Arriva il si della della Ue alla candidatura dell’Ucraina, passo verso la pace o la guerra?

Arriva il si della della Ue alla candidatura dell’Ucraina, passo verso la pace o la guerra?

Politica

L’Unione Europea dice sì alla candidatura dell’Ucraina ad entrare nell’alleanza atlantica e, per voce della Presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen, dichiara: “Sono profondamente convinta che la decisione che abbiamo preso oggi ci rafforzi tutti. Rafforza l’Ucraina, la Moldova e la Georgia di fronte all’aggressione russa e rafforza l’Unione Europea, perché mostra ancora una volta al mondo che l’Unione Europea è unita e forte di fronte alle minacce esterne”.

La decisione, presa dalla maggioranza dei paesi Ue, ha registrato però lo scontento di paesi Balcanici, come Macedonia del Nord, Albania, Serbia, Kosovo, Bosnia-Erzegovina e Montenegro che vedono infatti da anni fermo il loro processo di adesione, al punto che il presidente albanese Edi Rama ha dichiarato: “È cosa buona dare lo status di candidato all’Ucraina ma spero che il popolo ucraino non si faccia troppe illusioni”.

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E’ vero che la stessa Von der Leyen ha pure precisato : ” Paesi candidati dovranno fare compiti a casa” e che nello stesso tempo è stato sollevato, da più parti, il tema della unanimità nelle decisioni e della probabile modifica di tale sistema di voto.

Se è vero che ogni paese ha il legittimo diritto di indirizzare le proprie scelte politico-economiche e nessuno può sindacare tale diritto, non dobbiamo dimenticare che parliamo di due paesi e precisamente Russia e Ucraina, da sempre in conflitto, la cui storia ha radici lontane e tragiche che attraversa tutta la storia del Novecento e, nello steso tempo, si intreccia con i maggiori cambiamenti globali del secolo scorso.

L’Ucraina è un mosaico di etnie, lingue e religioni, un paese quasi diviso a metà dal fiume Dnepr che separa l’Ucraina europea e occidentale da quella, ad est, più tradizionale e legata alla cultura russa per tradizioni, lingua ed economia.

Il primo scontro si ha durante la Grande Guerra nel 1917, quando, all’ombra degli sconvolgimenti della Rivoluzione russa, il Consiglio Centrale – Central’na Rada – proclama la nascita di uno Stato ucraino sovrano.  Lenin decide immediatamente di intervenire e ciò porta il governo ucraino a chiedere aiuto all’impero tedesco, che scaccia l’Armata Rossa dal paese.

Quando tra il 1929 ed il 1930 Stalin decide di liquidare i kulaki – contadini che non volevano accettare la collettivizzazione delle terre- i primi a rimanere vittime di tale politica delle “purghe” furono gli ucraini che avevano nella coltura delle terre la loro ricchezza. Circa 5 milioni di contadini vengono deportati. La fame falcia centinaia di migliaia di vittime e la Russia è il carnefice.

Holodomor” – uccisione per fame – è il termine con cui viene generalmente ricordato questo tragico periodo, in cui tra 1,5 e 3 milioni di persone muoiono di fame. Questo atto verrà riconosciuto, dal Parlamento europeo nel 2008, come “crimine contro l’umanità”.

Quando durante la seconda guerra mondiale l’Ucraina viene invasa dai tedeschi, questi ultimi vengono accolti come liberatori, soprattutto dal partito nazionalista e collaborazionista di Stepan Bandera, uomo ancora oggi ritenuto a metà strada tra responsabile di crimini ed eroe nazionale.

Dopo il colpevole silenzio voluto da Stalin in merito all’omicidio di massa di  33.771 ebrei ucraini vittime del nazismo, Nikita Chruščëv che succederà a Stalin, dona la Crimea all’Ucraina.

Un episodio che ancor oggi però più amareggia e angoscia gli ucraini è il colpevole silenzio della Russia dopo il disastro di Černobyl’ del 1986, primo grande disastro nucleare noto che ha prodotto e continua a produrre immani danni sociali e politici.

Il processo di allontanamento totale dalla Russia trova il suo culmine il 24 agosto del 1991 quando l’Ucraina proclama la sua indipendenza. Il Paese però aveva al suo interno 1900 testate nucleari sovietiche ed era il maggior “deposito” delle armi atomiche di Mosca.  

Oggi Putin, in aperto contrasto con Zelensky, filoeuropeista, rivendica l’Ucraina in nome dell’originario territorio della Rus’ di Kiev, un’entità monarchica medioevale degli Slavi orientali con Kiev capitale e da cui hanno avuto origine ucraini e russi.

Conosciamo le vicende attuali e l’invasione russa di un paese libero e indipendente che, seppure al suo interno diviso fra filorussi e filoeuropei, deve avere il diritto di scegliere il proprio destino perché, come ci piace ricordare con le parole del filosofo Kierkegaard, la capacità di scelta è legata alla distinzione fra “vita autentica” e “vita inautentica”.

La Russia mira invece alla “russificazione” di un paese che, in buona parte rifiuta questa operazione e lo fa chiedendo aiuti, economici e militari, ai paesi della Ue ed agli Stati Uniti che, ovviamente, non perdono l’occasione per contrastare la Russia, ancora in parte schiavi di una politica di guerra fredda di cui vorremmo liberarci definitivamente.

L’ingresso nella comunità europea però, assicurerebbe l’Ucraina di poter usufruire della copertura della Nato da attacchi stranieri ed alla Nato permetterebbe di allargare i suoi spazi di azione ben al di là di quanto non faccia oggi.

Putin non vuole l’Ucraina nella Ue, né tanto meno nella Nato perché, secondo quanto dichiarato dal ministro degli Esteri russo Sergey Lavrov : “ nel desiderio dell’Occidente e degli Usa di governare il mondo“, l’Ucraina rappresenterebbe  quindi, secondo il Cremlino, “un trampolino di lancio contro Mosca“.

L’Ucraina però non è sola nel suo progetto atlantico, infatti anche la Finlandia ha chiesto ufficialmente di aderire alla Nato nel timore di attacchi russi ed è probabile che la Svezia farà altrettanto.

Se è legittimo dunque chiedersi quali potranno essere gli sviluppi dell’entrata dell’Ucraina nella Ue,  allo stesso modo noi crediamo che essa abbia il diritto di scegliere il suo destino e dunque è corretto aiutarla, se necessario anche militarmente, come faremmo per ogni altro nostro paese amico, nella speranza di una pace certa e definitiva.

Il battaglione Azov : strani atlantisti, europeisti ucraini o solo “bravi” neonazisti in cerca di potere?

Il battaglione Azov : strani atlantisti, europeisti ucraini o solo “bravi” neonazisti in cerca di potere?

AttualitàPolitica

Il Battaglione Azov, fondato da Andriy Biletsky, militante neonazista, nasce nel 2014 dall’unione di due gruppi paramilitari dell’estrema destra ucraina. La formazione viene poi inquadrata nella Guardia Nazionale Ucraina l’11 novembre 2014.

 Ciò avvenne in seguito al caos politico creatosi in Ucraina dopo l’Euromaidan, serie di manifestazioni pro-europeiste, iniziate tra il 21 e il 22 novembre 2013, a causa della decisione del governo di Viktor Janukovyc  di sospendere le trattative  per un accordo di associazione con l’UE e un riavvicinamento alle posizioni russe.

Al caos politico in Ucraina si accompagnò, nello steso momento,  anche la perdita della Crimea, rivendicata dalla Russia di Putin come proprio territorio e la deposizione del presidente Viktor Janukovyc, pro putiano, oltre a molteplici diserzioni dell’esercito ucraino.

Questa situazione difficile per lo stato Ucraino, portò le autorità governative all’utilizzo di gruppi militari provenienti dall’estrema destra – pensiamo quasi come emblemi del concetto di patria? – finchè non furono inquadrati come reparti paramilitari affiancandoli all’esercito regolare.

Battaglio Azov

Molto attivo nella guerra del Donbas del 2014 contro i separatisti filorussi, il Battaglione Azov si è poi conquistato un ruolo significativo nella guerra contro la Russia di quest’anno, difendendo strenuamente l’acciaieria di Azovstal di Mariupol fino alla resa su ordine di Kiev, come annunciato dal tenente colonello Denys Prokopenko, il comandante irriducibile dell’Azov che Mosca vuole morto.

Il Battaglione, negli anni, si è attirato aspre critiche internazionali, direttamente legate ad accuse di tortura e omicidi di massa durante il periodo cruento degli scontri del 2014. Infatti nel 2014 Amnesty Internazional denuncia al premier ucraino di allora, Arsenij Jacenjuk, crimini e abusi da parte dell’Azov sulla popolazione civile, uccisioni di massa di prigionieri, fosse comuni per occultare cadaveri e torture sui combattenti civili nel Donbas.

Biletsky pare abbia inoltre affermato: “l’Ucraina è chiamata a guidare le razze bianche in una crociata finale”. Eppure Maksim Zhorin, terzo comandante del battaglione Azov che ha combattuto a Mariupol, ha dichiarato : “ Non c’è nessuno legame tra  noi e il movimento nazista. Il nostro scopo è salvare l’Ucraina e la sua integrità. Putin usa la sua propaganda per chiamarci nazisti per trovare un pretesto per uccidere gli ucraini”.

Molte le inchieste aperte nei confronti di questa formazione in Ucraina, ma al momento non ci sono conclusioni giuridiche in merito alle loro azioni.

Le ragioni della nascita di questa formazione sono riconducibili alla dura campagna repressiva in Ucraina voluta da Stalin negli anni ’20, cosa che determinò una carestia che causò milioni di morti. Durante la seconda guerra mondiale, l’Ucraina fu aiutata dalla Germania che trovò in Stepan Bandera un suo rappresentante, devoto ad Hitler e anche responsabile dello sterminio di 1.6 milioni di ebrei, un suo alleato.

Bandera, seppure vicino ad Hitler, sarà poi deportato, ma combatterà contro l’Armata rossa. Questa sua posizione farà di lui, ancora oggi, un personaggio odiato e amato dagli ucraini, onorato ufficialmente come eroe nazionale nel 2010, il titolo gli sarà revocato nel 2019 per volontà del partito di Volodymyr Zelensky. Ad ogni modo, i gruppi neonazisti vengono spesso apostrofati in maniera dispregiativa con il nomignolo di «banderovtsi», banderisti.

Il problema è che ancora oggi ci sono duemila e cinquecento volontari, non solo ucraini, dichiaratamente neonazisti, che combattono al grido di “Smert’ Voroham!” ( Morte al nemico), adoperando simboli del periodo nazista come il Wolfsangel, contrassegno utilizzato dalle SS tedesche durante l’invasione dell’Unione Sovietica e portando, sullo sfondo dello scudetto sulla divisa,  oltre al giallo e al blu della bandiera ucraina, pure lo «Schwarze Sonne», il sole nero fatto di svastiche, eredità del misticismo hitleriano.

La presenza del Battaglione Azov è dunque un aspetto inquietante di questa guerra Russo-Ucraina, il loro ruolo viene perciò, di volta in volta, esaltato o condannato, a seconda della propaganda che li vuole, una volta disprezzati nazisti ed un’altra eroici difensori della patria, specie quando affermano: “ Non siamo nazisti, leggiamo Kant”.

Insomma questi uomini della Brigata Azov sono nazisti o eroi? L’Ucraina insomma è un paese nazista o no? Ovviamente la verità sta sempre nel mezzo, non c’è guerra che non ricorra a qualunque stratagemma per raggiungere i suoi obiettivi, come non c’è guerra che non commetta errori di valutazione sulle strategie e sui mezzi per ottenere ciò che si è prefisso il paese belligerante.

 L’unica cosa certa, ad oggi, è che Putin ha usato la presenza di questo Battaglione e di altri come questo, per giustificare la sua politica di aggressione all’Ucraina in nome della “denazificazione” del paese, mentre l’Azov è riuscita a ricostruire, alla luce della sua lotta all’acciaieria di Mariupol, un’immagine di eroismo che certamente non gli appartiene, ma che ha regalato orgoglio ad un popolo aggredito.

Acciaieria Azvostal

Durante la sua campagna elettorale, anche Zelensky non li vedeva di buon occhio, cosa che costò alla moglie Olena l’accusa di sostenere i terroristi del Donbas e Lugansk. Ciò nonostante il 19 marzo, lo stesso Zelensky insignisce il comandante del Battaglione Denis Prokopenko con il titolo onorifico di Eroe dell’Ucraina con questa motivazione: «Per il coraggio personale e l’eroismo mostrato in difesa della sovranità statale e dell’integrità territoriale».

I combattenti dell’Azov si sono ormai arresi, che fine faranno? Sulla loro sorte resta il mistero, Putin li vorrebbe certamente morti, le famiglie chiedono che vengano loro riconosciuti i diritti di prigionieri di guerra, la Duma vuole processarli e li considera “terroristi”, Kiev li rivuole a casa e cerca uno scambio di prigionieri.

Resta però la domanda: questi combattenti sono strani atlantisti , europeisti ucraini o solo “bravi” neonazisti in cerca di potere? Potrebbero riuscire a conquistarsi un ruolo nel governo del paese a fine guerra? L’Ucraina ha bisogno di loro per difendersi? Può accettare la loro presenza in nome della difesa della patria?

 Solo il tempo e la Storia potranno risponderci.