L’Iran è in fermento, ancora proteste di piazza dopo l’uccisione di Mahsa Amini

L’Iran è in fermento, ancora proteste di piazza dopo l’uccisione di Mahsa Amini

AttualitàPolitica

Sono ormai giunte alla sesta settimana le manifestazioni di piazza in Iran contro il governo della Repubblica Islamica, iniziate dopo la morte della giovane  Mahsa Amini, arrestata e uccisa perché non portava correttamente il velo e continuate in queste ore con scioperi di negozianti e lavoratori delle industrie, in particolare nelle regioni dove la popolazione è a maggioranza etnica curda e araba.

Perfino il coordinamento degli insegnanti ha indetto uno sciopero nelle scuole per protestare “contro le irruzioni della polizia nelle aule scolastiche per terrorizzare gli allievi e in particolare le ragazze”.

Nella città di Teheran molto studenti universitari hanno allestito dei veri presidi interni ai campus con i quali chiedere la liberazione dei loro compagni arrestatati.

In merito alla situazione del paese, Laura Silvia Battaglia Al – Jalal, giornalista freelance e documentarista con doppia nazionalità, italo-yemenita, ha riferito che : “Il regime iraniano è sotto pressione da tempo. Le sanzioni americane lo hanno colpito duramente, gli accordi sul nucleare con l’Europa non sono stati rinnovati, l’uccisione del generale Suleimani in Iraq a opera degli americani è stato un colpo al settore militare e all’obiettivo imperialista del Paese in Medio Oriente, la tragedia aerea di due anni fa e il successivo insabbiamento delle responsabilità del processo hanno aumentato la rabbia dei cittadini che cova da tempo”.

L’Iran è un paese in cui vige un regime autoritario e conservatore che sta cercando di arginare le proteste arrestando centinaia di persone , imponendo il coprifuoco e bloccando le comunicazioni via internet oltre che le app di Whatsapp ed Instagram, nella speranza di non far conoscere fuori dal paese quanto sta accadendo al suo interno.

Nonostante tali misure, le manifestazioni continuano e vengono organizzate in molte città, non solo nella capitale Teheran, ma anche in molte altre come Karaj, Rasht e Mashhad.

La morte della ventiduenne curda Mahsa Amini è stata dunque solo la goccia che sta facendo traboccare il vaso, specialmente per tutto il mondo femminile che rivendica una dignità negata e l’accesso a diritti che appartengono all’umanità, a prescindere dal genere di appartenenza.

Dalla morte dell’Amini, le donne del paese islamico, affiancate da tante europee, hanno deciso di tagliarsi i capelli pubblicamente, un atto che è diventato simbolo della lotta di emancipazione delle donne iraniane e, nello stesso tempo, un gesto simbolico contro l’oppressione maschile e religiosa e l’obbligo del velo.  

Secondo gli interpreti più rigidi del Corano, l’obbligo del velo è scritto nel loro libro sacro anche se, in verità, nel Corano non è detto che le donne debbano coprire il viso, ma solo il capo, il collo ed il seno e neppure è mai definito né il tipo di velo, né il colore e neppure la foggia precisa con cui indossarlo.

Ciò nonostante la giovane Amini ha perso la vita “per una ciocca di capelli” che fuoriusciva dal velo, un pretesto vero e proprio per colpire quella che, nella misoginia biblica viene così definita: “ la donna è frivola, stupida e ignorante”.

D’altra parte lo stesso Maometto affermava: “ Ho visto che la maggior parte di coloro che sono nel fuoco dell’inferno sono donne… [Poiché] esse sono ingrate verso i loro mariti e deficienti in intelligenza e religione. Esse sono pericolose e impure nei loro corpi e nei loro pensieri. Io non tocco la mano delle donne e bisogna impedire loro d’imparare a scrivere”.

L’Iran è dunque un paese reazionario nel quale il tribalismo, la misoginia, l’ideologia religiosa e, noi riteniamo, la paura della realtà, ha prodotto e continua a produrre un rovesciamento della visione sociale ed umana ricorrendo alla violenza come normale gesto di potere politico e divino.

Pochi giorni fa, come accaduto in molte città europee, a Roma, è stato organizzato un sit in davanti all’ambasciata della Repubblica Islamica dell’Iran durante il quale, tanti manifestanti, accorsi per un bisogno di rifiuto del sistema politico-religioso di quel paese, hanno gridato a gran voce : “ Siamo tutti Mahsa”.

In quella occasione, quasi ad abbracciare le tante donne iraniane vittime di soprusi, ingiustizie e violenze, in tante si sono tagliate una ciocca di capelli in segno di solidarietà con le sorelle iraniane, fra di loro anche Laura Boldrini, già Presidente della Camera, che ha scritto sul suo profilo Twitter:  “Un gesto di protesta nei confronti di un regime che non le lascia libere di decidere della loro vita”.

Se l’islamismo vuole rimandare ad un insieme di ideologie che vogliono che l’Islam guidi la vita sociale e politica, oltre la vita personale della gente, non dovrebbe dimenticare però, che il potere ha sempre un termine e che neppure una fede, seppure diffusa e forte, può uccidere i bisogni psicologici umani che, oppressi e schiacciati senza vere giustificazioni, prima o poi rivendicheranno il diritto ad affermarsi in un processo che nessuna fede o potere potrà fermare.

Ci piace ricordare in merito alla gestione del potere in generale che, riecheggiando Karl Popper, la vera  democrazia non è quella in cui il potere è gestito dal popolo o dalla maggioranza, ma quella in cui i governati possono controllare i governanti e noi crediamo che, pur non essendo il potere iraniano una democrazia, sia proprio ciò che il popolo dell’Iran, con in testa le tante donne oltraggiate da quel potere, stanno facendo, con fatica, rischiando anche la vita, ma con determinazione e coraggio.

Noi siamo accanto a tutti loro.