Paolo Crepet ed il valore dell’individuo in un mondo di omologazione tecno-social

Paolo Crepet ed il valore dell’individuo in un mondo di omologazione tecno-social

Cultura

Nel primo pomeriggio di lunedì 3 aprile, proseguendo negli incontri per il nono Festival Filosofico del Sannio introno al tema della Libertà, programma organizzato dall’Associazione Culturale “Stregati da Sophia”, presieduta da Carmela D’Aronzo, negli spazi del Cinema San Marco di Benevento, Paolo Crepet, psichiatra e sociologo, ha coinvolto il numeroso pubblico di studenti, docenti ed appassionati di temi socio-tecnologici, nella sua lectio magistralis intorno al tema “Lezioni di sogni”.

Il suo intervento è stato coordinato dalla stessa D’Aronzo, animatrice dell’evento e dalla prof. Patrizia Pepe, docente di Storia e Filosofia presso il Liceo “Guacci” di Benevento.

Dopo i saluti di rito ed un memorandum sulle prossime attività programmate dal Festiva Filosofico da parte della D’Aronzo e sul valore del tema dell’educazione dei giovani, di cui il Crepet si è fatto promotore con i suoi scritti, la Pepe ha introdotto l’intervento dell’importante ospite, ricordando il suo impegno in campo culturale e sociale, le sue esperienze lavorative in giro per il mondo, i suoi rapporti con  Franco Basaglia, psichiatra e neurologo italiano ed i numerosi libri da lui scritti negli anni sui vari temi come la libertà, l’educazione dei figli, la felicità, l’amore, l’amicizia ed i sogni e soprattutto sull’ intelligenza artificiale ed i suoi limiti.  

Crepet apre il suo intervento ribadendo la seduzione della realtà, con tutte le sfaccettature con cui essa si presenta, attraverso letture, fonti di informazione, incontri con persone diverse, attimi grazie ai quali possiamo elaborare idee, convinzioni e scelte.

La realtà è però anche stupefacente, dice, specie quando essa, anche nella scuola, matura comportamenti che sembrano promettere innovazione e cambiamento e si rivelano, invece, ridicoli comportamenti che nascondono ragioni molto sciocche, vedi scioperi e manifestazioni che si propongono come rivendicazioni di diritti e nascondono invece solo la voglia di sottrarsi ai propri doveri ed impegni.

Sorridendo egli ricorda che quando i giovani fanno mattino in discoteca non si lamentano mai dell’impegno, ma quando devono prepararsi per una serie di interrogazioni si sentono vittime del sistema e, con essi, anche i genitori.

Richiamandosi poi ad un suo scritto precedente, egli ricorda come già allora tutti ritenessero che i figli vanno aiutati e sostenuti, ma forse devono anche imparare a fare da soli per crescere. Oggi questa necessità appare ancora più urgente di fronte ad un sistema educativo e sociale che presuppone che tutto debba essere ottenuto con il minimo sforzo e, possibilmente, senza rischi.

Aiutare i figli non vuol dire riverirli evitando loro ogni “fatica”, mentale e fisica, quando poi è arrivata la tecnologia digitale, la cosa, paradossalmente, è peggiorata.

Computer, cellulari, app di messaggistica che pretendono di fare comunicazione con frasi o emoticon predisposte dal sistema, hanno completamente cancellato lo sforzo di scrivere a mano o di utilizzare sistemi difficoltosi come le macchine da scrivere di un tempo. Oggi c’è l’utilizzo di smartphone che localizzano chi li usa cancellando ogni libertà e annullando il concetto di fiducia negli altri, specie se questi altri sono i figli.

Esistono ormai chat di intelligenza artificiale che, inserendo due-tre parole chiave, sono in grado di elaborare uno scritto articolato che i ragazzi possono usare per i compiti a scuola, cosa simile accade alle università, tutto in un inganno feroce che passa come normalità e, nello stesso tempo, annulla le capacità del cervello di elaborare, sbagliare, correggere e produrre qualcosa di proprio ed originale.

Oggi, come raccontato da un suo amico architetto, basta inserire nel sistema appropriato il nome di un materiale, di una dimensione e di un colore e quel sistema riesce a produrre una poltrona secondo le nostre esigenze; il sistema ormai, grazie anche alle nostre abitudini di inserire sulla rete foto, frasi, ricette e quant’altro, è capace di conoscere ciò che ci piace e come lo vogliamo, alla faccia della privacy e della nostra libertà di scelta, la rete sa tutto di noi, come se noi stessi ci fossimo annullati nel sistema.

Manca a questo comportamento il passaggio dei tentativi e degli errori, come è sempre stato nel tempo, in una parola manca il contributo della nostra identità, di quella normalità che ha prodotto geni, di quella prassi quotidiana che fa di noi ciò che siamo, individui unici e creativi che hanno fatto del tempo e delle difficoltà gli strumenti del loro agire personale e della caratterizzazione del proprio io.

Ci sono state persone che, con coraggio, hanno abbandonato i social per tornare alla normalità e, se è vero che non essere sui social vuol dire oggi scomparire dalla società e dalla comunicazione, personaggi come Elon Musk, grande imprenditore di sistemi tecnologici, insieme a 1800 illustri imprenditori e pensatori di vari ambiti, ha ammonito, di recente, sull’accelerazione dello sviluppo della tecnologia.

Dobbiamo abbandonare l’ovvietà, ammonisce Crepet e riconquistare la nostra libertà di pensiero, oltre a disconoscere il valore del metaverso che, a nostro parere è simile al mito della caverna di Platone e dunque solo un’illusione che nasconde la vera realtà, esso è una condizione che ci rende tutti disperatamente uguali e perciò davvero ci fa scomparire in quella realtà che vuole invece l’unicità e la sua originalità.

Rispondendo alle numerose domande poste dai presenti, Crepet raccomanda di tornare a rischiare, rifiutando la omologazione tecno-social perché solo così potremmo affermare la nostra preziosa individualità.