Puglianello| Il simbolo del gruppo “Impegno e Concordia” restituito alla famiglia Mongillo

Puglianello| Il simbolo del gruppo “Impegno e Concordia” restituito alla famiglia Mongillo

Politica
Il sindaco Francesco Maria Rubano ha consegnato il dipinto restaurato alla famiglia del primo cittadino emerito Giuseppe Mongillo, un atto che celebra i valori di comunità e partecipazione che hanno segnato la storia del paese.

Un quadro che racchiude un pezzo di storia politica, culturale e sociale di Puglianello è tornato finalmente nelle mani di chi più di ogni altro ne ha segnato il valore. Nei giorni scorsi, alla presenza di alcuni ex amministratori comunali degli anni ’70 e ’90, il sindaco Francesco Maria Rubano ha consegnato il dipinto restaurato della storica lista “Impegno e Concordia” alla famiglia Mongillo, un gesto carico di significato per l’intera comunità.Il quadro, che raffigura il simbolo del gruppo politico fondato dal Professore Giuseppe Mongillo, Sindaco Emerito di Puglianello, è stato riscoperto dopo un accurato intervento di restauro. Il simbolo, creato nel 1970 dal giovane Pasquale Lavorgna, allora quindicenne e futuro dipendente comunale, aveva da tempo perso il suo splendore. Ora, grazie a questo restauro, quel simbolo che ha accompagnato la politica locale per decenni, ha riacquistato l’antico fascino e la dignità che merita.

“Abbiamo voluto restituire alla famiglia del Professore Giuseppe Mongillo questo quadro, che rappresenta la forza di una visione politica che ha segnato la nostra storia”, ha dichiarato il sindaco Rubano durante la cerimonia. Con lui, nella sala, erano presenti anche alcuni ex amministratori comunali che hanno fatto parte di quella stagione politica indimenticabile per Puglianello.

Il gesto di restituzione non è solo un atto formale, ma un segno di grande riconoscimento. “Abbiamo riportato all’antico splendore un simbolo che ha rappresentato un’idea forte di comunità, partecipazione e buon governo. Ci riconosciamo in quella visione, in quei valori, in quella stagione che ha lasciato un’impronta nella nostra Puglianello. Da lì veniamo, da lì ripartiamo. Con orgoglio, senso di responsabilità e spirito di servizio”, ha aggiunto Rubano con evidente emozione, indicando il simbolo come una guida per le future generazioni.

L’immagine di “Impegno e Concordia” è un simbolo che non solo rievoca un’epoca di impegno politico, ma rappresenta anche un modo di fare politica che non ha mai perso di vista l’importanza della comunità. L’azione del sindaco e della sua amministrazione ha voluto essere, quindi, un invito a non dimenticare le radici del paese e a continuare a costruire sulla base di quei valori che hanno reso Puglianello un punto di riferimento nel panorama regionale.

Il quadro, che tornerà ora ad essere esposto in una delle sedi storiche del Comune, non è solo un elemento decorativo, ma un monito per l’amministrazione attuale: la politica deve essere fatta di valori forti, di impegno costante e di servizio alla comunità. Con questo gesto, la memoria storica di Puglianello diventa una risorsa per guardare al futuro con consapevolezza e fiducia.

Un altro piccolo ma significativo passo, dunque, per mantenere vivo il legame tra passato e presente, per valorizzare la memoria collettiva e continuare a promuovere quei valori di impegno e concordia che hanno segnato la crescita di Puglianello nel corso degli anni.

<strong>Addio a Pelè, simbolo di un popolo in perenne ansia di riscatto</strong>

Addio a Pelè, simbolo di un popolo in perenne ansia di riscatto

Calcio

Pelé, pseudonimo di Edson Arantes do Nascimento, lo sportivo dei record ed il “Re” oltre che mito del calcio, non è riuscito a driblare l’ultimo ostacolo nel campo della vita, è morto all’età di 82 anni presso l’ospedale Albert Einsten di San Paolo in Brasile.

E’ stato senza dubbio il calciatore più famoso al mondo, un uomo venuto da una cittadina poverissima, Bauru, nello Stato di San Paolo, da una famiglia anch’essa povera di una favela che per aiutare, il giovanissimo Edson andava a lavorare nei negozi di tè.

Si appassionò al calcio grazie a suo padre, ex calciatore, ma per allenarsi, non avendo un pallone, utilizzava un calzino riempito di carta o un pompelmo che faceva volteggiare contro un muro.

La sua abilità nell’arte calcistica però fu presto notata quando, dopo aver giocato in squadre di amici della sua stessa strada, giocò contro la giovanile del San Paolo riuscendo, con i suoi gool, a batterla.

Egli odiava il nome Pelè, nomignolo nato da una storpiatura del suo vero nome, infatti amava affermare in merito : “ Il mio vero nome è Edson. Non ho inventato io Pelé. Non volevo quel nome. Pelé ha un suono infantile in portoghese. Edson è più simile a Thomas Edison, l’uomo che ha inventato la lampadina”.

Oggi il calcio è un gioco di duri allenamenti, di tecniche apprese ed utilizzate, un’attività che spesso appare poco come “gioco”, ma per Pelè, uomo di un altro tempo e di altre forme di economia, era il divertimento praticato dai bambini in strada, un mezzo per dimostrare le proprie abilità nelle movenze e nei risultati : vincere contro gli avversari di gioco e contro il proprio destino.

Egli teneva al danaro che guadagnava, ci teneva soprattutto per poter aiutare i propri familiari, i primi guadagni del giovane talento venivano infatti sistematicamente inviati a casa.

Pelè era solo un ragazzo, ma incredibilmente forte nel gioco del calcio, era veloce e manifestava una tecnica innata che spesso i grandi campioni non avevano.  

Quando Waldemar de Brito, ex calciatore famoso in tutto il Brasile, diventa allenatore del Bauru, squadra in cui giocava il giovane Pelè, il ragazzo aveva solo quindici anni, immediatamente si rende conto delle potenzialità del campioncino, lo consiglia e lo aiuta nelle scelte calcistiche che caratterizzeranno il suo futuro; fu grazie ai suoi consigli che Pelè si trasferì al Santos, squadra di San Paolo.

L’allenatore, Luìs Alonso Pérez, sebbene dubbioso sulle reali possibilità del ragazzo, si dovette presto accorgere che aveva qualcosa di speciale e investe sul ragazzo, di appena sedici anni, che promette però di diventare qualcosa di particolare nel gioco del calcio.  

Nel 1958 Edson viene convocato in Nazionale e partecipa ai campionati mondiali in Svezia. Aveva poco più di 17 anni ed è stato il più giovane giocatore a vincere un campionato mondiale infliggendo due micidiali gool agli avversari padroni di casa.

Con quel mondiale vinto Pelè divenne un calciatore desiderato da molte squadre nel mondo, persino l’Inter aveva intavolato trattative per accaparrarselo, ma quando la notizia del possibile addio al Brasile si sparse nel paese, il presidente del Santos fu aggredito dai tifosi ed il governo dovette intervenire per proclamare Pelè  “Tesoro Nazionale”.

Pelè è diventato presto l’uomo dei record, infatti ha vinto tre Coppe del mondo nel 1958, nel 1962 e nel 1970. Divenne presto un’assoluta icona del calcio brasiliano, immagine simbolo di una società che ha sempre visto nel calcio una strada per il riscatto sociale ed economico, un’attività che non è mai stato solo un gioco, ma un vero lavoro con il quale affermare se stessi contro l’indifferenza e il sarcasmo con cui troppo spesso venivano e vengono considerati i giovani e poveri brasiliani.

Pelè è stato dunque un mezzo del riscatto sociale di un popolo che ha fatto del calcio il suo sport nazionale.  

Oggi O Rei, il Re se ne è andato, lui che girava il mondo con tournée organizzate dal Santos per mostrare al mondo il proprio campione giocando delle amichevoli, lui che riusciva a far registrare il tutto esaurito nei vari stadi in cui giocava, un uomo divenuto precursore dell’affare calcio, il primo atleta sponsorizzato dalle multinazionali, l’uomo semplice che ha venduto la sua immagine in cambio di un rasoio e di una merendina.

Bravo e poi immagine di sé e del proprio paese, ha visitato lo Zaire ed il Congo e, in quell’occasione, riuscì a far fermare una guerra tra i due paesi, ha giocato a pallone, dietro pagamento, con quattro presidenti americani : Nixon, Ford, Carter e Reagan, ed è stato anche colui che ha acceso la fiaccola olimpica nelle Olimpiadi di Rio del 2016.

Oggi quel mito e quell’icona ci ha abbandonato, ma noi non potremmo mai dimenticare ciò che egli ha regalato al gioco del calcio e, soprattutto, alla società brasiliana e non solo, il suo sorriso mesto ma deciso ci accompagnerà ancora ed a noi piacerà immaginare i suoi dribbling ed i suoi gesti agonistici anche negli stadi del cielo.