L’8 Marzo e la guerra delle donne ucraine e russe

L’8 Marzo e la guerra delle donne ucraine e russe

Attualità

Triste 8 marzo 2022, un anniversario che ha sempre ricordato come esista un macigno che si contrappone sul percorso della dignità delle donne e dell’affermazione dei suoi diritti, ma ancor più triste oggi alla luce di una guerra incomprensibile e brutale che pretende la cancellazione di un popolo, tutto in nome dell’orgoglio autoritario e prevaricatore di un individuo che pretende di agire in nome della sua gente.

Da sempre le donne sono state vittime e protagoniste di guerre, volti di paure, sgomento, angoscia, ma anche di forza e capacità di resilienza, martiri di un sistema bellico voluto e guidato da uomini che hanno lasciato alle donne l’incombenza di proteggere i loro figli, i loro cari e le loro storie.

Siamo alle soglie di un 8 marzo che si sarebbe dovuto celebrare all’insegna dei diritti delle donne, invece siamo di fronte ad una nuova emergenza e cioè al bisogno della pace, della protezione della vita, della difesa non solo dei diritti delle donne ucraine, improvvisamente in fuga con i loro figli verso una salvezza lontana dalle loro case e dalle loro famiglie, lontane dai propri compagni rimasti a combattere, ma dei diritti di ogni essere civile

Giornale di Sicilia

Si tenta di decidere tregue difficili e complesse, ma chi siede intorno ai tavoli del confronto tra aggrediti e aggressori? Attorno a quei tavoli di guerra russi e ucraini non ci sono donne, solo uomini che si confrontano in un contrasto che ha poche speranze di accontentare tutti. Solo uomini anche nei consigli di guerra che si svolgono a Mosca, generali con le mostrine, consiglieri e dirigenti dei servizi segreti in abito scuro, eccezione è la presenza di una sola donna: Elvira Nabiullina, governatrice della Banca centrale russa, unica donna, che però evitava di guardare lo zar e unico volto contrariato tra decine di volti maschili annuenti.

Non ci sono dunque donne dove si decide di bombardare località e gente in fuga, di stabilire misure di emergenza o nuovi confini, le donne sono altrove, straordinarie, nell’uno e nell’altro fronte, nel loro antico ruolo di difendere, a mani nude, gli affetti, i bisogni essenziali, l’esistenza e l’amore della vita.

Ecco allora la madre russa che parla straziata con il proprio figlio fatto prigioniero dagli ucraini, un ragazzino mandato a combattere una guerra di cui non conosce le ragioni, o quella che legge l’ultimo messaggio su WhatsApp del proprio figlio morto, lontano da lei e che non può più proteggere. Donne ucraine che fuggono per salvare le proprie creature dall’illogico conflitto come Nina, che incinta al nono mese è dovuta scappare da Kiev, mentre attorno a lei piovevano bombe, per arrivare a Como dopo due giorni di viaggio terribile e dare alla luce la sua bimba.

Come Elena, ucraina che lavorava in Sicilia e che, allo scoppio della guerra è tornata in patria per portare in salvo, dopo un viaggio inverosimile, la sua figlia maggiore o come Tania, mamma di un ragazzo affetto da sindrome di Down, che ha trasformato il corridoio della sua casa di Kiev in un bunker dove tenere suo figlio, impossibilitato a essere portato in un rifugio,  mentre tutto attorno a lei esplodono bombe e la sua casa trema, ma non il suo coraggio e la sua determinazione a difendere ciò che ha di più caro. 

Come non ricordare le infermiere dell’ospedale pediatrico Okhmadet di Kiev che continuano ad accudire i piccoli degenti, malati di cancro, nei sotterranei dell’ospedale?

Donne che abbracciano i loro figli nelle metropolitane affollate, sui treni stracarichi di umanità disperata, per le strade, dove l’unico rumore è quello di proiettili invisibili che uccidono, donne che trascinano bagagli improvvisati, ma essenziali, che giocano con i bambini in un angolo del rifugio per far dimenticare loro la paura, il freddo e la fame.

Donne ucraine che fuggono e piangono mentre giungono nei Paesi confinanti maledicendo la guerra e i loro artefici, mentre i loro uomini vengono impegnati nella resistenza agli invasori, ma anche donne russe che vengono malmenate ed arrestate dalla polizia perché marciavano contro la guerra.

Fanpage

Ovviamente ci sono donne che combattono sia tra le fila russe che ucraine, tra queste ultime donne e bambine che, nelle retrovie, preparano bombe molotov nelle città minacciate  per fare fronte ai carri armati nemici in arrivo o per fronteggiare i cannoni che distruggono il loro mondo ed i loro cari, ma tutto questo avviene lontano dalle stanze in cui si decide la guerra, dai luoghi dove la sofferenza umana conta poco, dove l’unica cosa importante è ridisegnare i confini, controllare i territori, usare le armi giuste per mettere a tacere i nemici, catturare i nemici. 

Europa Today

Ci sono anche donne che però hanno deciso di “combattere come gli uomini”, a Mariupol, città sotto assedio a cui manca da giorni elettricità e acqua,molte donne di tutte le età hanno imbracciato il fucile e hanno deciso di difendere la città seguendo il motto “Contro Putin e patriarcato”, una scelta dolorosa, ma necessaria per cercare di salvare il proprio mondo da un’aggressione violenta e ingiustificata.

Noi vogliamo dedicare questo 8 marzo a tutte le donne, di ogni nazionalità, che stanno salvaguardando la vita di chi li circonda anche a costo della propria, pensando solo agli affetti più cari, al loro benessere e alla pace, rifiutando ogni logica di inutile violenza.

Per questo motivo pensiamo dunque che l’8 marzo 2022 deve diventare, in questo tragico momento dell’Europa e dei diritti umani universalmente calpestati, una pietra miliare nella memoria della storia delle donne, non in quanto individui di un genere particolare, ma come persone che rifiutando ogni forma di sopraffazione e sottomissione personale, sia civile che fisica, rifuggono anche la logica disumana della violenza e che, forti della propria storia di “àncora nella tragedia di ogni guerra”,  considerano la guerra degli uomini un gioco insensato che contraddice l’amore per la vita.