La musica e la filosofia di Tommaso Paradiso a Benevento

La musica e la filosofia di Tommaso Paradiso a Benevento

Cultura

Martedì 9 maggio, negli spazi del Cinema San Marco, la musica e la filosofia del cantautore Tommaso Paradiso hanno voluto esaltare il concetto di “Libertà”, tema del nono Festival Filosofico del Sannio organizzato dall’Associazione culturale “Stregati da Sophia” presieduta da Carmela D’Aronzo.

Accolto calorosamente dal pubblico di ragazzi e adulti, presentato dalla D’Aronzo, che ha salutato tutti i numerosi presenti, autorità e studenti, è stato poi accolto simpaticamente dal Sindaco Clemente Mastella che, nel salutarlo, si è divertito a rammentare le numerose cose che accomunano il politico ed il cantautore, prima fra tutte la laurea in Filosofia, avere poi lui collaborato con il gruppo Thegiornalisti ed essere Mastella già giornalista in Rai ed infine aver cantato entrambi a Sanremo, il Sindaco con un dopofestival con Umberto Bossi.

La D’Aronzo rammenta poi la centralità del tema della libertà, soprattutto in un tempo quale quello in cui viviamo nel quale, prima la pandemia del Covid e poi la guerra tra Ucraina e Russia, essa è parsa minacciata da eventi improvvisi ed imprevisti che hanno obbligato, troppo spesso, a rinunciare ad esercitarla.

Ella ricorda poi che il 9 maggio si celebra la pace e l’unità in Europa, dunque si affronta il tema della libertà come cuore della democrazia  attraverso la “Giornata dell’Europa”, concetto dichiarato dall’allora ministro degli Esteri francese Robert Schuman che, da europeista convinto, espose l’idea di una nuova forma di collaborazione politica in Europa, che avrebbe reso impensabile la guerra tra le nazioni del nostro continente.

L’incontro con Paradiso si articola poi, secondo il modello dell’intervista, con domande poste dalla D’Aronzo all’ospite, partendo dal significato della musica come viatico di libertà e sui vari aspetti e tempi della sua carriera di musicista e cantautore. Ella ricorda la nascita del musicista nel quartiere romano Prati e l’aver fondato nel 2009 il gruppo “Thegiornalisti”  insieme a Marco Antonio Musella e a Marco Primavera, oltre ad aver composto numerosissimi brani musicali di grande successo ed infine l’esperienza di regista con il lavoro “Sulle nuvole”.

Ella indica poi una serie di opere presenti in sala di una mostra, realizzata dagli allievi del Liceo Artistico cittadino, che sono state raccolte con il titolo “Indifferenza”, dove ogni indifferenza, come affermato da Liliana Segre, : “goccia dopo goccia lascia vivi fuori, ma uccide dentro”.

Interviene poi Paradiso che, prima di ogni altra affermazione, presenta il prof. Riccardo Chiaradonna, suo amico oltre che ordinario di Filosofia presso l’Università Roma 3, che lo ha accompagnato in quanto suo “mentore” nel percorso della riflessione quotidiana e musicale.

Alla domanda in merito al contributo che la filosofia ha dato alla creazione dei suoi pezzi musicali, egli risponde che è stata determinante, a partire dai tempi della frequenza universitaria, formazione intellettuale che, con i recenti impegni ha un po’ trascurato, ma che coltiva grazie al suo amico Chiaradonna. 

Dichiara di aver amato studiare e ascoltare i suoi insegnanti. In merito ai suoi inizi con la musica, egli afferma di essere stato folgorato dalla musica che ascoltava e, sulla scia di tanti filosofi del passato che facevano della musica quasi un assioma della riflessione filosofica, egli ha voluto emulare gli artisti del suo tempo abbracciando la pratica musicale.

La D’Aronzo chiede poi al Chiaradonna se la musica può essere filosofia. Egli risponde che la musica e la filosofia sono nate insieme, e per molti filosofi la musica riesce dove la filosofia non riesce, dà un’impronta filosofica alle emozioni, in quanto la musica arriva dove la filosofia deve fermarsi.

Alla domanda sulle difficoltà incontrate agli inizi della sua carriera, Paradiso afferma che sono stati anni difficili, con una gavetta faticosa, ma che con l’impegno, la costanza e l’amore per il suo mestiere, è riuscito a raccogliere risultati significativi e, proprio in merito a quanto detto, invita i giovani ad accettare le difficoltà, quasi strumento di crescita e formazione perché nulla è facile, ma è possibile, dunque lui si dichiara soddisfatto di quanto fatto finora e non ha altri sogni se non quello di godere di ciò che ha raggiunto.

Egli racconta poi della sua passione/ossessione per le stelle, lo spazio, l’astrofisica e dunque il cielo, che è spesso al centro delle sue musiche.

Alla domanda a Chiaradonna sulle ragioni che hanno portato la musica a perdere la sua centralità nel mondo della filosofia fino a diventarne ancella, anche se altri filosofi hanno affermato che i suoni sono importanti nella riflessione, egli risponde che oggi la musica e la filosofia rappresentano prospettive diverse che coesistono e si oppongono, ma questa è una ricchezza.

 La musica fa parte della nostra vita, egli dice, come il tempo citato da S.Agostino, la sentiamo dentro di noi, ma il volerla definire, come per il tempo,  ci mette in difficoltà, non abbiamo una definizione comune, ma ciò è un arricchimento.

Alla domanda a Paradiso su cosa sia per lui la libertà di pensiero, egli risponde che il pensiero è l’emblema della libertà, non nelle sue forme espressive, che sono diverse e codificate, ma l’atto del pensare infrange ogni barriera. E’ come scrivere una canzone, atto libero e appagante come lo scritto di un cantautore in cui ci può essere speranza e disperazione, come avviene nella vita.

Un grande applauso ha concluso l’intervento del musicista che, quasi in un simbolico atto di fratellanza con il Festiva filosofico del Sannio, ha ricevuto in dono una statuetta che, simbolicamente, lo legherà alla manifestazione ed alle riflessioni che esso porta avanti.

Gherardo Colombo e il suo libro con Liliana Segre, percorso di libertà e giustizia

Gherardo Colombo e il suo libro con Liliana Segre, percorso di libertà e giustizia

AttualitàBenevento Città

Nel pomeriggio di martedì 28 Marzo, continuando negli incontri programmati per il nono Festival Filosofico del Sannio intorno al tema della Libertà, organizzato dall’Associazione Culturale “Stregati da Sophia”, presieduta da Carmela D’Aronzo, negli spazi del Cinema San Marco di Benevento, Gherardo Colombo ha tenuto la sua lectio magistralis intorno al tema : “ La colpa di essere nati”, argomento che ricalca il titolo del suo ultimo libro scritto in collaborazione con la senatrice Liliana Segre.

 Gli interventi dell’ex magistrato sono stati coordinati dal giornalista Mario Valentino e preceduti dal saluto del Sindaco Clemente Mastella che, riconoscendo la valenza professionale ed umana del Colombo, ricorda che lo stesso sarà nuovamente ospite di Benevento in occasione di una cerimonia di gemellaggio con un paese francese dal nome Bénévent-l’Abbaye, centro fondato intorno all’anno Mille da profughi beneventani.

Dopo i saluti all’importante ospite, Carmela D’Aronzo ha ricordato la rilevante figura della senatrice Liliana Segre, coautrice del libro, donna che con coraggio, continua a testimoniare le brutalità e le crudeltà di cui è stato vittima il popolo ebraico e lei stessa, sopravvissuta ad Auschwitz, ma ancora alla ricerca del senso più profondo del concetto di libertà, dove quest’ultima acquista significato solo se si continua a testimoniare quanto è accaduto, affinchè vicende tanto tragiche non diventino solo racconti lontani e sbiaditi di cui si perde memoria e traccia e l’indifferenza non avvalori la sottomissione.

Nel libro “La colpa di essere nati”, i due autori ripercorrono,oltre alle vicende personali e politiche degli anni tra il 1935 ed il 1938, con l’emanazione delle leggi razziali e ovviamente quella personale della Segre che, ancora bambina, ha conosciuto la discriminazione per ragioni etniche, religiose e linguistiche, anche gli anni della prigionia in Italia, dopo un tentativo di fuga in Svizzera e la deportazione ad Auschwitz su un carro bestiame.

Con il libro gli autori vogliono interrogarsi sulla profonda differenza che c’è tra giustizia e legalità. Essi mettono in risalto la necessità dell’affermarsi della giustizia stessa come unico strumento contro il ripetersi di vicende che videro, un mondo di normalità stravolgersi per diventare un palcoscenico di brutalità e violenza, il buio di un tempo che videro una bimba di otto anni divenire, improvvisamente, “invisibile” agli occhi del mondo e di quanti, fino ad allora, l’avevano frequentata e fatta partecipe delle loro vite, con la sola colpa di “essere nata”, quasi che non esistesse più.

D’Aronzo legge, in merito alla Segre, una missiva che la stessa, impossibilitata ad essere presente, ha inviato a tutti i partecipanti all’evento e nella quale ribadisce l’importanza di negare ogni indifferenza di fronte a vicende tanto gravi come quelle da lei vissute, negare che possano giustificarsi discriminazioni , che vi siano alcuni primi ed altri secondi, ma soprattutto ricordare che : “Non abbiamo bisogno di eroi, serve tenere sempre viva la capacità di vergognarsi per il “male altrui”, di non voltarsi dall’altra parte, di non accettare le ingiustizie, di non assistere passivamente al bullismo, di non dire mai “non mi riguarda”.

Ella, scrive ancora, vuole concludere la sua vita mettendo, come si fa nei cimiteri ebraici, una pietra che rappresenta la voglia di ricordare, perché nessuno dimentichi.

Prende poi la parola Gherardo Colombo che, alla domanda del Valentino che gli ha chiesto da quando conosceva la Segre e soprattutto da quando si è interessato della Shoah, egli ha risposto di conoscere la Segre da circa quattro anni, soprattutto però da quando ha cominciato a testimoniare la sua esperienza da sopravvissuta, ma della Shoah egli si è interessato negli anni ’60, fin dal processo ad Adolf Eichmann a Gerusalemme, un SS responsabile dell’omicidio di milioni di ebrei.

Egli ricorda anche che la Segre gli ha chiesto, prima di raccontare la sua storia sotto forma di dialogo tra i due, di vedere il film “Il giardino dei Finzi Contini”, in modo da comprendere come la condizione degli ebrei sia cambiata radicalmente con le leggi razziali, da normalissima a terrificante e di come, quasi in modo naturale, gli ebrei fossero emarginati da un momento all’altro.

Colombo racconta di come solo il papà della Segre era contrario al Fascismo, tutti gli altri l’accettavano quasi come normale, come accadeva a tutti gli ebrei di Milano, eppure l’antiebraismo probabilmente covava sotto la cenere, le leggi razziali consentirono poi a quel sentimento di prendere piede. Alla domanda in merito da dove nascesse quel pregiudizio antiebraico, Colombo risponde che l’odio verso gli ebrei era celebrato anche nelle chiese cattoliche, specie nei riti pasquali, in memoria della morte di Cristo per mano ebraica.

Egli ricorda anche che per fare una guerra, vedi la Germania del tempo, bisogna costruire un nemico, anche per dare a se stessi tutti i meriti, con la propaganda, che celebra le negatività dell’altro; la verità era che gli ebrei erano più bravi di altri, specie in economia, è la stessa propaganda di oggi contro gli immigrati. Liliana Segre ha scelto la libertà di scendere in campo per raccontare le verità tragiche che erano ignorate, donna di coraggio che ha infranto ogni indifferenza anche sostenuta dalla nostra Costituzione, amata da entrambi gli autori e regola di convivenza che, se rispettata, consentirebbe di vivere meglio.

Dopo aver ribadito l’importanza delle regole in ogni ambito della nostra vita, egli ricorda che esse sono informazione, come la libertà è una scelta regolata dalle stesse norme e, in merito, cita gli articoli 1 e 3 della nostra Costituzione, fondamento di ogni democrazia.

Lezione di civiltà e amore del prossimo nelle parole di Colombo, insegnamento di convivenza e rifiuto di ogni sopraffazione, esaltazione del dettato costituzionale e del suo messaggio di giustizia e libertà, momento di crescita collettiva e democratica di cui gli siamo grati.

<strong>La libertà per i filosofi Salvatore Natoli e Paolo Amodio  al nono “Festival filosofico del Sannio”</strong>

La libertà per i filosofi Salvatore Natoli e Paolo Amodio  al nono “Festival filosofico del Sannio”

Cultura

Nel pomeriggio del 22 marzo, negli spazi dell’Auditorium S. Agostino di Benevento, davanti ad un folto pubblico di studenti, docenti e appassionati di Filosofia, i filosofi Salvatore Natoli e Paolo Amodio hanno tenuto le loro lectio magistralis all’interno del “Festival filosofico del Sannio”, organizzato dall’Associazione culturale filosofica “Stregati da Sophia” di cui è presidente Carmela D’Aronzo.

L’incontro è aperto dal canto di tre allievi del Conservatorio Nicola Sala di Benevento.

Dopo i saluti di rito e l’esortazione ai presenti a vedere nella filosofia lo strumento principe della riflessione critica dei temi della società e di tutta la collettività, Carmela D’Aronzo ha presentato i due filosofi ospiti dell’evento ricordando come ambedue, importanti docenti universitari, siano, da lungo tempo, ospiti del Festival di cui ella è animatrice.

L’incontro è iniziato con l’intervento di Salvatore Natoli, già docente di Logica presso l’Università Cà Foscari di Venezia, di Filosofia della politica presso l’Università degli Studi di Milano, di Filosofia teoretica presso la Facoltà di Scienze della formazione dell’Università degli Studi di Milano-Bicocca.

Sebbene il suo intervento si sia realizzato on line, le sue parole decise e puntuali hanno immediatamente introdotto i presenti nel cuore del tema da lui prescelto e precisamente: “Libertà e legge”.

Cos’è la libertà? Chiede Natoli, partiamo dalla parola e dalla sua etimologia. Nella storia la libertà era all’opposto della servitù, la parola libertà indicava infatti assenza di coercizione.

Egli parte dal presupposto che libertà e legge vivono sempre in un rapporto di complementarità, c’è libertà se c’è legge, c’è legge se c’è libertà, oppure di opposizione, se c’è legge non c’è libertà e se c’è libertà non c’è legge. La libertà è però sinonimo di crescita, espansione, sviluppo, ma libertà indica anche pieni poteri dell’individuo; Spinoza affermava che: “tutto ciò che esiste, esiste perché è potente”, la crescita è dunque modificazione della potenza che è in noi.

La libertà è però strettamente collegata al desiderio, tendenza a superare qualcosa che gli impedisce di espandersi, ma nello stesso tempo questa nostra potenza espansiva è limitata, dai limiti fisiologici, dalla presenza di altri da noi e fin da quando si nasce, siamo dunque costretti dalla natura stessa a porre limiti alla nostra potenza espansiva.

Nel rapporto con noi stessi ci illudiamo dell’infinità del nostro desiderare, noi confondiamo la libertà con la spontaneità che non accetta limiti. La vera libertà è però amministrare la potenza che siamo. Per vivere bene bisogna dunque gestire le nostre energie, perché la dissipazione è movimento verso la morte. La libertà è dunque sempre sotto condizione per cui bisognerebbe affidarsi, secondo le parole di Aristotele, al “giusto mezzo”.

E’ necessaria una certa “epochè” diceva Husserl, un mettersi a distanza per convivere bene. La sospensione del giudizio o epoché è infatti l’astensione da un determinato giudizio o valutazione, qualora non risultino disponibili sufficienti elementi per formulare il giudizio stesso.

Dovremmo vivere, anche da giovani, dice Natoli, come fossimo vecchi, dobbiamo fare tesoro delle esperienze per poter essere davvero liberi.

I desideri diventano compatibili grazie alla legge, essa ci consente di entrare in sintonia con gli altri, di stabilire un’alleanza, la legge non dice cosa fare o non fare, è un’indicazione per la convivenza. La legge ha una funzione comunicativa, non ostativa. Essa ha come obiettivo la concordia, è quasi un  semaforo della vita.

Prende la parola il prof. Amodio, professore ordinario di Filosofia morale presso l’Università di Napoli “Federico II di Napoli, che, relazionando intorno al tema da lui scelto : “La libertà è muta”,  parte dal pensiero di Hannah Arendt, filosofa secondo cui la libertà deve avere un valore politico, forte ella stessa della sua origine ebraica e dei suoi studi sui totalitarismi, specie quello hitleriano.

Secondo la Arendt il concetto della libertà che elabora la filosofia è un’astrazione metafisica, lontana dalla realtà dei singoli. Nella storia antica della Grecia, libertà era sinonimo di libera partecipazione politica, non libertà come la intendiamo noi oggi, ma libertà di tutti gli uomini, oggi invece noi ci riferiamo, quando parliamo di libertà, al singolo individuo, al suo circoscritto spazio vitale, come se le libertà altrui non ci interessassero, non ci riferiamo agli uomini, ma all’uomo, quasi che ognuno si modelli alla solitudine di Dio, perfetto nella sua singolarità.

L’unico che forse è andato oltre la unicità della libertà, secondo la Arendt, afferma Amodio, è stato S. Agostino, egli aveva un’idea della libertà intesa come liberazione, un atto in cui la volontà libera nell’uomo è sempre presente, se essa è buona è libera dal peccato, se è cattiva è libera dalla giustizia.

Tutto ciò ci induce a pensare dunque che, nei tempi di oggi, in cui libertà e politica smettono di essere compatibili, la libertà “è muta”.

Interessante ed intrigante approccio ad un tema oggi molto caro e centrale, soprattutto alla luce degli eventi storici che stiamo vivendo, un tempo in cui non è ben chiaro cosa sia la libertà, se essa è un diritto a vivere serenamente nella propria terra senza essere aggrediti o se  invece è il privilegio di fuggire dal proprio paese per sfuggire a guerre e violenze ed avere diritto ad un’accoglienza umana.

La Filosofia prova a dare risposte, ma esse sono sempre relative a chi le elabora, al suo tempo ed al al luogo in cui vive, tuttavia interrogarsi sulla libertà oggi sembra essere determinante nella costruzione della nostra e delle future libertà.