L’Ucraina, la Russia e la guerra del grano

L’Ucraina, la Russia e la guerra del grano

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C’è un modo infallibile per piegare il nemico in una guerra, affamarlo o rubare le risorse economiche o alimentari che gli appartengono, in nome della conquista territoriale ottenuta e in dispregio della vita dell’avversario.

Questo metodo di battaglia è oggi tra i preferiti della Russia di Putin per vincere il conflitto o piegarlo a proprio favore e, se è vero che l’uso della fame come arma di guerra è sempre esistito – ricordiamo al riguardo gli estenuanti assedi dell’antichità – la federazione russa sta portando avanti un procedimento che affama l’Ucraina, inclusa la popolazione civile, sottraendogli grandi quantità di grano.

Il prezioso cereale viene prelevato dai depositi ucraini e, se in parte viene importato come scorta nel proprio paese, in buona parte, viene usato come merce da vendere ai tanti paesi che lo richiedono, alimentando guadagni che vanno a sostenere le spese di guerra.

L’uomo è ciò che mangia” affermava il filosofo Feuerbach, cioè la vita stessa di ogni individuo è legata al cibo o alla possibilità di usarlo come merce di scambio per i bisogni dell’esistenza. Questo principio è ben noto a Putin, infatti dall’inizio dell’invasione dell’Ucraina da parte delle truppe di Mosca, i porti ucraini che danno sul Mar Nero sono controllati dagli eserciti russi e le esportazioni sono bloccate.

Infatti oltre 30 milioni di tonnellate di grano erano pronte per essere esportate – ricordiamo che l’Ucraina è il 4° esportatore mondiale di cereali– il tutto per fare posto, nei depositi ucraini, nella ordinarietà al raccolto di giugno.

In pratica Vladimir Putin sta usando la fame e la crisi del grano come arma di guerra nei confronti dell’Ucraina, del tutto incurante delle sorti alimentari di milioni e milioni di persone nel mondo. Ricordiamo che anche la Ue importa circa 1/3 dei cereali prodotti in Ucraina, dal grano, al mais , all’orzo. Il paese slavo è stato da sempre definito il “granaio del mondo”, infatti produce decine di milioni di tonnellate di grano ogni anno e ne esporta quasi i due terzi complessivi.

Il grano ucraino però è indispensabile anche in molti paesi dell’Africa e del Medio Oriente, ma il blocco delle spedizioni verso tali paesi sta provocando la sensibile riduzione delle scorte e l’allarme “fame” è più che reale. Per questo motivo l’Alto rappresentante dell’Unione per gli affari esteri e la politica di sicurezza per la politica estera Josep Borrel, ha condannato fortemente l’azione russa affermando: “Usare la fame come arma contro il resto del mondo è un vero crimine di guerra”.

Paesi come Egitto, Turchia, Bangladesh e Iran, acquistano più del 60% del proprio grano da Russia e Ucraina, lo stesso fanno Libano, Tunisia, Yemen, Libia e Pakistan. Bloccare le esportazioni significa condannare questi paesi alla fame o, peggio a ribellioni e guerre civili oltre che incontrollabili esodi di sapore biblico.

Usare la fame come arma di guerra è dunque una violenza nella violenza, infatti le vittime di questa insensata politica di lotta sono, alla fine, popolazioni totalmente estranee al conflitto. Che responsabilità hanno, ci chiediamo, gli abitanti di una nazione africana nella questione del Donbass o del conflitto di Mosca contro Kiev?

Se da parte di alcuni opinionisti anche nostrani, si solleva la questione delle sanzioni contro Mosca come sbagliate, forse bisognerebbe ricordare loro che c’è una profonda differenza tra le sanzioni imposte dalla comunità europea alla Russia e la guerra del grano operata da Mosca.

Le penalità decise contro la Russia colpiscono, infatti, il gas ed il petrolio russi, dunque patrimoni che si sono ingigantiti durante gli anni di potere di Putin e dei suoi oligarchi, di certo non colpiscono popolazioni in difficoltà come quelle africane. Non è ammissibile dunque mettere sullo stesso piano due azioni sostanzialmente diverse.    

Noi crediamo dunque che la priorità sia sbloccare i porti ucraini usando tutti i condizionamenti possibili, la sicurezza alimentare è infatti una necessità assoluta.

Sappiamo bene che proiettili ed esplosivi costano, per questo motivo le truppe russe stanno adoperando una strategia bellica infamante, ma poco costosa, esse bruciano i campi, distruggono le coltivazioni, fanno cioè dell’uso della distruzione delle fonti del reddito ucraino, uno strumento di guerra, sottovalutando o disinteressandosi delle conseguenze a livello planetario.

A fronte di sanzioni alla propria economia e aprendo alla possibilità di creare “corridoi per il grano”, la Russia chiede, in cambio della disponibilità all’uscita di milioni di tonnellate di grano dall’Ucraina, un allentamento delle sanzioni. Sono in atto inoltre accordi tra Turchia e Russia che prevede la possibilità, per Ankara, di sminare le acque del Mar Nero per permettere la partenza di navi cargo piene di grano verso il Mediterraneo.

Il problema è che almeno 300 mila tonnellate di grano pare siano state distrutte durante i bombardamenti russi nel porto di Mykolaiv, per non parlare delle migliaia di tonnellate sottratte da Mosca dai granai del Donbass.

Nel periodo prebellico Kiev esportava circa 5 milioni di tonnellate nel mondo, durante quest’anno le sue esportazioni sono state meno di un quinto. Inutile dire quali conseguenze ha avuto questa guerra del grano in Ucraina, ma anche nel resto del mondo, quanta fame può generare e che perdite economiche genera nel paese produttore.

L’Unione europea ha cercato di risolvere il problema creando, già a maggio, corridoi del grano su rotaia con la Lituania e la Polonia per consentire di far arrivare la merce al Mar Baltico, operazione importante, ma non sufficiente a permettere all’Ucraina di rifornire i paesi che da lei dipendono per il prezioso cereale.

La spregiudicata “guerra del grano” che Mosca porta avanti senza particolari rimorsi, cambierà anche i rapporti geo-economici dei prossimi anni; si porrà infatti il problema del controllo delle materie prime, sia per la produzione che per il controllo dei prezzi. Il problema però sarà, noi crediamo, che i paesi più poveri di materie prime, come ad esempio del grano, saranno i più svantaggiati, cosa che potrebbe innescare problemi di natura socio-economica dalle conseguenze inimmaginabili.

La Russia invade l’Ucraina, è nuovamente assurda guerra in Europa

La Russia invade l’Ucraina, è nuovamente assurda guerra in Europa

Attualità

E’ dunque nuovamente guerra in Europa, la Russia invade l’Ucraina in quella che ha deciso essere una “guerra lampo” di tragica memoria.

Giovedì scorso la notizia dell’invasione del territorio ucraino è stata accolta con sgomento e incredulità, prima di tutto dagli ucraini e subito dopo dal mondo democratico che ha immediatamente condannato la decisione di Putin, il despota russo che con determinazione e arroganza ha comunicato al suo popolo e al resto del mondo di voler demilitarizzare e de-nazificare l’Ucraina, paese che, a suo dire, non ha mai avuto una tradizione stabile come nazione a sé stante perché parte della Russia.

Il Presidente russo ha accusato l’Occidente di “ignorare” le preoccupazioni russe sulla sicurezza e di voler usare l’Ucraina come strumento per controllare la Russia e per condizionare le sue scelte. Ovviamente Putin  dichiara  ipocritamente anche di auspicare ancora una “soluzione” pacifica per uscire dalla crisi.

Inoltre nel suo ultimo intervento pubblico , durante la conferenza stampa che ha tenuto insieme al leader ungherese Viktor Orban aveva affermato che la Russia vuole mantenere buoni rapporti con la Nato e l’Usa, ma nello steso tempo  ammonito l’Occidente sui rischi di un’adesione dell’Ucraina alla Nat. secondo Putin infatti questa scelta determinerebbe un conflitto della Russia con la Nato in merito al problema della Crimea, penisola che Kiev vuole riprendersi a tutti i costi anche con le armi. Argomento sul quale secondo Putinl’Occidente ignora le nostre richieste”.

Nonostante la Russia abbia affermato di essere intervenuta in Ucraina su richiesta delle province di Donetsk e Lugansk per tutelare la loro scelta di indipendenza dall’Ucraina e del tentativo ucraino di emarginare la popolazione russofona, l’Ucraina, che si è vista aggredire militarmente, teme che i movimenti bellici russi abbiano come scopo l’invasione di tutto il paese che è indipendente dalla Russia dal 24 agosto del 1991.

Mentre la diplomazia boccheggia e gli Usa e l’Europa si limitano a decidere sanzioni nei confronti della Russia, oltre centomila ucraini sono in fuga dalle loro case in cerca di riparo, le stazioni dei treni sono prese d’assalto da quanti voglio fuggire dalla guerra. E’ un fuggi-fuggi in auto, in treno o addirittura a piedi, famiglie con bambini e valigie, ogni mezzo è buono per sfuggire alla tragedia del conflitto che minaccia tutto il paese. Sono circa 70mila i rifugiati già arrivati in Polonia, prima che il Presidente ucraino Zelensky imponesse la legge marziale che vieta ad ognuno di lasciare l’Ucraina.

Nella città di Kharkiv i negozi sono chiusi e in tutto il paese i distributori sono presi d’assalto mentre la gente tenta, in lunghe file, di ritirare dalle banche i loro averi. Al momento pare che si registrino 198 persone morte – tra loro tre bambini.

Moltissime le manifestazioni di protesta contro la guerra in tutte le principali città europee e anche in altre parti del mondo e, nonostante negli ultimi anni il presidente russo Vladimir Putin abbia cercato di reprimere il dissenso nel paese, migliaia di persone sono scese in piazza in più di 50 città russe, tra cui Mosca e San Pietroburgo, le due più popolose, per rifiutare di riconoscere l’Ucraina come paese nemico.

 I cortei e la protesta in Russia ha però determinato circa 1700 arresti. Il presidente Vladimir Putin ha ordinato però una reazione molto dura. Un corrispondente di Ria Novosti ha raccontato di aver assistito a oltre una decina di arresti e a controlli diretti anche su alcuni giornalisti; manifestazioni del genere non si vedevano nel paese dal rientro  in patria dell’oppositore Aleksei Navalny.

La Farnesina ha invitato intanto gli italiani che vivono in Ucraina ad abbandonare il paese per evitare che restino lì bloccati e corrano rischi, il Presidente Draghi intanto ha condiviso ed appoggiata la decisione europea per l’uscita della Russia da Swift, sistema bancario che  consente di effettuare pagamenti rapidi e sicuri,  e ha comunicato la definizione di un pacchetto da 110 milioni di euro di aiuti finanziari all’Ucraina a scopi umanitari e di stabilizzazione macro-finanziaria, oltre ad aiuti nello sminamento e nella fornitura di equipaggiamento di protezione. Intanto la Russia prepara l’uso del dublo digitale per il 2022 obbligando negozi ed imprese ad accettarlo.

L’mbasciatore russo in Italia Sergey Razov ha però ritenuto di dover “minacciare” l’Italia per la sua posizione contro l’azione russa affermando: “Pensate a quel che fate!”

Mentre la Russia afferma fiera e arrogante di aver neutralizzato tutta la contraerea ucraina, nello stesso tempo sfodera la leva di pressione più convincente che ha: l’energia e le sue forniture di gas ai paesi europei;  cosa che ovviamente non toccherebbe l’Ungheria che stretto contratti a lungo termine con Mosca.

Secondo Josep Borrel, capo della diplomazia Ue: “ci sono segnali che la Russia è pronta a tagliare le forniture di gas all’Europa”, al contrario Putin, in una telefonata al Ministro degli Esteri italiano Luigi Di Maio, ha assicurato al nostro paese “forniture stabili di gas”.

Mentre Mosca afferma che poiché l’Ucraina rifiuta negoziati, si mette in condizione di non beneficiare di alcuna tregua, la Francia blocca e sequestra nave russa nella Manica per aver violato le sanzioni imposte alla Russia.

Putin risponde chiedendo il ritiro di fatto della Nato e dei suoi sistemi di difesa anti-missile dall’Europa Est e l’impegno a non accettare altre adesioni ad essa da parte di paesi che rappresentano “il cortile” della Russia, cioè le ex repubbliche sovietiche, prima fra tutte l’Ucraina.

Tanti i personaggi famosi che hanno fatto sentire la loro voce contro l’invasione dell’Ucraina, fra questi Hamilton, Madonna, Alessandro Gassman e tanti altri, tutti concordi nel condannare un atto violento che non ha senso in un mondo dove il concetto del diritto dei popoli è ormai sancito, un mondo che rifiuta la guerra, ogni guerra e ovunque essa si presenti, un mondo che non vuole una terza guerra mondiale, un conflitto che, come affermava A. Einsten, in una possibile quarta guerra mondiale, vedrà gli esseri umani “combattere con bastoni e pietre”.