La versione di Don Nicola: “Quei file erano lì dal 2016 su un pc non funzionante. Sui 170 mila euro trovati in casa…”

La versione di Don Nicola: “Quei file erano lì dal 2016 su un pc non funzionante. Sui 170 mila euro trovati in casa…”

BeneventoCronaca

Quarantacinque minuti: tanto è durato l’interrogatorio di Don Nicola De Blasio, il parroco finito agli arresti domiciliari perché accusato del reato di detenzione di materiale pedopornografico (leggi qui). Il sacerdote, presentatosi in Tribunale accompagnato dagli avvocati Massimiliano Cornacchione ed Alessandro Cefalo, dinanzi al GiP Gelsomina Palmieri e al PM Marilia Capitanio per l’udienza di convalida delle misure cautelari, ha risposto a tutte le domande che gli sono state poste, fornendo di conseguenza la propria versione dei fatti. Si è detto dispiaciuto per il danno arrecato involontariamente alla Chiesa e consapevole di essere un prete finito.

Entrando nel merito degli addebiti, ha dichiarato che il pc sul quale è stato rinvenuto il materiale pedopornografico è un vecchio portatile in disuso e non funzionante da anni. Quelle immagini e quei video erano lì dal 2015-2016: periodo nel quale – sostiene Don Nicola- aveva iniziato un’indagine sul fenomeno della pedopornografia all’interno della Chiesa. Indagine che avrebbe sospeso resosi conto che tale attività avrebbe potuto integrare illeciti penali. Da quel momento –ha specificato il sacerdote – non ha mai più consultato quel materiale.

Questa, in sintesi, la versione di Don Nicola sui fatti che gli vengono addebitati. Proprio per avvalorare le proprie tesi, la difesa intende avvalersi di una consulenza tecnica informatica per provare che quei file erano lì da tempo e non sono più stati visualizzati, né tantomeno sono stati oggetto di condivisione o altro.

 “Non ho mai avuto particolari tendenze, né mai sentito questi impulsi”, ha voluto chiarire l’indagato a cui, poi, è stato anche chiesto conto dei 170mila euro ritrovati all’interno del suo appartamento in occasione della perquisizione. Sul punto, Don Nicola ha precisato che quei soldi, provenienti dalle offerte, servivano per i lavori di ristrutturazione della Chiesa; gli altri erano dei risparmi che gli avevano lasciato in eredità i genitori.

Al termine dell’udienza, il PM ha chiesto la conferma degli arresti domiciliari. La difesa, invece, ha chiesto che il prete non venga sottoposto ad alcuna misura cautelare, anticipando che qualora la Dott.ssa Palmieri dovesse decidere diversamente, proporrà ricorso al Riesame.