Ella ricorda infine la centralità dell’articolo 3 della Costituzione, un punto fermo nello stabilire l’uguaglianza di tutti, un principio che “ non è utopia, è la stella polare che dovrebbe guidarci tutti, anche se abbiamo programmi diversi per seguirla: rimuovere gli ostacoli!”
Un particolare richiamo viene poi destinato ai presenti dalla Segre in merito al ricordo condiviso delle festività civili come il 25 aprile, il 1 maggio e il 2 giugno, date che rappresentano un “patto tra generazioni, tra memoria e futuro…”, nello stesso tempo ella richiama alla “comune responsabilità” della lotta contro l’imbarbarimento politico, i pregiudizi e le discriminazioni.
Ella richiama poi i presenti ad evitare il più possibile l’abuso della decretazione d’urgenza e della fiducia. La maggioranza deve ricordare quando era all’opposizione e l’opposizione quando era al governo.
Un particolare richiamo ai senatori da parte della Segre a rispondere al “grido di dolore” che giunge da imprese e famiglie colpiti da inflazione e dagli aumenti dei costi dell’energia, una risposta necessaria che rassicuri sul fatto che “nessuno verrà lasciato solo”, evitando così il dilagare di paura e rabbia da parte dei cittadini.
Saluto e discorso di alto spessore istituzionale e civile da parte di chi ha vissuto, sulla propria pelle, prepotenze, aggressività e sopraffazione, pagando un prezzo altissimo al diritto alla libertà ed alle proprie prerogative civili e sociali e che oggi è membro di un Parlamento democratico che ha il compito di attuare la Costituzione, a prescindere da posizioni politiche diverse, ma che soprattutto ha il dovere di sacrificare determinate idee se esse non sono rispettose del dettato costituzionale e del principio di democrazia che lo ha ispirato.
Condividiamo in pieno le parole della Segre, augurando a tutti buon lavoro e sperando che le scelte democratiche e politiche del popolo italiano siano state quelle giuste.
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