Beppe Barra e “La cantata dei pastori” al Teatro “Vittorio Emanuele” di Benevento

Beppe Barra e “La cantata dei pastori” al Teatro “Vittorio Emanuele” di Benevento

Cultura

Non c’è Natale senza la “La Cantata dei Pastori”, a dirlo è Beppe Barra, cantante e attore teatrale italiano, nonché il maggiore rappresentante, a tutt’oggi, della cultura popolare napoletana, ospite di eccezione nella serata del 19 dicembre a Benevento presso il Teatro “Vittorio Emanuele” in occasione degli eventi della “Città spettacolo Teatro”.

Sold out del Teatro cittadino che non ha voluto perdere la interpretazione ormai storica di Beppe Barra  con la regia di Lamberto Lambertini, di un’opera del teatro religioso tardo-seicentesco che, ritualmente, da secoli, viene eseguita a Napoli per ricordare la nascita del Salvatore.

L’opera, scritta alla fine del Seicento (1698) da Andrea Perrucci con il titolo “ Il Vero Lume tra l’Ombre, ovvero la Spelonca Arricchita per la Nascita del Verbo Umanato”, usando lo pseudonimo di Ruggiero Casimiro Ugone, è continuamente rappresentata, anche se rimaneggiata e riscritta, ormai da secoli in occasione dell’approssimarsi del Natale.

La rappresentazione narra del viaggio di Maria e Giuseppe verso Betlemme e del tentativo dei diavoli di impedire la nascita di Gesù. I Diavoli non riusciranno nella loro impresa e saranno sconfitti dagli Angeli e dall’Arcangelo Gabriele; al termine della storia, si assiste infine all’adorazione del Salvatore da parte di vari personaggi: pastori, cacciatori e pescatori accorsi alla grotta di Gesù.

L’intera rappresentazione, commissionata al Perrucci dai Gesuiti in piena Controriforma, per allontanare i napoletani dagli spettacoli sacrileghi che si davano nel periodo natalizio e riportarli in chiesa, narra dunque l’arcana lotta tra il bene ed il male.

Personaggi popolari della storia sono due “morti di fame” : Razzullo, scrivano in abiti settecenteschi, capitato in Palestina per il censimento voluto dall’Imperatore Romano e Sarchiapone, suo compaesano, personaggio di un barbiere in fuga per aver commesso due omicidi e introdotto nell’opera alla fine del ‘700.

Essendo diventata sempre più opera profana e comica, la stessa fu temporaneamente sospesa nelle sue rappresentazioni nel 1889 a causa della volgarità dei contenuti che non aveva nulla più di sacro, salvo tornare ad allietare il pubblico con Roberto De Simone e la “Nuova Compagnia di Canto Popolare”, con grandi interpreti come Concetta Barra e, da quasi quaranta anni, da Beppe Barra.

Ha affiancato l’interpretazione di Beppe Barra nel ruolo di Razzullo, una straordinaria Lalla Esposito nella parte di Sarchiapone, quarta donna ad interpretare il bizzarro personaggio dopo Concetta Barra, Teresa del Vecchio e Rosalia Porcaro.

Molti i personaggi che hanno affiancato i due interpreti principali: l’Arcangelo Gabriele, i demoni Belfagor, Pluto, Asmodeo, Belzebù, l’anziano pastore Armenzio padre di Benino – figura quest’ultima iconograficamente complessa poiché passa nel presepe napoletano come il fanciullo dormiente- , Cidonio il cacciatore e Ruscellio il pescatore, con l’accompagnamento musicale di Pasquale Benincasa (percussioni), Giuseppe Di Colandrea (clarinetto), Agostino Oliviero (violino e mandolino), Antonio Ottaviano (pianoforte).

Ovviamente i nomi dei personaggi e la trama narrativa ci portano direttamente nel clima idealizzante e umanistico dell’Arcadia e dei suoi temi bucolici ed idiallici.

Tutti splendidi interpreti di una piece teatrale fatta di canto e recitazione in stretto vernacolo partenopeo che hanno coinvolto il pubblico nella storia sacra, ma anche in battute sagaci, spesso al limite del volgare, ma di grande umorismo, tipico della cultura napoletana, circostanza teatrale  che ha consentito a Barra di scherzare ripetutamente con il pubblico in sala.

Al termine della rappresentazione, saranno proprio Razzullo e Sarchiapone  i primi a giungere davanti alla grotta della Natività, in un atto che  segna la sconfitta del male e la vittoria del Bene. Razzullo e Sarchiapone, con la loro simpatia e arguzia, diventano in tal modo i personaggi più positivi dell’intera storia.

Molto apprezzata dal pubblico la rappresentazione che ha immerso i presenti nello spirito natalizio, ma attraverso battute, allusioni e gesti che Beppe Barra e Lalla Esposito hanno saputo, con abilità e passione artistica, offrire agli spettatori, il Natale ha acquisito uno spirito nuovo ed imprevisto, disegnando e scoprendo il senso della natività nello spirito partenopeo e popolare, con la leggerezza di una favola e la profondità di una fede vitale e profonda che crede, ma non dimentica di schernire e irridere  se stesso.

Benevento, venerdì 16 l’inaugurazione del Teatro comunale “Vittorio Emanuele”

Benevento, venerdì 16 l’inaugurazione del Teatro comunale “Vittorio Emanuele”

CulturaEventi

Venerdì 16 settembre alle ore 11 si terrà la cerimonia di apertura e inaugurazione del Teatro comunale “Vittorio Emanuele” alla presenza del sindaco, degli amministratori e delle autorità civili e religiose. Il teatro sarà aperto alla cittadinanza a partire dalle ore 17 e fino alle ore 23, lasso di tempo in cui si terranno anche degli spettacoli con ingresso libero.

Com’è noto, lo storico complesso architettonico ubicato lungo il corso Garibaldi fu inaugurato nel 1862 divenendo progressivamente il centro degli spettacoli cittadini, con una stagione di teatro musicale, balletti, feste di carnevale e tombolate.

Si deve poi a Celestino Bosco Lucarelli, che governò la città dal 1861 al 1869, il definitivo completamento dell’allora ‘teatro comico’ cittadino. Durante gli anni Cinquanta e gli anni Ottanta fu anche utilizzato come cinema.

Agli inizi degli anni Novanta il teatro comunale subì un consistente intervento di restauro, comprendente anche il rinnovo degli impianti e degli arredi interni, l’eliminazione del bar e la realizzazione di un nuovo velario. Con tale restauro il “Vittorio Emmanuele” riacquisì l’originaria funzione di teatro, dismettendo quindi la funzione di cinema.

Alla fine del primo decennio degli anni Duemila la struttura fu, poi, chiusa a causa di criticità manutentive che ne pregiudicavano l’agibilità.